Decreto "Paesi sicuri"
Secondo i criteri del governo, la Germania nazista sarebbe nella lista dei Paesi sicuri
Decreto "Paesi sicuri"
Secondo i criteri del governo, la Germania nazista sarebbe nella lista dei Paesi sicuri
Il governo Meloni forza la mano inserendo il decreto Paesi sicuri nel ddl Flussi, ma il tribunale di Bologna lo ha rinviato alla Corte di giustizia europea
«Si potrebbe dire, paradossalmente, che la Germania sotto il regime nazista era un Paese estremamente sicuro per la stragrande maggioranza della popolazione tedesca». La provocazione del tribunale di Bologna espone tutte le incongruenze del disegno di legge sui Paesi sicuri. Il governo ha reagito forzando la mano, facendolo confluire come emendamento nel ddl Flussi, in esame alla Camera il 21 novembre.
La decisione di rinviare alla Corte di giustizia dell’Unione europea (Cgue) parte dal ricorso presentato da un richiedente asilo del Bangladesh contro la commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale. La lista dei Paesi ritenuti sicuri era stata aggiornata il 21 ottobre, includendo l’Egitto e proprio il Bangladesh. I richiedenti asilo provenienti da questi Stati non avrebbero diritto al riconoscimento dello status di rifugiato e dovrebbero essere trattenuti in un Cpr prima di essere costretti a lasciare l’Italia.
La lista, però, tiene conto di parametri che potrebbero differire rispetto alle normative comunitarie. Una sentenza della Corte di giustizia europea del 4 ottobre aveva infatti introdotto una definizione di Paese sicuro dissonante rispetto al ddl voluto dal governo. In quel caso la decisione riguardava un cittadino moldavo che aveva richiesto asilo in Repubblica Ceca. Nonostante la Moldavia sia considerata sicura, il richiedente proveniva dalla Transnistria, regione nei fatti non controllata dal governo di Chișinău. La Corte ha dunque decretato che per essere considerato sicuro un Paese deve esserlo nell’interezza del suo territorio.
Sulla base di questa sentenza il tribunale di Roma ha fatto rilasciare e riportato in Italia i dodici richiedenti asilo che avevano inaugurato i centri per migranti da poco aperti in Albania. «La prevalenza del diritto dell’Ue rispetto alle norme nazionali è del tutto consolidata, anche presso la nostra Corte costituzionale: non è in discussione», spiega a L’Espresso Francesco Cherubini, docente di diritto europeo alla Luiss. Da qui la richiesta dei giudici di Bologna di chiarire alcuni aspetti del decreto. «Il rinvio alla Corte di giustizia europea – prosegue Cherubini – va visto dunque come la richiesta di esprimersi nello specifico sulla questione italiana e dà avvio a una soluzione tendenzialmente definitiva».
La nozione giuridica di Paese sicuro esiste nel diritto comunitario: «È regolata da una direttiva che prevede dei parametri interpretabili, basati sulla presunzione che siano rispettati degli standard relativi alla protezione dei diritti umani. Alcune categorie specifiche, però, possono essere soggette a forme di discriminazione anche grave, in quel caso il concetto di Paese sicuro è inutilizzabile», conclude Cherubini.
Gli elementi del ddl ritenuti paradossali dal tribunale di Bologna riguardano proprio la tutela delle minoranze oppresse nei Paesi di origine. Il testo del rinvio sottolinea infatti che «la persecuzione è sempre esercitata da una maggioranza contro alcune minoranze. Se si dovesse ritenere sicuro un Paese quando la sicurezza è garantita alla generalità della popolazione, la nozione giuridica di Paese di origine sicuro si potrebbe applicare a pressoché tutti i Paesi del mondo, e sarebbe, dunque, priva di qualsiasi consistenza giuridica».