Giuristi e magistrati bocciano le nuove norme penali volute dal governo Meloni. Prevedendo che molte cadrebbero al vaglio della Corte costituzionale. Perché illiberali e irragionevoli.

Le riforme e le controriforme del diritto penale varate dal governo rischiano di essere contestate dai giudici e bocciate dalla Corte costituzionale. Nella legge Nordio, che ha abrogato il reato di abuso d’ufficio, e ancor più nell’intero disegno di legge (ddl) sulla sicurezza, approvato dalla Camera e in attesa del voto finale del Senato, molti giuristi autorevoli riconoscono una lunga serie di «vizi» di ogni tipo, come li chiamano gli esperti. Magistrati, avvocati e professori consultati in queste settimane da L’Espresso prevedono che le norme più contestate dovranno essere applicate dalle forze di polizia, che dipendono dal potere politico, ma prima o poi saranno spazzate via dalla Corte costituzionale. Se queste previsioni si avvereranno, lo scontro che da mesi oppone i partiti di governo alla magistratura, in particolare ai pubblici ministeri, rischia di salire di livello istituzionale, fino a colpire «il giudice delle leggi», in un clima di attacco alla Costituzione. A bocciare molte nuove norme sono giuristi importanti, di scuole diverse. Gaetano Azzariti, professore di Diritto costituzionale alla Sapienza di Roma, è molto critico: «Il ddl Sicurezza ridisegna un’ampia parte del diritto penale in senso illiberale. In generale, esprime puntualmente le politiche securitarie della destra al potere, con l’aumento dei reati e delle pene, in assenza di politiche sociali. C’è una sostanziale e inquietante continuità in tale senso, dal decreto Cutro al nuovo disegno di legge». «Tra gli aspetti più allarmanti c’è l’assoluta indeterminatezza di molte fattispecie», continua il professore: «Il caso più evidente è la norma contro le occupazioni. È scritta veramente male. All’inizio dichiara di punire l’occupazione di un domicilio altrui. Ma poi si applica a qualunque tipo di occupazione. Il caso limite della vecchietta espulsa dalla sua casa mentre va a fare la spesa viene trattato allo stesso modo della cooperativa sociale che risana un immobile fatiscente e lo recupera a favore della collettività. E la stessa pena spropositata, fino a sette anni di reclusione, si applica a chiunque “s’intromette o coopera”. Da notare la genericità dei verbi: è il reato di solidarietà. La norma è formulata in modo da colpire anche chi porta un pasto caldo o aiuta a pagare la luce. Anche l’elemosiniere del Papa ora rischierebbe la prigione».Secondo Azzariti, «non è difficile preve- dere che la Corte costituzionale possa fare saltare, per manifesta irragionevolezza, prima di tutto le norme che criminalizzano la resistenza meramente passiva, senza alcuna violenza o minaccia. Chi va in piazza rischia l’arresto: c’è una violazione molto grave del principio di libertà di riunione. La Costituzione italiana viene definita democratica e pluralista perché vieta la violenza, ma legittima il conflitto, la protesta, il dissenso. Le politiche securitarie tendono, invece, a negare la legittimità del conflitto. Questo è il problema di fondo. Bisogna garantire la piena libertà di manifestazione del pensiero anche a chi la pensa diversamente: questa è democrazia». «Quanto all’abrogazione dell’abuso d’ufficio, le riforme precedenti avevano già provato a delimitare l’area del reato. Ora si abolisce il controllo penale su tutti gli atti viziati da conflitti d’interessi e su molti degli abusi di vantaggio o di danno. L’articolo 54 della Costituzione, però, impone a chi esercita pubbliche funzioni il dovere di adempierle “con disciplina ed onore”. E l’articolo 97 prescrive che i pubblici uffici devono essere organizzati con leggi che assicurino “il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”. Dubito fortemente che questi principi costituzionali siano assicurati in assenza di una normati- va che vieti possibili favoritismi e discriminazioni», conclude Azzariti. Le nuove norme penali vengono bocciate anche da giuristi di area cattolica come Mario Zanchetti, che insegna Diritto penale all’Università “Carlo Cattaneo” di Castellanza. L’avvocato e professore milanese precisa di non avere nulla di personale contro il ministro Carlo Nordio: «Ho avuto modo di conoscerlo quando faceva il pubblico ministero, sono certo che è una persona perbene e un garantista sincero, ma il mio giudizio sulle sue leggi è così sintetizzabile: forte coi deboli e debole coi forti». A proposito dell’abolizione dell’abuso d’ufficio, Zanchetti si chiede, in particolare, «quanti saranno i condannati in via definitiva che chiederanno di giovarsi dell’avvenuta abrogazione del reato». E quanto alla «lenzuolata di reati previsti nel ddl Sicurezza», prevede che non avrà effetti concreti per i cittadini. «Partiamo dalla coda. Il testo prevede che “dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Non è una novità: il diritto penale per i politici è a costo zero. Ma sappiamo bene che il personale e le risorse sono molto carenti su tutta la filiera della giustizia. È ora di dire basta a questa prassi sciagurata, il cui unico esito è che reati davvero in vertiginoso aumento come le truffe, specie online, restano privi di punizione. Il governo metta a disposizione della polizia e dei tribunali adeguate risorse di uomini e di mezzi. Altrimenti, va detto da subito, la partita è persa».
Come molti altri professori, il giurista milanese è scandalizzato dalle misure autoritarie: «Le norme che puniscono la “resistenza anche passiva all’esecuzione degli ordini impartiti” in carcere o in un centro di trattenimento per i migranti sono davvero aberranti. Il trattamento che una nazione riserva ai suoi carcerati è la cartina di tornasole del suo grado di civiltà e democrazia. Visitare i detenuti e trattarli con carità cristiana era considerata un’opera di misericordia. Una norma che impedisca la protesta pacifica dei carcerati contro lesioni dei diritti riconosciuti a livello internazionale, lesioni che sono spesso reali e figlie di un sistema inefficiente, è immorale, prima ancora che incostituzionale».