Una doppia relazione, la scelta di uccidersi, temendo lo scandalo. Ma nella morte della giornalista Patrizia Nettis molto non torna. E la famiglia chiede ai pm di indagare ancora

Come sia morta il 29 giugno del 2023 Patrizia Nettis, è una domanda che continua a tormentare il padre, la madre, l’ex marito e il figlio della donna che aveva 41 anni ed era l’addetta stampa del comune di Fasano, in provincia di Brindisi.

Qui, in questo pezzo di Puglia che a giugno scorso ha ospitato i grandi del G7, in tanti conoscevano Patrizia, brillante, sportiva, appena assunta a tempo indeterminato, madre di un figlio di nove anni. E in molti non credono alla tesi ufficiale del suicidio, sostenuta nel rapporto dei carabinieri e nella richiesta di archiviazione dei pm di Brindisi, Giuseppe Nozza e Giovanni Marino, sulla quale dovrà pronunciarsi il gip. E contro la quale pende un’opposizione dei familiari della giornalista. Per la procura, Patrizia si sarebbe tolta la vita impiccandosi con un lenzuolo alla ringhiera del soppalco della sua abitazione di Fasano. Ma sono molti i punti oscuri, a cominciare dalla presunta ora della morte, 2.20, stabilita facendo riferimento al messaggio con il quale Patrizia scrive all’ex marito chiedendogli di dare un bacio al figlio. Altri riferimenti temporali è impossibile averne, poiché non è stata effettuata l’autopsia. Un accertamento, non il solo, ritenuto indispensabile per fugare ogni ombra. Una lacuna per un’indagine che la famiglia Nettis, attraverso il legale Giuseppe Castellaneta, chiede di non chiudere. L’elenco delle cose che non tornano, è lungo e i vuoti autorizzano parecchi interrogativi. La lista, l’avvocato Castellaneta l’ha già stilata nel sostenere la necessità che la procura generale presso la corte d’Appello avocasse l’indagine: «Omesso sequestro dei luoghi in cui è avvenuto l’evento presuntivamente suicidario; omesso sequestro di tutti i beni mobili ivi esistenti, compresi gli indumenti della vittima, il lenzuolo utilizzato ai fini del presunto suicidio; omesso esame autoptico sulla salma». Ma la richiesta di avocazione è stata respinta.

Il contesto in cui si colloca la morte di Patrizia Nettis è al centro di una doppia relazione. I due uomini, ignari l’uno dell’altro, lo scoprono la stessa sera del 29 giugno, a poche ore dal momento in cui la donna, stando agli atti ufficiali, si sarebbe tolta la vita. Sotto casa della donna, uno dei due, Francesco Zaccaria, attuale sindaco di Fasano, mai indagato si imbatte nell’altro, Riccardo Argento, gestore di una piscina e istruttore di nuoto di Patrizia. È quest’ultimo, poi indagato per istigazione al suicidio – ma per il quale la procura ha chiesto l’archiviazione – che rivela al sindaco di avere una relazione con Patrizia. E, saputo di non essere il solo, reagisce promettendo di vendicarsi. Lo annuncia allo stesso sindaco, con una raffica di messaggi dopo il colloquio. «Ha scherzato con il fuoco, le rovinerò la vita», scrive tra l’altro l’istruttore che si abbandona a una serie di insulti sessisti. I messaggi tra lo sportivo e Zaccaria quella notte sono 408. Alcuni di quelli indirizzati direttamente a Patrizia Nettis, come il registro delle chiamate, risultano cancellati. Secondo la procura, in questi messaggi si annidava l’istigazione al suicidio, poi caduta, secondo gli stessi pm. In sostanza, l’istruttore avrebbe «inviato messaggi molesti e dal chiaro intento minatorio, in cui prospettava di divulgare la doppia relazione che aveva scoperto, sì da far sorgere in Nettis Patrizia il fondato timore di veder compromessa la situazione in tutte le sfere, sia private, che sociali, della sua vita, per effetto del quale la donna decideva di togliersi la vita impiccandosi», avevano scritto i magistrati. Argento, quando la donna era già morta ma il cadavere non ancora scoperto, contatta su Instagram un’amica della giornalista per informarla di quanto ha scoperto e screditare Patrizia Nettis: «Hai un’amica che non si può definire…», scrive. E aggiunge: «La peggior persona, anzi cosa che io abbia mai conosciuto».

I messaggi indirizzati direttamente a Nettis sono stati recuperati dal legale della famiglia e acquisiti agli atti. Coprono l’intervallo compreso tra l’1.19 e le 3.37. Alcuni hanno un chiaro contenuto intimidatorio. A un altro messaggio, precedente, dell’1.17 si è risaliti attraverso uno screenshot che era arrivato al sindaco. In quel messaggio Argento intimava a Patrizia di rispondere alle sue chiamate, «se no – scriveva – butto giù il portone». Testimonia che Argento fosse proprio sotto l’abitazione della donna. Tuttavia, i successivi scambi con Zaccaria e l’assenza di segni di effrazione nella casa di Nettis, hanno convinto gli investigatori a ipotizzare che l’uomo abbia desistito dall’incontrare la giornalista e sia rincasato. Dirimente sarebbe stato accedere al telefono di Patrizia che però, come ha attestato il perito, è impossibile da analizzare perché «inibito da troppi tentativi di sblocco con codice errato». Una stranezza che si somma alle altre e al rinvenimento tardivo del pc di Patrizia Nettis, trovato soltanto il 5 settembre, nell’armadio del suo ufficio. Che però era stato controllato senza successo già due mesi prima.

Elementi che, messi in fila, convincono i familiari a implorare che il caso non venga chiuso. Vito Nettis, il padre di Patrizia, è perentorio: «Fin dal primo momento noi prossimi congiunti abbiamo ritenuto le indagini carenti. Abbiamo atteso la conclusione delle indagini sperando di avere risposte, ma dall’esame approfondito degli atti, le conclusioni del pm sono irricevibili».