Condannato il ministero dell'interno che ha imposto "padre" e "madre". Esultano le associazioni. Crocini, Famiglie Arcobaleno: «Che un paese civile come l'Italia emetta, attraverso il Ministero dell'Interno, carte d'identità che riportano dati falsi è semplicemente imbarazzante»

Il discorso di Giorgia Meloni il 19 Ottobre 2019 durante una manifestazione a Roma in piazza San Giovanni è diventato una canzone virale sui social. Per anni politici, commentatori e giornalisti, anche dei quotidiani più progressisti, hanno annunciato eventuali ritorni e cancellazioni dai documenti di "Genitore 1" e "Genitore 2" sulle carte di identità dei minori. E per Matteo Salvini la battaglia è stata così identitaria che adesso dovrà anche pagare le spese processuali a una coppia arcobaleno. Perché questa nenia “Genitore 1, genitore 2” non esiste sui documenti. Non è mai esistita. 

 

La Corte d'Appello di Roma ''smentisce il Ministero dell'Interno", cioè all'epoca Salvini, che aveva sostituito la parola "Genitore" con "le parole più belle del mondo madre e padre", e lo condanna ad applicare la dicitura 'genitori' o altra dicitura che corrisponda al genere del genitore sulle carte d'identità elettroniche rilasciate a persone minorenni'. 

 

La vicenda, spiega l'associazione Famiglie Arcobaleno, ha inizio nel 2019, quando un decreto firmato dall'allora ministro Matteo Salvini impone al posto di "genitori" la dicitura madre/padre sui documenti. Una coppia di mamme si è rivolta prima al Tar del Lazio e poi al Tribunale di Roma esigendo l'emissione di un documento d'identità che "rispecchi la reale composizione della loro famiglia". «Già in primo grado il Tribunale aveva accolto la richiesta delle mamme, dichiarando di fatto illegittimo il decreto in quanto il documento emesso integra gli estremi materiali del reato di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico». Oltre alla conferma della sentenza in Appello, il ministero è stato condannato al pagamento delle spese processuali.  La Corte - spiega l'associazione - ha dunque ribadito un concetto molto semplice: sulla carta d'identità di un bambino/bambina non possono essere indicati dati personali diversi da quelli che risultano nei registri dello stato civile

 

«Se nei registri è indicato che è figlio/figlia di due madri, una delle quali lo ha adottato, allora i modelli ministeriali devono rispettare quella indicazione e sulla carta d'identità devono essere indicate due madri (o eventualmente due padri) - spiegano l'avvocata Susanna Lollini e l'avvocato Mario Di Carlo che hanno difeso le due mamme - Noi lo abbiamo sempre pensato, il Tribunale ci aveva dato ragione, adesso la Corte d'Appello lo ha confermato, non possiamo che essere felici». 

 

E la presidente di Famiglie Arcobaleno, Alessia Crocini, commenta: ''L'Associazione Famiglie Arcobaleno già nel 2019 aveva denunciato, supportata dal parere del Garante della Privacy, il qualunquismo ideologico del decreto Salvini che aveva modificato le diciture delle carte di identità solo per attaccare le famiglie omogenitoriali ma mettendo in difficoltà anche tutti quei minori che presentano situazioni familiari differenti. Io stessa sono riportata come '''padre' sul documento di mio figlio, con tutto ciò che comporta ad esempio nel caso di un viaggio all'estero. Che un paese civile come l'Italia emetta, attraverso il Ministero dell'Interno, carte d'identità che riportano dati falsi è semplicemente imbarazzante. Speriamo che il Governo intervenga subito riportando la dicitura che da sempre accompagna i documenti dei minori: genitori o chi ne fa le veci"