Diritti
Marco Cappato: «Sono anni che ci battiamo per la legge sul fine vita. Intanto servono norme regionali per le persone che soffrono»
I consiglieri di Verdi e Sinistra e di Italia Viva presentano anche alla Regione Lazio la proposta di legge dell’Associazione Luca Coscioni per garantire tempi certi sul fine vita assistito. «È una norma che tutela le persone malate e il personale sanitario delle Asl»
«L’unica cosa certa della vita è la morte», non è il mantra dei monaci trappisti, né il memento mori dell’arte della Controriforma, ma il commento icastico di Nazzareno Neri, consigliere di maggioranza della Regione Lazio, che ha commentato l’iniziativa sul fine vita organizzata stamattina presso il Consiglio regionale del Lazio dai consiglieri di opposizione Claudio Marotta e Marietta Tidei insieme a Filomena Gallo e Marco Cappato dell'Associazione Luca Coscioni. «È inutile l’accanimento nei confronti delle persone che continuiamo a vedere soffrire. Questo è un momento di civiltà e di crescita, vi ringrazio di questa iniziativa perché è ora di porre fine all’indifferenza» ha continuato il consigliere di “Noi moderati”. E se anche i moderati decidono di non cedere all’indifferenza, è sicuramente una buona notizia per i diritti di tutti.
L’incontro è legato alla proposta di legge dell’Associazione Luca Coscioni “Liberi subito” depositata dai due consiglieri di Verdi e Sinistra e Italia Viva per la Regione Lazio. «La proposta di legge non fa altro che integrare ciò che la sentenza della Consulta sull’accesso al suicidio assistito del 2019 già sanciva. È una norma che va a tutela delle persone malate che richiedono l’accesso al suicidio assistito, ma anche del personale sanitario e delle Asl per dettare delle procedure certe entro le quali questo diritto va garantito», ha spiegato Claudio Marotta. «Quello che lanciamo oggi è un appello al Presidente del consiglio regionale Aurigemma a calendarizzare la proposta di legge, chiedendo a tutte le forze politiche una collaborazione», ha aggiunto il consigliere regionale.
Il progetto di legge regionale sul fine vita si inserisce nel più ampio contesto italiano dove, in assenza di una legge nazionale, chi vive in condizioni di sofferenza fisica o psicologica insopportabile ha già diritto a ottenere aiuto medico alla morte volontaria, il cosiddetto “suicidio assistito”. E tuttavia il Servizio sanitario nazionale il più delle volte non riesce a garantire tempi certi per le verifiche necessarie allungandole attese o negando i trattamenti anche quando sarebbero fondamentali. Sono diventate tristemente virali alcuni mesi fa le storie della regista e attrice Sibilla Barbieri, malata oncologica terminale, e di Elena, una donna veneta di 69 anni, affetta da patologia oncologica polmonare irreversibile con metastasi, entrambe costrette a morire in Svizzera, dove si sono sottoposte al suicidio assistito dopo il rifiuto delle rispettive Asl di lasciarle usufruire dell'aiuto medico alla morte volontaria. Da qui l’idea di leggi regionali che garantiscano tempi certi per la procedura di verifica e attuazione previsti dalla Corte costituzionale, anche se questo non significa che non sia essenziale parlare anche di una legge nazionale. «Servirebbe una legge nazionale e noi ci battiamo per questo da otto anni - ha precisato Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni - non è però una buona ragione per affidare alla discrezione assoluta e senza regole precise delle Asl (ce ne sono più di 200 l'Italia) il tipo di comportamento e di atteggiamento da rendere nella risposta alle persone che soffrono».
La discussione è infatti in corso in varie regioni italiane: nelle scorse settimane, il Consiglio Regionale della Regione Veneto è stato il primo in Italia a dibattere la proposta di legge, rinviandola però in Commissione per non aver ottenuto la maggioranza dei voti favorevoli all’approvazione. Oltre al Veneto anche gli uffici tecnici di Regione Piemonte, Emilia Romagna, Abruzzo, Friuli Venezia Giulia hanno ritenuto che le norme contenute nella proposta di legge rientrino nelle competenze regionali e siano rispettose della Costituzione italiana, e si è in attesa di discussione. In Lombardia dopo le audizioni l’ufficio di presidenza, e in caso di assenza di unanimità il consiglio regionale si esprimerà sull’ammissibilità. Oltre a queste anche in Sardegna, Basilicata, Lazio e Liguria la proposta di legge è stata depositata tramite l’iniziativa dei consiglieri regionali o per iniziativa dei Comuni. In Toscana invece è in corso la raccolta firme. E proposte analoghe sono state depositate in Puglia, Marche e Calabria.
«La battaglia per la legge nazionale la facciamo nell'unico modo realisticamente possibile oggi nelle condizioni date - precisa ancora Cappato - cioè attraverso le disobbedienze civili che sono riprese: ci sono 10 persone con me che potrebbero essere processate per un reato fino a 12 anni di carcere. La Corte costituzionale è stata chiamata ad esprimersi dal tribunale di Firenze sul cosiddetto quarto criterio, cioè se sia giusto e non invece, come diciamo noi, discriminatorio escludere dal diritto all'aiuto alla morte volontaria per esempio i pazienti terminali oncologici, cioè chi non è dipendente da trattamenti sanitari».
«Quella battaglia la continuiamo affrontando il rischio del carcere - spiega - nelle istituzioni vogliamo che almeno le regole che ci sono siano applicate correttamente dal sistema sanitario che è competenza regionale. La legge nazionale ci vuole, ma la legge che fu approvata alla Camera nella scorsa legislatura prima firma Bazzoli va malissimo perché è un passo indietro rispetto a quanto previsto dalla Corte costituzionale, quindi significherebbe restringere le possibilità che già ci sono e non possiamo che essere contro», conclude.