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Tutti gli occhi della politica ora si spostano alle Regionali in Abruzzo

di Susanna Turco   27 febbraio 2024

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Dopo la conquista della Sardegna, il centrosinistra il 10 marzo prossimo deve cercare di capitalizzare il vento favorevole. Il candidato della coalizione, Luciano D'Amico, batte palmo a palmo la Regione ma deve ribaltare le previsioni. Ecco cosa c'è in gioco tra i comizi di Schlein, le assenze di Conte e i sussurri di Gianni Letta

Davanti al ponte crollato quindici mesi fa sul torrente Salinello nel Teramano, lungo la strada provinciale tra Sant’Omero e Bellante, ci sono almeno centocinquanta persone e un’auto sormontata da due altoparlanti legati a una stecca di legno, come si faceva un tempo. Il comizio stavolta, accanto al ponte rotto, al candidato governatore Luciano D’Amico tocca farlo con la voce gracchiante del microfono tipo radiolina, modello «è arrivato l’arrotino». Ma funziona. La gente alla fine li acclama, lui e la segretaria del Pd Elly Schlein: «Siete l’ultima speranza». La campagna d’Abruzzo, l’uomo simbolo del campo largo la fa così, palmo a palmo. Spesso con Schlein, che ci ha «messo la faccia», almeno una volta con Maria Elena Boschi, con Carlo Calenda, con Nicola Fratoianni, in attesa della sempre annunciata visita di Giuseppe Conte – che ancora però non s’è visto. Un viaggio dopo cinque anni di centrodestra, tra i borghi sperduti, gli universitari di Teramo senza alloggi, le liste d’attesa per la riabilitazione della Piccola Opera Charitas, le proteste in piazza a Roseto contro la cancellazione della Riserva naturale del Borsacchio (vedi l’articolo a seguire), i costruttori preoccupati per il definanziamento di 249 opere del Pnrr, l’Ospedale di Tagliacozzo declassato a stabilimento di quello di Avezzano, i produttori di carote e patate della piana del Fucino che ancora aspettano il potenziamento del sistema idrico: i fondi vengono finanziati e poi stornati, a cadenza quinquennale. Come le elezioni.

 

Dall’altra parte della Regione, ma si potrebbe dire su un altro piano della realtà, c’è il governo, cioè Giorgia Meloni che plana, come ha fatto l’altro giorno, direttamente dal Giappone sull’Aquila su e Montesilvano, per avviare la campagna elettorale del suo fedelissimo, Marco Marsilio, governatore uscente. Tiene lontani i giornalisti, si piazza sul palco coi sindaci in fascia tricolore. Teme le contestazioni dei trattori che qui hanno già colpito il ministro Francesco Lollobrigida. Festeggia come fossero il centro di tutto i prossimi mondiali di skateboard con Sabatino Aracu, ex deputato di FI, condannato in primo grado e poi prescritto per Sanitopoli, ex pattinatore, ora presidente del World Skate. Firma con Marsilio l’accordo per sbloccare i Fondi di Coesione che si potevano avviare tre anni fa: dice che con quei soldi finanzierà i progetti che lei stessa ha definanziato, stralciandoli dal Pnrr. Primo fra tutti il raddoppio della ferrovia Roma-Pescara: una storia che si trascina da così tanto che i Cinque Stelle nel 2019 ne avevano fatto un tormentone (memorabile il video nel quale Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio si presentavano in stazione a Pescara a chiedere quanto tempo ci volesse per Roma: «Lui è il vicepremier», diceva fiero Dibba al bigliettaio).

 

Ultimo lembo di Centro Italia e primo di Meridione, l’Abruzzo fa anche stavolta da spartiacque, prova generale, anticipo. Cinque anni fa fu la prima Regione conquistata da Meloni: «Mi fate parlare un minuto dell’Abruzzo, per una volta che riesco a vincere?», esclamò stremata quella sera a “Di Martedì” quando parlando dei barconi da affondare diede il via al tormentone noto come «Ollolanda». Ecco all’epoca Fratelli d’Italia era al 6,5 per cento, riuscì a vincere grazie al 27,4 della Lega: voti che nel frattempo si sono trasferiti in blocco, insieme con gli uomini che li portavano, sul partito della premier (27,6 per cento alle Politiche 2022). Quella coalizione che oggi governa l’Italia, nel febbraio 2019 fece il suo (ri)debutto in Abruzzo pur essendo divisa a livello di esecutivo nazionale: c’erano i gialloverdi, Salvini era vice di Conte come Di Maio, nella campagna elettorale il candidato del centrodestra e quello dei Cinque Stelle litigavano sul Tav Torino-Lione, per dire quanto fosse politicizzato il tutto.

 

Cinque anni dopo, Meloni divenuta regina del centrodestra cerca la riconferma in quelle che sono le prime elezioni importanti nelle quali si presenta come lo status quo, il potere, la corona. E l’Abruzzo è la più simbolica fra le Regioni al voto, per la leader di Fratelli d’Italia che non può mancare il collegio dove anche lei è stata eletta deputata nel 2022.

 

Partita simbolica anche per il centrosinistra, però. In Abruzzo è la prima volta che Pd e Cinque Stelle si presentano uniti, dopo la batosta delle Regionali 2019, le Europee e le Politiche; è l’unico caso in cui tutto il centrosinistra, da Avs a Italia viva – cosiddetto campo largo – sostiene il civico d’Amico, ex rettore dell’Università di Teramo ed ex presidente dell’Arpa, l’Azienda regionale dei Trasporti dove fu nominato all’epoca del governatore dem Luciano D’Alfonso. Una sorta di miracolo, questa alleanza, possibile grazie ai legami tra i politici locali che si sono rivelati più forti dei litigi nazionali: dal tesoriere Pd Michele Fina al coordinatore M5S Gianluca Castaldi, passando per Iv e Azione, già da agosto hanno costruito la candidatura di D’Amico. L’ex rettore in questi mesi ha imparato a fare i comizi, a farsi riconoscere come «una persona perbene».

 

Il risultato, dicono nel centrosinistra, non è più così scontato. L’ultimo sondaggio dem, inizio gennaio, dava i due candidati a un punto e mezzo. Per il prossimo si aspetteranno gli echi del faccia a faccia sulla locale Rete8 di oggi. Molto dipenderà anche dai Cinque Stelle: nel 2019 da soli presero il 20 per cento (il centrosinistra, con nove liste, il 31), alle Politiche il 18, due punti sopra al Pd. Non poco, dunque, dipenderà da quanto anche Conte e i suoi impegneranno nella campagna elettorale.

 

Nel frattempo, segno che qualcosa si muove, il centrodestra corregge il tiro. Al primo slogan dei manifesti («Per continuare a crescere») si è sostituito: «Il Governo che fa bene all’Abruzzo», con la G maiuscola. L’amicizia col governo di Roma, e quindi coi fondi che può stanziare il governo: un argomento su cui fare leva. Ma intanto persino Gianni Letta, abruzzese di Avezzano, laureato in riservatezza, sussurra agli imprenditori che lo vanno a trovare come a lui risulti che D’Amico stia già due punti sopra a Marsilio. Chissà perché lo fa.