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Serena Bortone, la resistenza pop nel buio di Tele Meloni

di Beatrice Dondi   22 aprile 2024

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“Che sarà”, l’intrattenimento colto con brio di Rai Tre, è rimasto una mosca bianca nel palinsesto Rai

«Gli amici miei son quasi tutti via. E gli altri partiranno dopo me. Peccato perché stavo bene in loro compagnia. Ma tutto passa e tutto se ne va». Chi è rimasta, nel deserto della terza rete è invece Serena Bortone, che prova a tener salda la sua resistenza umana in un programma che non a caso si intitola proprio come la celebre canzone dei Ricchi e Poveri. 

 

“Che sarà” è una delle poche cose rimaste nel lido svuotato dalle fuoriuscite di Fazio, Annunziata, Gramellini (e ci fermiamo qui per tedio) in cui la conduttrice si ostina a dire quel che pensa, non legge alla platea di Sanremo i comunicati giunti dall’amministratore delegato e invece rilancia con i monologhi censurati che si permettono di ricordare che il 25 aprile è una festa di tutti. 

 

Dotata di una naturale empatia con la lucina rossa e oggetto di un’irresistibile imitazione di Barbara Forìa con tanto di fedele parlata accelerata, la giornalista fuoriuscita da “Agorà” era talmente a suo agio nel dopopranzo di Rai Uno con il successo di “Oggi è un altro giorno” che il programma venne cancellato. 

 

Per salutare i telespettatori nell’ultima puntata disse chiaro, guardando in camera con simpatica insolenza: «Gli italiani sono molto più avanti di come talvolta li si rappresenta. Aver alzato, e di molto, gli ascolti di questa fascia è la conferma ultima che avevamo ragione». Inevitabile, dunque, che la Rai decida di cambiare strada. 

 

Così Bortone arriva a “Che sarà” («Non ho scelto, mi è stato chiesto») e mentre alterna musica, cultura, politica e società, prova a resistere come l’ultimo dei Mohicani, senza usare inutili girarci intorno che non serve. «Io sono fieramente antifascista», risponde a Bernardini De Pace in diretta. «Siamo in democrazia proprio perché il fascismo è stato sconfitto». Poi con quella sua espressione a tratti stupefatta, ripete le parole scritte dal punto di Scurati: «Finché la parola antifascismo non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana».
 

E quando la stessa parola torna e ritorna si comincia a guardare a Bortone come una sorta di mosca bianca, vista l’aria che tira, che non molla mai, con un sorriso sulle labbra sgargiante come i suoi abiti. 

 

In ogni puntata c’è un’incursione sui diritti a rischio, i morti sul lavoro, il rispetto delle istituzioni, la democrazia e altre quisquilie su cui in questi tempi si sorvola generalmente con piacere. Fa accomodare l’attivista ultra ottantenne Franca Caffa sulla poltroncina rossa, parla di regime penitenziario, di Ilaria Salis e della dubbia nomina di Vattani. Ospita il monologo di Leo Gullotta che davanti a un leggio parafrasa le perle del generale Vannacci chiosando senza freni: «Da parte mia, infastidito e disturbato da questi pensieri, dico viva l’Italia antifascista». E sulle polemiche post Festival, che tanto hanno scaldato il piccolo schermo, chiosa sull'importanza dell'artista che riesce a dare una scossa al torpore e alle dimenticanze della società civile.

 

Insomma, una sorta di parentesi colta con brio da difendere come un panda. E speriamo che duri, altrimenti, sarà quel che sarà.