Olimpiadi
Esplode il caso di un "pugile trans" algerino contro Angela Carini ma è una fake news
Imane Khelif non è una donna transgender. E ha superato tutti i test medici per competere ai giochi. La bufala partita nel 2023 dai social di estrema destra spagnoli è arrivata in Italia e oscura l'eterno dibattito sulla partecipazione delle atlete con disfunzioni ormonali
Ci sono bugie che suonano così bene che sembrano verità occulte. Così quella di una pugile trans algerina pronta a scontrarsi contro l'atleta azzurra Angela Carini è già la colonna sonora di queste Olimpiadi. Infiamma il dibattito politico e social.
La Lega ha chiesto in aula alla Camera, tramite Rossano Sasso, un’informativa urgente del ministro dello Sport Andrea Abodi «su quello che potrebbe succedere alle Olimpiadi: la nostra pugile Angela Carini dovrà competere e salire sul ring con un’atleta nata uomo oggi donna». Mentre la deputata di Fratelli d'Italia, Maria Grazia Frijia commenta: «Non è possibile che nel nome dell'inclusività si calpestino i diritti delle donne alle quali viene negata la possibilità di gareggiare in un contesto di parità di condizioni».
Un coro quello del Governo a cui ha sembra aver dato il là il vice presidente del Consiglio, Matteo Salvini che proprio ieri sera ha così commentato: "Un pugile trans dell’Algeria - bandito dai mondiali di boxe - può partecipare alle Olimpiadi e affronterà la nostra Angela Carini" scrive il ministro alle infrastrtture: "Un’atleta messicana che l’aveva affrontata ha dichiarato “i suoi colpi mi hanno fatto molto male, non credo di essermi mai sentita così nei miei 13 anni da pugile, nemmeno combattendo contro sparring partner uomini”. Uno schiaffo all’etica dello sport e alla credibilità delle Olimpiadi. Basta con le follie dell’ideologia “woke”!"
Le fake news sono bufale, ma dietro le bufale ci sono ideologie: questa è vecchia di più di un anno, marzo 2023, arriva dai social dell'estrema destra spagnola si inserisce nell'acceso dibattito sulla partecipazione di atlete donne transgender nelle competizioni femminili. Ma la bufala si disintegra con la verità sull'atleta Imane Khelif che non è "un algerino che prenderà a pugni una donna italiana", come titola oggi in prima pagina il quotidiano "La Verità", ma una donna con "disordini dello sviluppo sessuale". Khelif era stata squalificata dai Campionati mondiali femminili di Nuova Delhi poche ore prima del suo incontro per la medaglia d'oro. Il motivo: elevati livelli di testosterone che violavano le regole della federazione internazionale di boxe IBA. Per le regole del CIO invece può tranquillamente partecipare alle olimpiadi: ha superato tutti i test medici ed è considerata una donna idonea a competere.
Sono diverse le malattie che possono causare cambiamenti ormonali nelle donne. Le cause più comuni di alti livelli di testosterone nelle donne sono l'irsutismo, la sindrome dell'ovaio policistico e l'iperplasia surrenalica congenita. I livelli di testosterone possono essere elevati in modo naturale e non dimostrano la transessualità.
Questa è una storia che ricorda un'altra a guardarsi indietro, quella di Caster Semenya due volte campionessa olimpica degli 800 metri, esclusa da alcune competizioni sportive per essersi rifiutata di assumere farmaci che riducessero il suo alto livello di testosterone, causato da una disfunzione genetica che le provoca l’iperandroginia.
A 18 anni aveva corso gli 800 metri in un minuto, 55 secondi e 45 centesimi, arrivando prima ai Mondiali di atletica leggera di Berlino. Non era presenta alla conferenza stampa al suo posto non c'è Pierre Weiss, segretario generale dell'International Association of Athletics Federation. Semenya avrebbe dovuto sottoporsi a un test per determinare di che sesso fosse. Non c'era stato tempo di accertare la questione prima della finale di Berlino, anche perché Semenya era una sconosciuta fino a poco tempo prima. Quella di Semnya è stata una lunga battaglia e dopo essersi rivolta alla Corte europea dei diritti dell’uomo nel febbraio 2021 intentando una causa contro la corte suprema svizzera, nel 2023 è arrivata la sentenza: l’atleta era "stata discriminata".
Sulla questione si era espressa Alice Dreger, bioeticista e storica della medicina americana, nota per il suo lavoro sull'intersessualità e genderidentità, da sempre molto critica verso i test ai quali era costretta Semnya: «Non c'è un unico e semplice modo di essere maschi o femmine. Lo sport lo richiede, ma alla biologia non importa. La biologia non si adatta ordinatamente a categorie semplici, e così fanno questi test. E una delle ragioni per cui ho criticato questi test è che molte volte non ti dicono chiaramente come li condurranno e perché li stanno usando».
Dreger fa ragionamento che entra nella profonda disparità tra uomo e donna ancora presente nello sport: «Gli uomini sono in media più alti delle donne, ma impediamo a quelle donne più alte della media (e quindi alte come un uomo) di gareggiare con le altre donne di altezza da donna? Eppure essere più alte è un vantaggio. Possiamo immaginare qualcuno dire a Patricia Ewing "sei troppo alta per gareggiare con le donne?" Però non troviamo nulla di strano nel dire a qualcuna "hai livelli naturali di androgeni troppo alti per gareggiare con le donne". È una differenza come l'altezza, perché dovremmo considerarla diversamente?» ma non solo «LeBron James è troppo alto e troppo veloce per giocare a basker? In un momento in cui l'estrema correttezza politica si insinua in ogni spiraglio sociale, lo sport si pone come una eccezione. Suscita la passione di miliardi di persone nel mondo, anche se è mostruosamente iniquo. Non ci sono programmi di recupero per atleti poco dotati. Eppure quando parliamo di donne tutti si preoccupano per l'uguaglianza. È stato particolarmente evidente nell'indecente caso di Caster Semenya, fu accusata di avere un vantaggio ingiusto perché avrebbe partecipato in modo fraudolento alla corsa femminile. Quando gli uomini sono più talentuosi di altri, è un'espressione della bellezza dello sport. Ma quando le donne sovrastano le altre, spesso emergono sospetti sull'idoneità e discussioni sulla parità della competizione. I funzionari sportivi devono vedersela con un dilemma impossibile: una divisione sessuale imposta socialmente nel dominio sportivo (che permette a metà della popolazione mondiale di avere una possibilità di vincere) senza un modo chiaro e oggettivo per disegnare la linea di separazione tra maschio e femmina».
Un dibattito, questo, di cui avremmo fin troppo bisogno. Oscurato in questi giorni di Olimpiadi da fake news costruite con l’intento di far cadere nel tranello della disinformazione un numero sempre più nutrito di persone con lo scopo di alterarne il pensiero e la percezione della realtà. Cavalcate non solo da utenti social come l'ex senatore Simone Pillon, ma anche, pericolosamente, da deputati di maggioranza e vice presidenti del Consiglio.