Politica
7 luglio, 2025Vito Tenore, presidente di sezione della Corte dei conti e professore alla Sna: «Il testo, dietro una formale tutela dei dipendenti pubblici, tende ad assicurare immunità da condanne della Corte dei conti. Gli amministratori pubblici avranno una "corazza erariale" perché le condanne della Corte per danni saranno completamente svuotate»
In queste ore, sotto silenzio stampa e senza alcuna seria opposizione politica, il Parlamento sta per votare il cosiddetto progetto di legge Foti. È stato approvato dalla Camera e ora al Senato, ed è volto a limitare fortemente la Corte dei conti, che è quella parte della magistratura utile a tutelare - in base alla Costituzione - gli equilibri dei bilanci pubblici e garantire che il denaro, frutto delle tasse pagate dai contribuenti, sia ben speso e gestito da amministratori e funzionari pubblici onesti e capaci. Detto altrimenti, la Corte da decenni recupera milioni di euro a favore dello Stato, condannando amministratori e dirigenti incompetenti e superficiali, che abbiano agito con dolo o colpa grave causando danni alle casse pubbliche. Ad esempio appropriandosi di denaro e beni pubblici, percependo somme non dovute, dando incarichi e consulenze clientelari, realizzando opere inutili, aggirando gare con trattative private, ottenendo rimborsi per spese non pertinenti a funzioni politiche, favorendo rimborsi non dovuti a cliniche e laboratori convenzionati, svendendo immobili pubblici a prezzo vile, dando incarichi dirigenziali a soggetti inadeguati, combattendo doppi lavori di medici e professori contro la legge, utilizzando per fini non istituzionali beni d’ufficio, ottenendo finanziamenti pubblici non spettanti.
Vito Tenore, presidente di sezione della Corte dei conti Lombardia e professore alla Sna, perché la Corte è così preoccupata da questo progetto di legge?
«Sta accadendo una cosa strana e irragionevole. In base alla Costituzione, la Corte dei conti tutela gli italiani che pagano le tasse, affinché i loro soldi siano ben spesi da amministratori e dirigenti onesti, competenti e non superficiali. I meritori e rilevanti recuperi nei confronti di amministratori e dipendenti per i danni arrecati alla pubblica amministrazione con dolo o colpa grave (e dunque arrecati ai cittadini che pagano le tasse) avvengono da decenni sull’intero territorio nazionale da parte di una magistratura contabile presente in ogni capoluogo di Regione. Tali recuperi vengono in questi giorni irragionevolmente limitati dal legislatore. Già nel 2020 - con art.21, d.l. n.76 del 2020, più volte prorogato sino al dicembre 2025, noto come “scudo erariale” - è stata introdotta una norma che doveva essere temporanea e volta al “rilancio dell’economia” (in realtà non riscontrata da nessuno) in epoca post-pandemica. Sebbene fosse di dubbia legittimità costituzionale è stata “graziata” dalla Consulta. Tale norma consente condanne della Corte solo per dolo e non più per colpa grave degli amministratori e dirigenti, ovvero impedisce di recuperare danni che sono frutto di massima sciatteria e incompetenza gestionale (che rappresenta la maggior parte dei giudizi). Ora tali limitazioni legislative alla saranno portate a regime, ovvero opereranno in modo perenne e con ulteriori limitazioni, per via dell'infelice testo normativo, il progetto di legge Foti, in discussione al Senato dopo il voto favorevole della camera, definibile come una “corazza erariale”».
In cosa consiste questo progetto di legge in discussione?
«È un testo che, dietro l’apparenza, dietro lo schermo formale della tutela dei dipendenti pubblici timorosi e affetti da asserita (e non dimostrata) “paura della firma”, è in realtà teso ad assicurare una immunità da condanne della Corte dei conti ad amministratori locali non coperti dalla più ampia immunità di cui godono i parlamentari romani. Agli amministratori locali viene dunque assicurata una “corazza erariale” in quanto: le condanne della Corte per danni arrecati a Ministeri, Regioni, Comuni e via dicendo avranno un risibile tetto pari a due annualità di indennità da amministratore (ad esempio, se cagioni un danno da 5 milioni di euro ad un Comune o ad una Regione realizzando opere inutili o svendendo immobili pubblici, paghi solo 6 mila euro grazie al predetto bassissimo tetto alla condanna, unito al preesistente “patteggiamento contabile” ovvero al giudizio abbreviato); inoltre gli amministratori avranno una polizza assicurativa, che sarà anch'essa pagata con i soldi dei contirbuenti; terzo punto: gli amministratori non risponderanno dei propri atti se sono stati formalmente firmati o avallati (con verosimili forti pressioni politiche interne che restano notoriamente occulte) dai propri funzionari, usati come parafulmini; infine la Corte dei conti diventerà titolare di più ampio potere consultivo e di visto su atti pubblici che, se non esercitato entro 30 giorni, renderà tali atti miracolosamente leciti e non più soggetti ad indagini della Procura contabile anche se contenenti scelte abnormi e dannose per le casse pubbliche: si ingolferanno così le Sezioni controllo della Corte dei conti con migliaia di richiese di visti e pareri per paralizzare di fatto il controllo, rendendo dunque lecito ciò che è illecito attraverso il silenzio-assenso, un istituto che opera per l’azione amministrativa e non certo per una magistratura. Viene creata così una sorta di “prescrizione brevissima”, da 30 giorni, per danni contenuti in provvedimenti non vistati in modo fulmineo dalle oberatissime Sezioni controllo della Corte dei conti».
Perché i cittadini dovrebbero temere tale norma?
«Ogni cittadino, pensante e votante, dovrebbe temere la messa in discussione del sistema dei pesi e contrappesi, dell’equilibrio tra i poteri dello Stato, dell’autonomia della magistratura, del rispetto della regola “chi sbaglia paga”. Ma, soprattutto, preoccupa la non piena tutela dei cittadini-contribuenti, le cui tasse devono essere utilizzate in modo lecito, corretto, produttivo, senza che si accollino sulla collettività i danni arrecati da amministratori incapaci o maliziosi. Le norme adottate non rispondono a questi fini di rilevanza costituzionale: scaricano invece sui contribuenti i danni causati da amministratori e dirigenti incapaci, che potranno essere condannati solo per una risibile quota parte del danno causato alla pubblica amministrazione e dunque alla collettività che ne pagherà la restante parte. Per il resto, paga Pantalone, ovvero i cittadini».
A rischio sembra essere anche l'indipendenza di questa magistratura.
«Si ipotizza la gerarchizzazione delle Procure della Corte dei conti: un ulteriore testo normativo in itinere vorrebbe prevedere interferenze del vertice inquirente, ovvero del Procuratore generale (un domani anche di eventuale nomina politica, quale possibile sviluppo della voluta divisione delle carriere giudicanti e requirenti) nelle indagini dei singoli Procuratori operanti a livello regionale, prevedendo ingerenze e visti di approvazione del vertice inquirente su atti di indagine di cui è titolare il singolo Procuratore. Se il Procuratore generale, per motivazioni varie, non controfirma, l’indagine si blocca. Queste interferenze su indagini in corso sono di dubbia legittimità costituzionale».
Quali sono le ragioni poste dal Parlamento alla base di queste novelle normative?
«Va premesso che il Paese, ovvero gli elettori, non hanno mai democraticamente chiesto ai loro rappresentanti queste norme, nate autonomamente in contesti politici e poi parlamentari, che depotenziano la tutela delle casse pubbliche, finanziate dai sacrifici e dal lavoro degli italiani. Nel preambolo al progetto di legge Foti oggi in discussione presso il Senato si legge: «la cosiddetta “paura della firma” affligge il funzionamento della pubblica amministrazione italiana» e poi: «I mercati e gli investitori internazionali guardano sempre con maggiore preoccupazione alla macchina pubblica italiana come ad un ostacolo che rischia di rallentare, se non bloccare, l’intero sistema-Paese». E ancora: «amministrare risorse pubbliche in Italia, soprattutto dopo la torsione pan-penalistica avviata nel 1992, è diventato sempre più rischioso per gli amministratori onesti, poiché la normativa di settore è oggettivamente troppo complessa per chiunque, ivi inclusi gli addetti ai lavori». Sulla base di questo già assiomatico e indimostrato preambolo, il progetto di legge Foti ritiene che si debba «intervenire in tempi rapidi per attribuire alla Corte dei conti un nuovo ruolo di supporto agli amministratori pubblici, affinché questi possano trovare in via preventiva una concreta assistenza nell’articolata gestione delle risorse pubbliche e non debbano più rischiare di incorrere in processi per danno erariale che troppo spesso, almeno nel 60 per cento dei casi, si concludono con l’assoluzione determinata dall’infondatezza delle accuse; tali processi, inoltre, hanno ripercussioni negative sulle carriere e alimentano, a livello generale, il circuito della “paura ”».
Condivide queste considerazioni del legislatore?
«Assolutamente no. La “paura della firma”, la “burocrazia difensiva” e la “fatica dell’amministrare” sono categorie mediatiche, politiche o salottiere, in assenza di contributi scientifici fondati su oggettivi riscontri o di affidabili sondaggi che le comprovino e soprattutto che correlino tali fobie paralizzanti ad improvvide iniziative delle magistrature. Sono categorie sopravvalutate, psicologiche, emotive, umorali, evanescenti e soprattutto prive di qualsiasi riscontro probatorio (ad esempio tramite sondaggi) o di evidenza scientifica sulla riconducibilità delle stesse ad interventi magistratuali persecutori. L’unico studio affidabile fondato su oggettivi sondaggi effettuato in Italia sul tema è quello “Burocrazia difensiva. Come ne usciamo?” curato da Forum PA nel maggio 2017, il quale smentisce chiaramente tale assioma psicologico, recepito anche dalla Consulta nella sentenza n. 8/2022 e soprattutto nella n. 132/2024, ovvero che il timore delle responsabilità previste dall’ordinamento, e dunque soprattutto quella contabile (vista la ormai progressiva perdita di deterrenza preventiva della reazione penale grazie alla cancellazione dell'abuso d'ufficio, diffuse prescrizioni, progressivi interventi tesi a depotenziare, tramite intercettazioni, le capacità investigative delle Procure e a sistemi carcerari sapientemente evitabili dai “colletti bianchi”), sia la principale causa della “paura della firma”. Circa “la torsione pan-penalistica avviata nel 1992” che paralizzerebbe “gli amministratori onesti”, di cui parla il preambolo al disegno di legge Foti, mi limito a ricordare che i magistrati, ivi compresi i meritevoli colleghi del pool Mani pulite, perseguono da sempre gli amministratori e dipendenti disonesti. Quelli onesti possono lavorare con tranquillità senza alcun timore. Necessaria è però una loro selezione e formazione adeguata sul piano etico e culturale».
Ma allora le reali ragioni di questi interventi normativi tesi a limitare la Corte dei conti dove vanno ricercate?
«L’obiettivo mi sembra evidente: il protezionismo verso gli amministratori locali, alla base prima dello Scudo erariale (art.21, d.l. n.76 del 2020) e poi della nuova normativa Foti. Ambo i testi esprimono una evidente ed ostentata tutela della politica locale, che, dopo Tangentopoli e migliaia di condanne nei decenni di amministratori incapaci o poco onesti da parte della Corte dei conti, si blinda con durevoli interventi protettivi ad castam: prima l’eliminazione dell’abuso d’ufficio in sede penale e la limitazione alle intercettazioni, ed ora la compressione della Corte dei conti e delle sue condanne, destinate a diventare modeste e minimali paternalistiche sanzioni per “marachelle” gestionali. Il danno erariale non recuperato dalla Corte sarà così scaricato sui contribuenti: più tasse e meno servizi.
I progressivi interventi normativi limitativi delle responsabilità degli amministratori e dei dipendenti pubblici, avallati purtroppo anche dalla Corte costituzionale (da ultimo con sentenza n. 132/2024), solo formalmente sembrano intervenire sulla timorosa lentezza dell’azione amministrativa. In realtà agiscono infelicemente “a valle”, eliminando quasi del tutto le responsabilità dell’amministratore e del dipendente (rendendoli impuniti), invece di intervenire “a monte”, e dunque sulle cause di tale timorosa lentezza, ovvero la farraginosità delle norme da semplificare e codificare e la scarsa competenza degli amministratori e del personale (soprattutto in enti locali), da migliorare con selezioni serie e formazione elevata per entrambi. Una infezione non si cura amputando la parte malata, ma intervenendo a monte con antibiotici.
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