Politica
18 dicembre, 2025A Palazzo Chigi la convinzione è che anche l’Italia debba dotarsi di strumenti più rapidi ed efficaci
Il governo lavora a una riforma dei servizi di intelligence che nasce da un’esigenza considerata sempre meno rinviabile: adeguare il sistema di sicurezza nazionale a un contesto internazionale profondamente mutato. La guerra in Ucraina, le tensioni in Medio Oriente, le minacce ibride e la prospettiva di un’America meno coinvolta nella difesa europea stanno imponendo una revisione delle priorità. A Palazzo Chigi la convinzione è che anche l’Italia debba dotarsi di strumenti più rapidi ed efficaci.
La fine delle certezze e il nuovo scenario internazionale
Per anni il sistema di intelligence italiano ha potuto contare su una cooperazione stretta e costante con gli Stati Uniti. Oggi quello scenario non è più garantito. La possibile svolta trumpiana, intesa come ritorno a una politica estera americana più concentrata sugli interessi interni, viene letta come un segnale chiaro: l’Europa, e l’Italia in particolare, dovranno rafforzare la propria autonomia strategica. Nei briefing riservati che circolano tra governo e apparati di sicurezza emerge una valutazione condivisa: la protezione garantita dagli alleati non può più essere data per scontata. Di qui l’urgenza di rivedere procedure e poteri dei servizi.
Intercettazioni preventive, il cuore della riforma
Il primo capitolo della riforma riguarda le intercettazioni preventive, uno strumento che non serve a raccogliere prove giudiziarie, ma a prevenire minacce alla sicurezza dello Stato. L’obiettivo è semplificare e velocizzare i meccanismi autorizzativi, oggi considerati troppo lenti rispetto alla rapidità con cui si muovono i rischi contemporanei. La scelta comporta però un nodo delicato: una riduzione delle garanzie. È un punto che lo stesso governo non nega. Il tema è come bilanciare la tutela dei diritti individuali con l’esigenza di prevenzione, in un contesto in cui il tempo può fare la differenza.
Più poteri, ma anche più controlli parlamentari
Per evitare il rischio di squilibri, la riforma si accompagna all’ipotesi di un rafforzamento del Copasir, il comitato parlamentare che vigila sull’operato dei servizi segreti. L’idea è quella di consolidare il controllo democratico, aumentando il flusso informativo verso il Parlamento. Resta tuttavia una consapevolezza diffusa: maggiore efficacia operativa significa inevitabilmente una minore trasparenza verso l’esterno. È un equilibrio complesso, che richiede scelte politiche chiare e condivise.
Il messaggio che arriva dagli Stati Uniti
Nei palazzi istituzionali si interpreta il mutato atteggiamento americano come un invito implicito a fare di più sul piano nazionale. Non un disimpegno totale, ma una riduzione delle certezze. Per l’Italia questo significa investire in difesa, tecnologia e intelligence, senza confidare esclusivamente nel supporto esterno. La cosiddetta svolta trumpiana, in questa lettura, non è solo legata a una leadership, ma a una tendenza di lungo periodo che potrebbe ridisegnare gli equilibri atlantici.
Il dialogo con l’opposizione, una necessità politica
Consapevole della delicatezza del tema, il governo valuta l’opportunità di un confronto riservato con le opposizioni. L’obiettivo è evitare che la riforma dei servizi diventi un terreno di scontro ideologico e che venga messa in discussione a ogni cambio di maggioranza. Stabilire regole condivise sulla sicurezza nazionale significa dare stabilità a un settore che, per sua natura, richiede continuità e fiducia istituzionale. È un passaggio che riguarda non solo l’attuale esecutivo, ma il funzionamento futuro dello Stato.
Una riforma necessaria, ma carica di rischi
La riforma dei servizi di intelligence si muove su un crinale sottile. Da un lato c’è l’urgenza di adattarsi a un mondo più instabile; dall’altro il rischio di comprimere diritti fondamentali e alimentare tensioni politiche. Il governo sembra determinato ad andare avanti, consapevole che il tempo delle decisioni rinviate è finito. Resta ora da capire se il percorso sarà condiviso e se l’Italia riuscirà a rafforzare la propria sicurezza senza incrinare l’equilibrio tra libertà e protezione che è alla base dell’ordinamento democratico.
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