Il piano di riarmo europeo: perché ti riguarda? - Il video

Negli ultimi 10 anni, la spesa militare italiana è aumentata costantemente. Adesso, la priorità che l'Ue ha dato alla Difesa potrebbe far crescere ulteriormente i costi per le armi

L’Italia, come il resto dei Paesi europei, si prepara a un piano di riarmo in aggiunta a quello che già spendiamo per acquistare armamenti, fare ricerca e sviluppo, svolgere missioni internazionali e difendere il territorio nazionale. Nel 2025 la spesa militare italiana, secondo il bilancio del ministero della Difesa, sarà di 31,2 miliardi di euro. Un dato costantemente in aumento negli ultimi 10 anni. Come membro della Nato, il nostro Paese si è impegnato ad aumentare fino al 2% del Pil le spese militari (attualmente siamo all’1,57%): un impegno sottoscritto nel 2014 dal governo Renzi e confermato da tutti i premier successivi, compreso Conte. Ma la novità è arrivata dalla Commissione europea, che ha presentato il piano Rearm Europe - poi ha cambiato parzialmente nome in “Readiness”, cioè prontezza, dopo le critiche arrivate proprio sul lessico usato - da realizzare entro il 2030. Che la priorità dell’Ue fosse la Difesa, lo aveva detto Ursula von der Leyen fin dal suo insediamento per il secondo mandato alla guida della Commissione europea.


Ora si sta discutendo su come finanziare il piano, in parte facendo nuovo debito pubblico e superando gli attuali vincoli di bilancio, in parte con investimenti privati. Ma il Consiglio europeo di marzo ha già dato il via libera al piano della Commisione Ue, senza passare dal Parlamento europeo (lo prevede, in caso di emergenze, l’articolo 122 del trattato sul funzionamento dell’Ue). Invece al Parlamento italiano ci sarà una discussione - non vincolante - sul tema nel mese di aprile. Alcuni partiti di opposizione hanno presentato infatti delle mozioni a riguardo. I 5 stelle ad esempio chiedono di interrompere il sostegno al piano di von der Leyen, Azione di Calenda l’opposto. Anche gli altri partiti presenteranno probabilmente le loro mozioni, rendendo sempre più evidenti le differenze in politica estera, soprattutto all’interno dell’opposizione.

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