Gorizia riconferma l’onorificenza ma ora potrebbe esserci uno stop alle onorificenze conferite da tante amministrazioni in giro per l'Italia. Il motivo? Sarebbe contrarie alla Costituzione

Mussolini cittadino? Ma anche no. Ora un ricorso potrebbe mettere in crisi i titoli elargiti da tutti i Comuni

Lunedì 11 novembre 2024, municipio di Gorizia: Rodolfo Zibena è un fiume in piena. Quei due consiglieri comunali dell’opposizione, dice il sindaco, sono ispirati dalla stessa furia iconoclasta che nel 2001 spinse i talebani in Afghanistan a distruggere le statue dei Buddha. Qualcuno gli fa notare che il paragone forse non è appropriato, ma lui niente, va avanti. E giù, il sindaco, a «evocare altri non meno abominevoli scempi». Senza arrivare, bontà sua, «alla distruzione della famosa biblioteca di Alessandria», ecco che Zibena sfodera un ardito parallelo con il rogo dei libri nel regime nazista a riprova del fatto che «ritornano sempre le stesse imprese delinquenziali, gli stessi fanatismi, le stesse ignoranze». Come in America, dove c’è chi definisce «Cristoforo Colombo usurpatore in terra straniera», ovunque si diffonde il virus della «damnatio memoriae» che colpì «Nerone, Domiziano, Geta e Commodo», cui «stiamo assistendo con questa mozione». Una condanna, insiste il sindaco di Gorizia, «con la quale generalmente si prevedevano l’eliminazione delle immagini, l’abbattimento di statue e monumenti onorari, lo sfregio dei ritratti presenti sulle monete, sulle statue, fregi, erosione del nome proprio nelle iscrizioni, annullamento degli atti, la distruzione della casa, il divieto per i componenti della famiglia di usare prenomen cognomen eccetera...»

 

Ma che cosa ha potuto indurre il mito Zibena a infervorarsi talmente in una requisitoria contro gli oltraggi alle tracce della storia? Forse la proposta di tirare giù una statua, fare terra bruciata di un archivio, sbianchettare l’album fotografico comunale, o addirittura cambiare i nomi delle persone e dei luoghi, come fece il fascismo nelle terre annesse al Regno d’Italia dopo la Grande guerra? Niente affatto. La mozione che l’ha fatto così imbufalire chiede soltanto di revocare la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini, che resiste dal 1924. Quando, in ossequio alla circolare dell’allora sottosegretario alla presidenza Giacomo Acerbo, autore della indecente legge elettorale capace di spalancare la strada alla dittatura fascista, i Comuni italiani furono indotti a omaggiare il duce con il conferimento della cittadinanza. La mozione è stata presentata tre mesi prima, il 12 agosto. Ma viene discussa soltanto adesso.

 

Alla fine del torrenziale intervento del sindaco, si vota. E il consiglio comunale respinge, con 21 voti contro 11. Esulta la maggioranza di destra, s’indigna la minoranza di sinistra. La città italiana, fino a qualche anno fa separata come Berlino con un muro dalla propria metà, la slovena Nova Gorica, conferma così l’onorificenza al dittatore che precipitò il Paese nella tragedia della guerra e responsabile, di conseguenza, anche di quel muro.

 

E da qualunque punto di vista la sia osservi, per inaugurare il 2025 non ci poteva essere decisione più controversa. Questo è l’anno in cui Gorizia e Nova Gorica, per la prima volta due città di due Stati, hanno ottenuto il prestigioso riconoscimento di capitale europea della cultura, che fa definitivamente svanire le ultime tracce di quel muro. Esattamente come sostiene anche un ricorso al Tar presentato alla fine di maggio dall’avvocato Michele Franciaviglia per alcuni cittadini e un’associazione goriziana, sulla base di un lavoro condotto con il professore di diritto costituzionale all’Università della Tuscia Alessandro Sterpa e una intuizione giuridica di Ana Stanic, avvocata del foro londinese nata a Belgrado ma con radici slovene e un profondo legame affettivo con Gorizia. Suo nonno finì a Dachau e suo padre Stane Stanic, ministro del primo governo democratico sloveno, è stato l’organizzatore del referendum per l’indipendenza della Slovenia.

 

Se fosse approvato, sostengono i suoi ideatori, quel ricorso costituirebbe un precedente tale da mettere in imbarazzo non soltanto chi ha confermato l’onorificenza a Mussolini, ma tutte le amministrazioni comunali (e ce ne sono molte) dove il capo del fascismo figura ancora cittadino onorario.

 

Il fatto è che mentre esiste una legge (del 1927) che disciplina con precise procedure l’attribuzione di un toponimo, cioè l’intitolazione a qualcuno di una strada o una piazza, per la concessione della cittadinanza onoraria non esiste un criterio generale. La questione è rimessa semplicemente ai regolamenti comunali. Ma ciò non significa che non ci siano argomentazioni giuridiche in grado di superarne l’efficacia. Esiste, per esempio, la possibilità per il Tar e il Consiglio di Stato di sentenziare l’illegittimità di un provvedimento in contrasto con la Costituzione: possibilità aperta da una sentenza della stessa Corte costituzionale emessa all’inizio del 2018.

 

E il ricorso punta esattamente a questo, con un’argomentazione difficilmente contestabile dal punto di vista giuridico, oltre che storico. Cioè che la figura di Mussolini è antitetica ai valori della nostra Costituzione. Il rigetto della revoca del provvedimento onorifico del 1924 per indegnità del suo destinatario, violerebbe quindi i principi giuridici della Carta costituzionale italiana, ma anche di quelli delle Costituzioni europee. E qui arriva un’altra bordata imparabile.

 

Non abolire l’onorificenza data al capo del fascismo nel 1924, è la contestazione ulteriore avanzata nel ricorso, è uno schiaffo al prestigio del Comune e all’immagine dei suoi cittadini anche e soprattutto a livello europeo, dopo che Gorizia è diventata nel 2025 capitale europea della cultura. Una capitale della cultura che a ottant’anni dalla fine della più grande tragedia della storia umana continua a onorarne uno dei principali responsabili. Accettabile?

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