Politica
18 luglio, 2025La segretaria dem ha evitato prese di posizioni pubbliche dopo la bufera giudiziaria. Per ora il Pd sceglie di far quadrato attorno al sindaco. La premier si sfila dal coro che chiede un passo indietro del primo cittadino. Ieri la protesta di Lega e Fratelli d'Italia a Palazzo Marino
Chi gli sta vicino l’ha descritto come molto provato e in lacrime mentre ieri – 17 luglio – incontrava i suoi assessori per studiare insieme le prossime mosse. Con l’indagine sull’urbanistica che ora tocca anche Beppe Sala, intorno al sindaco di Milano aumentano le tensioni e le pressioni politiche affinché faccia un passo indietro. Il Partito democratico, dopo qualche ora di tentennamento, ha scelto di fare quadrato intorno al suo primo cittadino (Sala non ha la tessera del Pd, ma è capo di una squadra a trazione dem). Ieri la segretaria Elly Schlein – che nelle prime ore aveva evitato di fare dichiarazioni pubbliche – ha avuto un colloquio telefonico di circa mezz’ora con Sala in cui ha espresso la propria “vicinanza” e “solidarietà”.
Anche il Pd locale ha mostrato “sostegno al lavoro del sindaco”, come ha dichiarato la segretaria regionale Silvia Roggiani. Ma poco dopo aver fatto visita al primo cittadino, ieri il capogruppo del Pd in regione, Piefrancesco Majorino, ritenuto per molti aspetti l’altra faccia del centrosinistra lombardo, ha ribadito sì che “il sindaco Sala e la sua giunta (…) devono poter proseguire il proprio mandato operando per il bene della città”, ma – ha aggiunto – imprimendo una svolta nel campo urbanistico”, un “voltare pagina migliorando alcune scelte compiute”.
Per Meloni, Sala non si deve dimittere
Se nel centrosinistra ci sono diversi distinguo – con l’ala più centrista di Renzi e Calenda al fianco di Sala, e Avs e M5s invece molto critici –, dinamica simile si ritrova nel centrodestra. Sempre ieri, Giorgia Meloni si è sfilata dal coro che chiede la testa del sindaco: “Decida se dimettersi sulla base della sua capacità di governare al meglio in questo scenario”, ha detto in un’intervista al Tg1, e ha aggiunto: “Io non cambio posizione in base al colore politico degli indagati”. “La mia posizione è quella che ho sempre su questi casi: penso che la magistratura debba fare il suo corso”, ha precisato. E poi: “Io non sono mai stata convinta che un avviso di garanzia porti l’automatismo delle dimissioni”.
La protesta di FdI e Lega
Ma i partiti di opposizioni ci si sta muovendo in ordine sparso. Ieri i consiglieri comunali di Fratelli d’Italia e Lega a Palazzo Marino hanno inscenato una protesta, fuori e dentro l’Aula, per chiedere il passo indietro di sindaco e Giunta; coro a cui non si è associata Forza Italia, che finora ha scelto una linea più prudente. A Milano – non è un elemento secondario – tra due anni si vota, e il centrodestra ha già iniziato a preparare il terreno per provare a riconquistare la città dopo anni a guida centrosinistra. Anche per questo, il presidente del Senato Ignazio La Russa, volto principale di Fratelli d’Italia nel capoluogo lombardo, ha parlato di una giunta “che ha dimostrato di non essere adeguata, e non solo per questo episodio”. Stessa linea seguita anche da Matteo Salvini. A sfilare dal coro degli anti-Sala ieri è stato anche il ministro della Difesa Guido Crosetto, secondo cui a “Milano una parte della magistratura inquirente ha anche deciso di sostituirsi al legislatore”.
Sala in Aula e gli interrogatori in garanzia
Intanto si aspetta che arrivi lunedì 23 luglio, giorno da cerchiare sul calendario per capire il prosieguo della bufera giudiziaria e politica che ha travolto Milano. In tribunale si terranno infatti gli interrogatori di garanzia degli indagati, dall’assessore all’urbanistica Giancarlo Tancredi al re del mattone Manfredi Catella, dopo i quali il gip Mattia Fiorentino deciderà se accordare o meno le richieste di misure cautelari del pool di magistrati guidato da Tiziana Siciliano. Non lontano da Palazzo di Giustizia, a Palazzo Marino Beppe Sala sarà in Aula per difendersi dalle accuse. Non solo politiche.
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