Sostenibilità
24 marzo, 2025

L'ambiente è mio e lo salvo io

La lotta in difesa del Pianeta perde il suo carattere collettivo e vira verso l’individualismo. Una tendenza che sembra inarrestabile. E si rafforza grazie alla politica, in Italia come negli Usa. Ma rischia di essere dannosa

Se hai l’impressione che stia succedendo qualcosa, che stia cambiando un trend, che stia nascendo una nouvelle vague, puoi star sicuro che qualcuno se ne è accorto prima di te: una filosofa francese, o un’agenzia di pubblicità italiana. In questo caso la nuova tendenza è l’ambientalismo individualista, quello di chi non vuole più combattere l’inquinamento globale ma costruire un ambiente pulito intorno a sé, qui e ora: un trend sempre più evidente nell’editoria di settore o nei programmi di kermesse come il Festival del verde e del paesaggio in arrivo al Parco della Musica di Roma. La filosofa si chiama Aude Vidal e il suo libro più recente si intitola “Egologia: ecologia, individualismo e cosa alla felicità” (Edizioni Malamente). L’agenzia è la Superhumans, quella che ha firmato la grande campagna pubblicitaria del governo Meloni. Il claim? «Non ti chiediamo di salvare il Pianeta, ma il tuo mondo sì». Per spiegarlo con le parole di Vidal, «se vogliamo cambiare le cose ora, dobbiamo ritenerci soddisfatti di cambiare ciò che può essere cambiato, ovvero l’ambiente a noi più prossimo o semplicemente noi stessi».

 

C’è una differenza, naturalmente. Il saggio della filosofa francese è un atto d’accusa pungente: le “buone pratiche” del singolo eco-cittadino rassicurano chi le realizza ma si accontentano del benessere personale, si illudono che sia possibile un «cambiamento senza conflittualità» nel quadro dell’individualismo neoliberista, e rinunciano a chiedere alle istituzioni di portare avanti politiche ambientali degne di questo nome. Tutt’altro tono quello della campagna del Mase, il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (o dell’Ambiente Senza Esagerare, come dicono i maligni). Lo spot rilancia le buone, vecchie pratiche ecologiste come la raccolta differenziata, andare in bicicletta, comprare a chilometro zero. Ogni azione avviene su una “zolla” separata che si avvicina alle altre per comporre un disegno: lo scopo della campagna, ha spiegato il ministro Gilberto Pichetto Fratin, è «generare un consenso così largo da farsi cultura, coinvolgendo i cittadini in un circolo virtuoso di emulazione delle buone pratiche».

 

L’accento però è sull’individuo, non sull’insieme: chi ricorda la marea di giovani dei primi Fridays for Future non può non accorgersi di quanto sia cambiata la musica. «È un tema che nella mia comunità, tra gli scienziati che studiano l’interfaccia tra ecologia e psicologia, abbiamo notato da tempo», conferma Giuseppe Barbiero, che insegna ecopsicologia all'Università della Valle d'Aosta. «Si spiega perché in un momento storico e politico come questo, in cui l'altruismo non è un valore importante, quello che Eric Fromm chiamava “biofilia”, cioè l’amore per la vita in tutte le sue forme, venga espresso in maniera egocentrica».

 

Questo non vuol dire che l’interesse per l’ambiente sia diminuito, anzi. La tendenza che unisce individualismo e ambientalismo ha successo, e lo si vede dovunque. L’aspetto più clamoroso è il boom delle vendite nel comparto green, quello che dà più facilmente l’impressione di avere una natura incontaminata a portata di mano. Il filo che lega ambientalismo, soddisfazione personale e benessere è evidente se si scorre il programma del Festival del verde e del paesaggio, in arrivo dal 4 al 6 aprile: lezioni di “slowgardening” per «ritrovare il benessere attraverso la natura»; introduzione al “Forest bathing”, il contatto con gli alberi che aiuta il corpo e lo spirito; consigli di “design biofilico”, che usa giardini verticali, pareti vegetali e spazi verdi per ridurre lo stress in casa e in ufficio.

 

«Non si vuole vedere che tutto è collegato», commenta Federica Cane, che lavora per le Asl romane come ortoterapeuta, «termine barbaro che indica il mio ruolo di “passerella” tra mondo vegetale e persone», per esempio curando un orto insieme a ragazzi con disabilità o pazienti psichiatrici. «Posso fare yoga, meditare, abbracciare gli alberi, ma se non cambia la struttura di mercato il mio cibo biologico continueranno a coltivarlo gli schiavi delle Pianura Pontina».

 

Certo la speranza che il comportamento del singolo serva anche alla collettività c’è. Non si è persa del tutto l’eco del monito di Greta Thunberg, “Nessuno è troppo piccolo per fare la differenza”, come suonava il titolo del suo libro del 2019. Una certezza rilanciata da una scuola di pensiero che richiama la “complementarità”, cioè l’importanza degli effetti che anche un piccolo “buon esempio” di un singolo – diventare vegani, smettere di usare l’aereo – ha sulla sua cerchia di amici e conoscenti. Lo hanno teorizzato, richiamandosi al concetto di “ubuntu” («il senso profondo dell'essere umani solo attraverso l'umanità degli altri» secondo Nelson Mandela), filosofi africani come Jonathan Chimakonam e Aïda Terblanché-Greeff

 

Dagli Stati Uniti però arriva una ventata che va in tutt’altra direzione. Reed Hastings, cofondatore di Netflix, ha annunciato di aver comprato un intero resort sulle montagne dello Utah per trasformarlo in una oasi innevata per super ricchi. Solo i proprietari dei costosissimi appartamenti potranno sciare sulle piste del comprensorio, e questo servirà ad allungare la vita della poca neve che sfugge al riscaldamento globale: una pista dura di più se a sciarci sono solo dieci milionari invece che diecimila acquirenti dello skipass giornaliero. 

 

Un messaggio altrettanto egoista arriva da New York. Dove il nuovo status symbol per gli appartamenti è l’aria perfetta: l’aria esterna viene filtrata, disinfettata con raggi ultravioletti che uccidono il 99,9 per cento dei germi, e cambiata ogni ora. Questo naturalmente comporta finestre sigillate, con telai tripli e vetri quadrupli. Una difesa non solo contro emissioni di automobili, riscaldamento e ciminiere, ma anche contro il fumo e la cenere degli incendi estivi. Il riscaldamento globale rende i roghi sempre più frequenti e se l’amministrazione Trump rinuncia ufficialmente a combatterlo è evidente che l’unica soluzione è chiudere le finestre non come strategia d’emergenza, ma per sempre.

 

Funzionerà? «Pensavamo di poter restare sani in un mondo malato», ha scritto Papa Francesco durante la pandemia da covid. Sarebbe d’accordo Ezra Bayda, autore di “Essere Zen” (Ubaldini), in cui racconta del suo tentativo di costruire un’oasi pulita in un mondo che non lo era affatto. Negli anni Sessanta il libro “Primavera silenziosa” di Rachel Carson (ristampato recentemente da Feltrinelli), un’arringa contro insetticidi pericolosi come il Ddt, spinse molte persone a cercare una vita a diretto contatto con la natura e ad affidarsi all’autoproduzione di cibo biologico. Lo fecero anche Bayda e sua moglie, che però dieci anni dopo si ammalarono della stessa malattia autoimmune e scoprirono che sotto il giardino era stato sepolto del Ddt. Certo, oggi è diverso, Elon Musk ha la soluzione pronta: colonie su Marte per salvare i ricchi dal disastrato Pianeta Terra.

 

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