Rifiuti, oro nero di clan e politici

SCARTI D’ORO Una discarica abusiva. Secondo Legambiente, il traffico illecito di rifiuti in Italia muove circa 8,8 miliardi di euro all’anno
SCARTI D’ORO Una discarica abusiva. Secondo Legambiente, il traffico illecito di rifiuti in Italia muove circa 8,8 miliardi di euro all’anno

Lo smaltimento illegale genera profitti miliardari. Un eldorado in cui si incrociano amministratori e emissari delle cosche. Croazia, Turchia, Lettonia e Asia, le rotte dei carichi

Le recenti inchieste giudiziarie in Italia mostrano come il traffico illecito di rifiuti non faccia cassa solo per le mafie e l’imprenditoria, ma in alcuni casi anche per la politica. Il presidente della Regione Molise, Francesco Roberti di Forza Italia, è stato indagato per corruzione nell’ambito di un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Campobasso, che riguarda il traffico illecito tra la Puglia e il Molise. Secondo le accuse, durante i suoi mandati di sindaco di Termoli e presidente della Provincia di Campobasso, Roberti avrebbe favorito alcune aziende in cambio di assunzioni fittizie e incarichi per la moglie.

 

Ma l’inchiesta che ha coinvolto Roberti non è un caso isolato. Anche in Sardegna, solo qualche settimana prima, il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Gianluigi Rubiu è stato indagato per traffico di rifiuti. L’accusa riguarda lo smaltimento illegale di materiali in impianti non idonei, che da imprenditore gli avrebbe fatto ottenere, sostiene la Procura, un illecito guadagno di oltre 191mila euro.

 

La gestione degli scarti è da tempo diventata un settore strategico per le organizzazioni criminali come camorra, ’ndrangheta, cosa nostra, mafia albanese e foggiana che non sono le uniche protagoniste di questo sistema. La politica e l’imprenditoria svolgono un ruolo fondamentale nel facilitare questo business. Le decisioni delle istituzioni, come le autorizzazioni ambientali e la gestione degli appalti per le discariche e le bonifiche, sono infatti aree vulnerabili alla corruzione, che permettono alle organizzazioni criminali di infiltrarsi e influenzare il settore.

 

Il giro d’affari

 

Secondo il Rapporto Ecomafia 2023 di Legambiente, il business illecito di rifiuti in Italia è un affare che muove circa 8,8 miliardi di euro all’anno. Le aziende che si occupano della gestione degli scarti, costrette a far fronte a ingenti spese per smaltirli, spesso ricorrono a reti criminali per ridurre i costi, affidandosi a sistemi illegali per smaltire materiali pericolosi e inquinanti. Le stime della Commissione Europea parlano di un mercato illecito che, nell’Unione Europea, genera entrate annuali comprese tra i 4 e i 15 miliardi di euro, con un valore medio di 9,5 miliardi. Inoltre, il 30 per cento del traffico totale in Europa è legato a operazioni che non rispettano le norme, che spesso vedono la Turchia come una delle principali destinazioni dei rifiuti smaltiti illegalmente.

 

Recenti indagini hanno portato alla luce il coinvolgimento di reti criminali internazionali. Il 13 febbraio 2025, le autorità croate hanno arrestato 13 persone accusate di aver smaltito illegalmente rifiuti pericolosi provenienti anche dall’Italia. Pure la Spagna è stata al centro di un’operazione simile: a gennaio, la Guardia Civil ha diffuso immagini di rifiuti illegali, dopo aver smantellato un’organizzazione che da anni gestiva questo giro d’affari. Secondo le stime delle autorità spagnole, dal 2021 circa 40mila tonnellate di rifiuti provenienti dall’Italia sono state introdotte clandestinamente nel Paese, per un valore di circa 19 milioni di euro.

 

Il sistema

 

Secondo Claudia Salvestrini, direttrice generale di PolieCo, il Consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti in polietilene, interi container di materiali pericolosi riescono a passare inosservati: «Oggi esiste un vero e proprio “tour dei rifiuti” che attraversa l’intera Italia. Ad esempio, dal porto di Salerno vengono spedite ingenti quantità di rifiuti provenienti da aziende situate in Lombardia, Veneto, Puglia e Sicilia. Nonostante oggi le esportazioni avvengano con documenti ufficiali – che sembrano ineccepibili – e piattaforme apparentemente regolari, esiste un sommerso di traffico illecito che riesce comunque a eludere i controlli delle autorità. Le rotte più trafficate al momento collegano l’Italia alla Grecia, alla Turchia e alla Lettonia, per poi spingersi verso l’Asia, in particolare verso l’Est asiatico. I rifiuti trattati in questi circuiti sono prevalentemente plastici, ma non solo. Il giro d’affari che alimenta questi traffici è enorme. Prendiamo, ad esempio, una piattaforma che ho visitato in Lettonia. L’autorizzazione annuale è stata recentemente aumentata a 150mila tonnellate. Qui, i rifiuti vengono trattati con un costo di 90 euro per tonnellata per il loro trasporto e 130 euro per tonnellata per un processo che dovrebbe infine trasformarli in combustibile. Ma la realtà è che non vengono effettivamente trasformati in carburante, bensì probabilmente vengono smaltiti illegalmente o addirittura sepolti».

 

Ma cosa succede veramente a questi materiali? «Abbiamo il forte sospetto – prosegue Salvestrini - che vengano spediti verso Paesi non europei, come Turchia, Malesia e alcune nazioni africane. In altri casi, i rifiuti vengono sepolti direttamente nei territori stessi. Il sistema è talmente ben mascherato che, una volta completata la parte burocratica, il traffico di rifiuti diventa quasi invisibile agli occhi delle autorità, che farebbero fatica a rintracciare questi flussi illeciti senza un’indagine approfondita.

 

Un altro esempio inquietante si trova a circa quaranta minuti da Salonicco, in Grecia, dove esistono piccole piattaforme che operano senza rispettare le normative previste per gli impianti. Qui, i rifiuti italiani, provenienti da diverse regioni, vengono ammassati e talvolta macinati finemente». 

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