Sostenibilità
22 settembre, 2025Riscaldamento globale, gas serra, ozono e la paradossale necessità di zolfo rilevata da uno studio, alla vigilia della settimana del clima
Nel giorno di apertura della Settimana del clima e dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, sottolineare ancora una volta che i combustibili fossili inquinano l’aria sembra un’ovvietà. I livelli di zolfo hanno raggiunto nel recente passato percentuali preoccupanti, le città sono sempre più cariche di polveri sottili, l’incidenza di malattie respiratorie, cardiovascolari e tumori aumenta a vista d’occhio. Dal 2006, tuttavia, le emissioni globali di zolfo si sono ridotte di circa il 40%. La “virtuosa” Cina ha raggiunto il record di calo del 70%. Ma c’è un però.
Uno studio sintetizzato e semplificato sul New York Times da Zeke Hausfather, ricercatore scientifico alla Berkley Earth e Davide Keith, direttore e fondatore della Climate Systems Engineering Initiative all'Università di Chicago, ha evidenziato che proprio lo zolfo un lato “buono” lo possiede. Riflettendo la luce solare nello spazio, infatti, minuscole particelle dell’elemento chimico hanno paradossalmente protetto la Terra da circa un terzo del riscaldamento causato dalle emissioni umane di anidride carbonica. Volendo dirla in modo diverso, come ha fatto l’Economist, “se l’India soffoca di meno, friggerà di più”.
La presenza dello zolfo, insomma, sembra quindi necessaria per un corretto riequilibrio delle temperature, a patto di accettare i noti effetti negativi della sua massiccia e incontrollata presenza. Vale a dire il continuo e inarrestabile danneggiamento dello strato di ozono, con una maggiore quantità di radiazioni ultraviolette che raggiungono la Terra.
Un dilemma di non poco conto che i due scienziati propongono di affrontare con una soluzione eccentrica e inaspettata. Utilizzare una piccola flotta di aerei ad alta quota per aumentare la quantità di goccioline di acido solforico nell'alta atmosfera e rendere così più riflettente il pianeta. “Poiché lo zolfo è molto più efficace nel raffreddare il pianeta quando è immesso nell'atmosfera superiore rispetto a quello rilasciato nella bassa atmosfera quando bruciamo combustibili fossili – sottolineano Hausfather e Keith - dovremmo aggiungerne molto meno. E per la stessa quantità di raffreddamento prodotta dai combustibili fossili, lo zolfo nell'atmosfera superiore causerebbe un impatto sulla salute almeno 100 volte inferiore”. Un’azione attiva che non è certamente una soluzione definitiva, piuttosto “un cerotto che cura i sintomi del cambiamento climatico, ma non la malattia di fondo dei gas serra”.
A metà strada tra un ottimismo che cerca soluzioni e un pessimismo che fa i conti con la realtà, i due scienziati non fanno troppi giri di parole e ribadiscono ancora una volta che “Anche se il mondo riducesse le emissioni a zero, il pianeta non si raffredderebbe per millenni. L'unico modo duraturo per tornare a temperature più fredde è rimuovere l'eccesso di carbonio che abbiamo già immesso nell’atmosfera”.
Il resto sono solo cure palliative. Senza contare che l’unico obiettivo di fondo realizzabile sarebbe quello di mantenere il raffreddamento totale dovuto allo zolfo pressoché costante per un certo periodo di tempo, riducendo il rischio climatico a breve termine mentre proseguono gli sforzi di decarbonizzazione. Che sono indispensabili. Insomma, tenere gli occhi aperti su più fronti ed evitare l’immagine del gatto che si morde la coda, scongiurando il vero rischio della geoingegneria che “non è una catastrofe in stile hollywoodiano, ma l'autocompiacimento”. Perché “un modo economico per ritardare gli effetti del riscaldamento globale rischia di vanificare la necessità di ridurre rapidamente le emissioni, e seguire questa strada significherebbe intrappolare i nostri figli in una dipendenza in cui persino fermare il processo diventerà troppo costoso da contemplare”.
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