Scaroni e Palenzona. Bono e Moretti. Ponzellini e Passera. Sono solo alcuni degli orfani eccellenti del gran burattinaio delle nomine. Definito da Berlusconi come l'uomo più potente d'Italia. Ma ora rimasto senza protezioni politiche

S’è pure vantato di aver previsto il boom di 5 Stelle e Lega fin dal 2015. Ma Luigi Bisignani rischia lo stesso di dover abbassare la saracinesca della “Ditta”, come tutti chiamano il suo ufficio (ora riceve i clientes tra via Po e l’hotel Flora).
I protettori di Gigi sullo scacchiere (è abile giocatore) del potere sono ormai residuali (Gianni Letta e Denis Verdini) o parcheggiati ai giardinetti (Cesare Geronzi, Lamberto Dini, Tarcisio Bertone). I cellulari dell’entourage di Matteo Renzi (Luca Lotti, conosciuto via Giovanni Malagò, e Francesco Bonifazi) valgono zero. Quello di Max D’Alema, poi, è buono giusto per un mercatino delle pulci.

Assai devoto, ma massone come il papà Renato (lui ha sempre negato), iscritto alla P2 da quando portava i calzoni corti, figlioccio di Giulio Andreotti e definito da Berlusconi (con cui millanta un filo diretto) «l’uomo più potente d’Italia», Gigi è da sempre nel mirino delle procure e di nemici non esattamente innocui (da Franco Bernabè a Giulio Tremonti).

Il “Furetto” (copyright del mitico Alberto Statera), appassionato di cose militari (il suo plenipotenziario per stellette e barbe finte è Ignazio Moncada, ex Sid), lascerebbe orfani più o meno eccellenti: Giuseppe Bono, Fabrizio Palenzona, Paolo Scaroni, Massimo Ponzellini, Pier Francesco Guarguaglini e Mauro Moretti. Ancora: Corrado Passera, Giuseppe Recchi, Salvatore Sardo, Flavio Briatore, Antonio Angelucci e Marco Bassetti. Una parte della variopinta compagnia si ritrovava, almeno per un week end l’anno (nel 2017 in Costa Azzurra), ospite del cognato armatore Manfredi Lefebvre d’Ovidio.

Gigi ha sette vite. Quando è finito ai domiciliari per la P4 sembrava al capolinea. Poi, lasciata la casa romana nascosto in un furgone per sfuggire ai flash, è risorto.

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