Il giornalista della 'Gazzetta di Mantova' Stefano Scansani si è soffermato sul suo giornale sull'espressione 'fora di ball', che rappresenta la linea politica del leader leghista Umberto Bossi sul tema dei migranti.
Ripubblichiamo qui il suo intervento.
L'origine è multietnica, indo-longobarda. Il linguaggio leghista è quindi servito. Il "föra di ball" pronunciato da Bossi in vista degli sbarchi a Lampedusa è degno d'analisi linguistica e semantica, perché è in linea con l'uomo, la carta vetrata e la storia complessa delle parole.
Letteralmente 'föra di ball' con quella 'ö' germanica impronunciabile dai centromeridionali d'Italia, vuol dire 'fuori dalle palle', cioè lontano il più possibile dagli attributi accessori maschili (il lessico leghista è ipervirilista). Perché detti genitali non soltanto per allegoria sono particolarmente esposti e delicati. Rompibili. 'Föra', fuori, deriva dal latino 'foris' e proviene dalla radice indoeuropea 'dhwer-dhur'.
In tedesco vira in 'tur' e in anglosassone in 'door': la porta verso l'esterno. 'Foris' dà origine ad altre parole care alla Lega, come forestiero. 'Balle' invece deriva dal longobardo tale e quale singolare 'balla', che nei nostri dialetti trova derivazioni in 'balòte' e 'balòss'. Nel Mantovano l'imperativo di Bossi verrebbe tradotto in 'föra dle bale' o in 'föra dli bali'. La metafora è molto presente in letteratura. Pigliamo l'esempio di Pavese nel 'Mestiere di vivere', che è lampante e attuale: 'Ne abbiamo le palle piene, dell'amore'.