Visioni
27 settembre, 2025Ottanta fotografie entrano al MUNAF di Cinisello Balsamo raccontando un Paese lontano dalle cartoline. Con I-Talìa, dodici autori del collettivo CESURA attraversano Friuli, Calabria e Sardegna per restituire voci, volti e paesaggi che spesso restano invisibili, trasformando la fotografia in relazione, memoria e responsabilità
C’è un’Italia che non si vede nelle cartoline e che raramente trova spazio nei titoli di giornale. È l’Italia dei margini, dei silenzi, delle feste di paese e delle periferie che non hanno ancora trovato un racconto. A questa Italia CESURA ha dedicato il suo nuovo progetto, I-Talìa: ottanta fotografie che dal 27 settembre entreranno a far parte della collezione permanente del MUNAF, il Museo Nazionale di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo. Un progetto sostenuto da Strategia Fotografia 2024, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, e in collaborazione con il MUNAF.


Non è una mostra pensata per attrarre sguardi distratti, ma un viaggio che chiede tempo. Dodici fotografi hanno attraversato tre regioni – Friuli Venezia Giulia, Calabria, Sardegna – fermandosi non dove tutto è già stato detto, ma dove la vita scorre in modo laterale, lontano dalle retoriche ufficiali. In Friuli si sono mossi Alex Zoboli, Chiara Fossati, Giorgio Dirindin e Marco Durante; in Calabria Andrea Nicotra, Alessandro Sala, Camilla Pedretti e Marco Zanella; in Sardegna Pablo Riccomi, Arianna Arcara, Giorgio Salimeni e Maria Elisa Ferraris. Dodici sguardi che non hanno cercato un filo uniforme, ma che si sono intrecciati in una polifonia di prospettive. Il risultato non è una cronaca, né una sequenza di istantanee folkloristiche. È piuttosto un mosaico in cui la vita quotidiana assume valore politico: i corpi che si muovono durante la Sartiglia di Oristano, le danze arbëreshë delle Vallje calabresi, i volti negli spazi di accoglienza per rifugiati a Trieste, gli adolescenti che si aggirano in una provincia senza promessa, i manifesti dell’attivismo sardo contro l’occupazione militare. Ogni fotografia è un varco: racconta un frammento, ma lascia intuire molto più di quanto mostra.



A muovere tutto è l’idea di residenza circolare, un metodo che CESURA coltiva da anni: vivere nei luoghi, entrare in dialogo con associazioni, scuole, presidi culturali, per evitare l’effetto-reportage calato dall’alto. La fotografia diventa così relazione, presenza, lentezza. Non basta arrivare e scattare: bisogna ascoltare, farsi attraversare. Forse è per questo che le immagini restituiscono una densità rara, fatta di ombre, di spazi vuoti, di gesti minimi.
In fondo, I-Talìa è la conferma della filosofia che accompagna il collettivo fin dalla sua nascita, nel 2008, per iniziativa di Alex Majoli e di un gruppo di giovani autori. “Cesura”, una pausa, un’interruzione: il nome scelto racconta già la volontà di uscire dal flusso della produzione veloce, dal mercato che chiede uniformità. I progetti del collettivo – dalle residenze Photobuster alle pubblicazioni autoprodotte – nascono sempre da questa tensione: sottrarsi alla logica della rappresentazione rapida, restituire complessità.
Il fatto che il MUNAF abbia deciso di accogliere queste ottanta opere non è un dettaglio: significa iscrivere questa narrazione fuori dai circuiti mainstream nel patrimonio pubblico nazionale. È un modo per dire che anche i margini sono centro, che anche i territori dimenticati fanno parte dell’immagine dell’Italia contemporanea. Non solo i monumenti, non solo le città d’arte, ma i volti incontrati a Trieste, Cosenza, Oristano.



Il progetto non si limita all’archivio museale. Intorno a I-Talìa ruotano incontri pubblici, conferenze, attività nelle scuole, la pubblicazione di una fanzine a cura di Cesura Publish. La fotografia non resta chiusa tra le pareti di un’esposizione: esce, si confronta, si fa occasione di educazione allo sguardo. È qui che il lavoro acquista la sua dimensione politica più evidente: non tanto nei soggetti scelti, ma nella possibilità di creare consapevolezza, di spingere chi guarda a interrogarsi sul proprio rapporto con i luoghi, con le comunità, con il tempo che viviamo.
Guardando le immagini di I-Talìa ci si accorge che non sono costruite per stupire. Non c’è il colpo d’occhio, non c’è l’effetto-cartellone. Ci sono piuttosto crepe, contraddizioni, dettagli che obbligano a fermarsi. È la scelta consapevole di un collettivo che, anche dopo quasi vent’anni di attività, continua a credere che la fotografia sia prima di tutto un atto di responsabilità.
E forse è questo il messaggio più forte che arriva da I-Talìa: che raccontare l’Italia oggi significa soprattutto ridare voce a ciò che resta fuori dall’inquadratura.



LEGGI ANCHE
L'E COMMUNITY
Entra nella nostra community Whatsapp
L'edicola
Governati dall'Ia - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso
Il settimanale, da venerdì 26 settembre, è disponibile in edicola e in app