Sì al dialogo ma su tutte le riforme. E senza fissare date di scadenza a Prodi. Il leader democratico detta le condizioni. E sul nuovo partito di Berlusconi: 'Per ora lui ha solo cambiato nome a Forza Italia'. Colloquio con Walter Veltroni. In edicola da venerdì

Il cavalier Berlusconi fonda partiti in piazza, arringa le folle dal tetto di una Mercedes, sbrana gli alleati, spacca le parrocchie di Fini e di Casini. C'è in giro un'aria di bufera isterica. La politica italiana sembra trovarsi a una svolta epocale. Qualcuno giura che sta cominciando la Terza Repubblica. Ma in Campidoglio, Walter Veltroni è sempre se stesso. Cordiale e fermo. Soprattutto nel difendere il governo di Romano Prodi: "Nel 2008 non si andrà a votare. E per il governo non c'è nessuna data di scadenza". Sentiamo che cosa ci dice il leader del Partito democratico.

I boatos, le voci, sostengono che fra lei e Silvio Berlusconi c'è già un accordo sulla legge elettorale e sul voto nel 2008. È nato Berlusvalter o Walteroni?
"Senta, Pansa, dopo Dalemoni non ne inventi un'altra. Non c'è nessun accordo. E nel 2008 non si voterà. Il 2008 sarà l'anno delle riforme: quella elettorale, ma anche quella costituzionale già alla Camera e dei regolamenti parlamentari, pure questa importante".

Eppure si dice che il suo Goffredo Bettini e Gianni Letta si siano già visti e abbiano già trattato.
"Con Letta si vedono in tanti. E con lui ci si parla. Però non abbiamo mai affrontato la questione della legge elettorale e della data del voto".

Adesso Silvio dice di essere pronto al dialogo.
"Bene, è un fatto positivo. Sino a domenica scorsa, nessuno del centrodestra voleva parlare con noi. Erano bloccati, guardavano le nuvole. Persino Fini credeva che le divisioni nell'Unione avrebbero fatto cadere Prodi!".

Lei ha detto che la nascita del Partito del Popolo o delle Libertà è il riconoscimento di una sconfitta. Ma adesso il Cavaliere, con uno strumento nuovo in mano, è più temibile o no?
"Io non sottovaluto Berlusconi. Ha una sua missione e molti soldi. Però un partito può nascere una sola volta per impulso personale. Ma farne nascere un altro tredici anni dopo. Non riesco per ora a vedere una grande capacità espansiva di questo nuovo partito".

Eppure il suo disegno è lucido anche se cinico: distruggere An e l'Udc e mangiarsene una parte.
"Ha fatto anche di peggio. Per esempio, l'operazione Storace ha l'obiettivo di mettere paura a Fini, di obbligarlo ad arrendersi".

In fondo, il Cavaliere e lei vi assomigliate su un punto: la vocazione maggioritaria.
"No. Noi abbiamo unito due partiti, abbiamo portato un mare di gente alle primarie. La sua operazione è tutta diversa. Lui, per ora, ha cambiato il nome a Forza Italia e basta. Ed è anche molto meno moderato, perché insegue la parte più infuriata del paese".

Però è previdente. Si prepara a una campagna elettorale giocata tutta sull'antipolitica e sui parrucconi dei partiti.
"Era più forte nel 1994, quando è sceso in campo. Adesso sta sulla breccia da tredici anni e si candida a premier per la quinta volta!".

Anche Veltroni è un parruccone della sinistra? Lei è in politica da almeno trent'anni.
"Se me lo dicesse Beppe Grillo, lo capirei. Ma lui non può dirlo. Ha fatto il premier per sette anni. E ha avuto molto più potere di me".

A proposito di parrucconi, non pensa che occorra un profondo rinnovamento nel ceto parlamentare?
"Sì, ci vuole. Ma bisogna puntare sulla qualità. Portare in Parlamento una generazione di pubblicitari è stato un rinnovamento? Mi sembra di no. Mi piacerebbe vedere entrare alla Camera e al Senato delle competenze vere. E non della presunta gente nuova che non sa neppure quando è finita la seconda guerra mondiale, come abbiamo visto in tivù. O pensa che John Kennedy sia morto per un'influenza. Ma anche nel Parlamento di oggi ci sono tante qualità. Ci sono dei Gattuso e dei Totti che lavorano a testa bassa e neanche li conosciamo".

La Casa delle Libertà è morta. Ma Berlusconi è ben vivo. Perché le tante sinistre continuano a prenderlo sottogamba?
"Per la verità, la sinistra parla solo di lui. È ossessionata da lui. È da tredici anni che parliamo soltanto di Berlusconi e dei comunisti. Invece dovremmo parlare di quello che la gente dice nelle case: precarietà, sicurezza, tasse. Dobbiamo avere l'umiltà di capire che la nostra funzione è questa. Bisogna sì andare 'Porta a porta', ma a quelle delle famiglie. Comunque, da Torino in poi, il Cavaliere non l'ho mai citato nei miei discorsi".

Veniamo alla legge elettorale. Berlusconi si è pronunciato per il sistema tedesco: proporzionale pura con sbarramento al cinque per cento. Sta bene anche a lei?
"Non del tutto. Dobbiamo costruire un nuovo bipolarismo, guai a farne a meno. Il sistema tedesco va bene, ma nella sua ispirazione di fondo. Bisogna introdurre dei correttivi, che rafforzino in Parlamento i partiti più rappresentativi. In Germania quel sistema funziona perché i due partiti maggiori hanno già il 35 per cento di voti ciascuno".

Ma si farà mai un nuova legge elettorale? O il sistema è talmente ossificato, ingessato, che non produrrà nulla?
"È difficile rispondere alla sua domanda. Oggi il terremoto è così forte da impedire ogni previsione. Ma se non precipitiamo nelle elezioni anticipate nella prima metà del 2008, e farò di tutto per evitare che accada, siamo nella felice condizione di varare insieme le tre riforme che ci siamo già detti. Se Berlusconi non ci vuole stare, deve spiegarlo al Parlamento e al paese".

È vero che a lei e al Cavaliere conviene arrivare al referendum sulla legge elettorale?
"No. A me conviene lo scenario delle tre riforme. Serve per avere un vincitore certo e dopo per governare. Oggi il sistema scricchiola in modo spaventoso. Cercare soluzioni semplificate aumenta la crisi e avvicina il collasso".

Lei insiste sulla vocazione maggioritaria del Partito democratico. Ma nel 2006 l'Ulivo ha ottenuto soltanto il 31,3 per cento dei voti. Per avvicinarsi al 50 per cento, occorrono almeno sei milioni di elettori in più. È un'impresa titanica.
"Ma no! Quando dico vocazione maggioritaria non penso al 51 per cento dei voti. Penso a un programma che punti a conquistare il governo. E poi stia attento: i flussi elettorali sono molto più veloci e forti di quel che pensiamo. L'opinione pubblica ha una grande mobilità. Giudica l'offerta. Valuta il leader. L'elettorato di appartenenza va diminuendo. Quindi avere un grosso risultato elettorale è possibile. A condizione di essere quello che si è deciso di essere. Me lo dicono i voti che ho ricevuto nelle primarie".

Lei pensa di poter vincere, ma in Italia soffia un vento di centrodestra. Lo segnalano dei sintomi: le elezioni dei magistrati e quelle degli studenti universitari.
"Lo vedo anch'io. E le dirò di più: quel vento soffia in tutta Europa. In Francia, Belgio, Danimarca, Grecia. In Germania e in Austria si sono dovute fare grandi coalizioni. Il vento tira a destra per un grande problema irrisolto: la sicurezza. Che vuol dire anche sicurezza sociale, per esempio contro la precarietà. Perché da noi dovrebbe essere diverso?".

Ma allora non c'è il rischio che molti elettori del centrosinistra si spostino sul centrodestra?
"Certo che c'è. È già accaduto nella campagna elettorale del 2006. Ricorda la discussione sulla tassa di successione? Le sinistre sparavano cifre sempre diverse, come Nanni Moretti in 'Ecce bombo'. Abbiamo perso una montagna di voti. E siamo riusciti a vincere per un pelo".

Oggi rischiate la sconfitta sulle tasse.
"Succede perché non affermiamo il principio giusto: pagare di meno e pagare tutti. Si continua a dire il contrario: pagare tutti per pagare di meno. Ci sono troppe tasse. Non è di destra dirlo. Lo stesso vale per la sicurezza. Quando ho spiegato che la sicurezza non è di destra né di sinistra, Piero Sansonetti su 'Liberazione' mi ha dato del fascista! Invece la sicurezza deve diventare il tema centrale della sinistra".

Forse anche i politici di sinistra dovrebbero ridurre le loro scorte. E consentire che gli agenti e i carabinieri vadano sul territorio.
"Sono assolutamente d'accordo. Bisogna limitare al massimo soprattutto le scorte sotto casa".

Molti pensano che il Partito democratico cercherà un'alleanza diversa da quella che oggi regge, malamente, il governo Prodi.
"Sì. Siamo stati il primo partito che avuto il coraggio di dire che il re è nudo. Ossia che è sbagliato fare un'alleanza contro qualcuno. E farla prima del programma. Noi seguiremo la strada opposta. Quella di indicare al paese le cose fondamentali da fare, per garantire cinque anni di serenità. E soltanto dopo cercare chi è disposto a realizzarle con noi".

Oliviero Diliberto, il leader dei Comunisti Italiani, l'ha già avvisata: "Senza di noi, non governerete". È una minaccia a vuoto?
"Sono parole. Dobbiamo arrivare alla fine della legislatura con questa alleanza. Poi vedremo se Diliberto, e altri come lui, ci staranno o no al nostro programma".

Come alleato è meglio Bertinotti o Casini?
"Ma parliamo sempre e soltanto di schieramenti! Allora le rispondo così: il miglior alleato sarà quello che lavora per la crescita economica e per la coesione sociale del paese".

Per avere più sicurezza, meno tasse, maggior crescita economica e coesione sociale, l'Italia ha bisogno di un decisionismo rinnovatore. E di leader capaci di attuarlo. Ho scritto in un Bestiario che Veltroni dovrà cercare di essere un leader monocratico, un uomo solo al comando. Senza gli intralci che oggi vengono dai gruppi dirigenti di tanti partiti.
"La democrazia deve avere una grande capacità di decisione. La paura del decisionismo è un tabù che va rimosso, altrimenti qualunque sistema salta per aria. È vero: l'Italia ha bisogno di più decisione democratica. Il Partito democratico sarà capace di decidere. Poi sono una persona ragionevole. E so che l'esercizio della leadership non è mai un esercizio solitario. È giusto ascoltare gli altri. E io avrò il mio ruolo nella decisione finale. È il mandato che ho ricevuto".

Qualcuno ritiene che lei sarà non soltanto decisionista, ma autoritario. Anna Serafini, parlamentare e moglie di Piero Fassino, ha detto che nel Partito Democratico chi la pensa in modo difforme dal vertice rischia di subire "una pulizia etnica".
"È esattamente il contrario. Io lavoro in squadra e non chiedo a nessuno da dove viene, ma solo dove vuole andare. Il Partito democratico non farà mai pulizie etniche".

Lei ha il favore dei media più importanti, a cominciare dai due quotidiani più forti, il 'Corriere della sera' e 'la Repubblica'. Per un partito e un leader sono decisivi i media, a cominciare da quelli televisivi?
"No. Sono assolutamente convinto della limitata capacità di influenza dei media sull'opinione pubblica. Oggi c'è la Rete, c'è Internet. Su cento giovani, novantotto stanno sul computer e solo due, se va bene, leggono i giornali. Sta crescendo una generazione che non dipende dai media. La politica ha sbagliato nel credere che la società fosse quella raccontata dai giornali e non quella reale. La gente vera dice: mia cognata mi ha detto che. Non dice mai: Pansa mi ha detto che.".

Quale sarà la struttura mediatica del Partito democratico?
"Ci sarà un grande portale web. Poi un canale tivù sul satellite. Infine un quotidiano stampato. Ma non sappiamo ancora come sarà e quale sarà. Mi dispiace per un giornalista con i capelli bianchi come lei, però siamo sempre in meno a leggere la carta stampata. Il tempo per farlo non c'è".

Tornando da dove siamo partiti, la mossa di Berlusconi accorcia la vita del governo Prodi o l'allunga?
"Ad allungare la vita a Prodi è stata l'azione del suo governo e il voto positivo sulla legge finanziaria. E a questo proposito voglio dire con estrema chiarezza una cosa: non tratterò con Berlusconi nessuna legge elettorale che preveda una data di scadenza per il governo Prodi. Non lo farò mai. Il governo deve poter lavorare sino al 2011".

Ma il governo potrebbe cadere per un incidente al Senato. Per esempio sul protocollo del welfare e sulle pensioni.
"Bisogna lavorare perché non succeda".

E se invece accadesse?
"Non voglio nemmeno prendere in considerazione questa eventualità. Sarebbe una vittoria differita di Berlusconi. E un disastro per l'Italia andare a votare con la legge elettorale in vigore. È un'ipotesi che rifiuto".

Un'ultima domanda. Per quanto tempo ancora farà il sindaco di Roma?
"Fino a quando non sarà incompatibile con un altro incarico istituzionale. Invece posso fare il sindaco pur avendo una responsabilità politica, come quella di segretario del Partito democratico".

Significa che se dovrà candidarsi a premier del governo si dimetterà subito?
"Sì. Me ne andrei dal Campidoglio prima del voto".

Bene, caro Veltroni. L'ho vista tranquillo e di ottimo umore.
"Sono uno di buon carattere. Se non avessi questa fortuna, con la vita che faccio sarei già andato in tilt".