Con lui si confidavano tutti. Lo faceva Giuliano Tavaroli, affranto perché nel maggio del 2005, quando i carabinieri gli avevano perquisito casa e ufficio, non aveva "ricevuto nemmeno una telefonata da Marco Tronchetti Provera". Lo faceva l'ex capo del controspionaggio Marco Mancini, in carcere da due mesi, che nei primi anni '90 "chiese che cosa ne pensassi dei servizi segreti e mi invitò (inutilmente, ndr) a collaborare con il Sismi". Lo faceva anche Fabio Ghioni, l'ex capo della sicurezza informatica di Telecom arrestato in gennaio, che gli spiegava come tra Tavaroli e Giancarlo Valente, il gestore del Fondo del Presidente con cui, secondo i pm, sono state retribuite molte operazioni d'intelligence della compagnia telefonica, non corresse buon sangue. Secondo Ghioni c'era infatti "una particolare vicinanza di Valente a Tronchetti", forse dovuta al fatto che "Valente aveva aiutato Tronchetti a reperire le prove" sul comportamento di un suo ex famigliare.
Si chiama Sandro Marzi, è nato in provincia di Novara e conosce Giuliano Tavaroli da "metà degli anni '80", il supertestimone che dal 2 febbraio sta svelando alla Procura di Milano tutti i segreti degli uomini della sicurezza Telecom: dai conti alle fiduciarie estere, arrivando sino alle loro ambizioni nascoste e ai rapporti di tipo politico-economico. Marzi è un manager di lungo corso. È stato presidente della Italtel Sistemi, ha lavorato in Russia per la Tecnosistemi spa, è stato ai vertici del gruppo veronese della Riello. A partire dal 2002 si è occupato di 'sviluppo mercati', collaborando con Telecom e Pirelli, diventando così anche il gestore del denaro che Ghioni aveva nascosto in Svizzera. Soldi che provenivano dai fornitori ai quali il capo del Tiger team aveva l'abitudine di chiedere una sorta di tangente.
Nella sua prima deposizione davanti al pm milanese Stefano Civardi, che 'L'espresso' ha potuto leggere, l'uomo d'affari spiega di essere entrato in confidenza con tutti i più stretti collaboratori di Tavaroli, in occasione di un viaggio in Cina nel 2004. "Tavaroli", spiega Marzi, "mi disse che Telecom era interessata a trovare fornitori per la Security da mettere in competizione con quelli tradizionali. E mi disse altresì che erano interessati, nel caso si fosse trovato un piccolo fornitore, ad acquistarlo in toto". Non però direttamente tramite Telecom, ma attraverso un fondo "Mycube, specializzato in partecipazioni in società di high tech (...) di cui il responsabile era Gianluca Braggiotti". Ovvero il figlio dell'ex numero uno della Comit Enrico Braggiotti, da tempo residente a Montecarlo dove è stato a lungo latitante ai tempi di Tangentopoli. Tavaroli ci tiene a fare bella figura con lui perché sa che è particolarmente legato ai vertici dell'azienda. Racconta Marzi: "Ho assistito a una discussione sul punto. Tavaroli rimproverava a Ghioni di vedere solo l'aspetto tecnico e di non comprendere quanto importante fosse il rapporto della famiglia Braggiotti con Tronchetti Provera". Non solo Gianluca, ma soprattutto suo fratello Gerardo, banchiere d'affari che è ormai una presenza fissa come consulente nelle operazioni del gruppo Pirelli-Telecom. Anna Gatti, una delle dirigenti di Mycube, va in Cina con Marzi e un drappello di uomini Telecom: Marco Bavazzano, Fulvio Farace, Ghioni e il suo inseparabile amico e socio Roberto Preatoni. Tra di loro si parla di tutto. Preatoni racconta che ha aperto in Estonia molte società di sicurezza e anche un sito , Zone H, ufficialmente specializzato in hacking etico. E spiega anche come in realtà la sua organizzazione fosse una sorta di internazionale degli hacker.
"Preatoni", dice Marzi il 5 febbraio al magistrato, "mi descrisse l'operatività di zone H. Mi disse che vi era una vera e propria organizzazione piramidale, dove le imprese dei giovani hacker venivano controllate e certificate da capi zona. L'organizzazione non aveva fini di lucro, ma si preoccupava di soccorrere i giovani che avevano problemi con la giustizia per la loro attività di hackeraggio. In particolare, quando ero a Tallin (sede delle societa di Preatoni, ndr), lui stava supportando dal punto di vista legale un ragazzo italiano che aveva avuto dei problemi. Preatoni pagava le spese legali".
Stando al suo racconto, Marzi diventa una sorta di consulente a tutto campo per il gruppo degli spioni targati Telecom. I motivi di tanta fiducia non emergono però con chiarezza dalle sue parole. Fatto sta che a un certo punto anche Preatoni gli chiede una mano per creare una sorta di super-gruppo tra una serie di società di sicurezza informatica. Il progetto non va in porto, ma Marzi si rende conto (dice lui) che dietro al super-esperto di computer, si muove suo padre, il finanziere Ernesto Preatoni, noto in Italia più che altro per essere stato il creatore di Sharm El Sheik. "Il progetto", spiega Marzi, "fu coltivato dall'estate del 2005 fino alla fine del 2005. Roberto Preatoni a un certo punto però interpose il necessario intervento di suo padre. In questo modo fui tagliato fuori, ma non mi pare che in ogni caso abbia avuto seguito".
Hanno seguito invece le operazioni di movimentazione di fondi all'estero per conto di Ghioni. Marzi mette a disposizione i propri conti all'Ubs di Zurigo e le proprie società, controllate tramite la fiduciaria svizzera Fidinam, per nascondere decine di migliaia di euro che Ghioni riceve come commissione da aziende scelte come fornitrici da Telecom. "Ghioni", afferma, "mi chiese se lo potevo aiutare a ricevere degli incassi all'estero per consulenze da lui svolte (...) io non avevo interesse a contrariarlo, inoltre mi aveva rappresentato che l'esigenza era momentanea (...) gli consigliai di aprire un conto all'Ubs di Lugano". Da quel momento in poi la M&A di Marzi (una società off shore) viene utilizzata per incassare le fatture del responsabile della sicurezza informatica di Telecom. Nel giro di pochi mesi arrivano poco meno di 300 mila euro e transitano per il conto Mao 887418 di Marzi, dopo essere stati "ulteriormente filtrati da un conto della società Trumaco con sede, mi pare, nei Caraibi". Parte del denaro arriva anche dall'ex collaboratore del Sisde Marco Bernardini, una delle gole profonde dell'inchiesta.
Oggi tutta la documentazione relativa a quei conti, riportata in Italia da Marzi, è in mano alla Procura, che vuole anche capire se l'altro denaro passato per le sue società, molti milioni di euro, sia estraneo a Telecom, come sostiene il manager, o abbia invece qualcosa a che fare con l'inchiesta sugli spioni. Marzi in ogni caso non si muove a costo zero: trattiene per ogni operazione effettuata per conto di Ghioni il 10 per cento degli importi. Si vede continuamente con il giovane manager Telecom che non manca di riferirgli perfino i pettegolezzi che circolavano in azienda. Come per esempio, dice Marzi, i presunti "disaccordi tra Tronchetti e Bondi (Enrico, amministratore delegato di Telecom tra il 2001 e il 2002, ndr) sull'uso del jet presidenziale da parte di Afef per lo shopping a New York". Grazie al legame sempre più stretto con Ghioni, l'onnipresente Marzi diventa anche un testimone indiretto dei mesi che hanno preceduto il suicidio di Adamo Bove, il responsabile della sicurezza Tim, morto a Napoli nel luglio del 2006. Secondo il suo racconto, quando Tavaroli, finito sotto inchiesta, era stato costretto a farsi da parte, Ghioni era "rimasto deluso" per non essere stato nominato suo successore: "A un certo punto dovette cominciare a riferire a Bove con il quale non si trovava affatto bene (...). Il suo umore cambiò quando ricevette un incarico nell'ambito dell'auditing per relazionare al Garante della privacy su un problema che si era creato in Telecom. Ghioni doveva stendere una relazione e mi disse di essere stato indicato dallo stesso Tronchetti Provera".
Marzi però continua a incontrare anche Tavaroli. Anche perché l'ex responsabile della sicurezza, una volta estromesso dal gruppo, vorrebbe fare affari con lui. Marzi infatti è socio della Ssi di Assago, un'azienda specializzata in sicurezza nella quale, poco prima del suo arresto, anche Tavaroli "voleva entrare". "Conosco Tavaroli", spiega Marzi "da quando eravamo entrambi in Italtel seppure in ruoli molto differenti, io ero un manager e lui il capo delle guardie". Aggiunge di essere stato molto vicino all'ex boss della security di Telecom. Questione d'amicizia, ma pure di soldi. Marzi spiega che nella seconda metà del 2005 Tavaroli gli propone di incontrare l'ex deputato di Forza Italia Umberto Giovine per "coltivare progetti in ambito aerospaziale". L'incontro ci fu, ma non portò a nulla.