L'ansia di migliorare sempre. Per guardare al futuro senza rinunciare a una storia romantica, fatta di persone prima che di auto. Il segreto di un successo spiegato dal presidente che ha vinto tutto

Ferrari Formula Uomo

Anche se siamo la squadra che ha vinto di più nella storia della Formula Uno, quando mi chiedono cosa permetta alla Ferrari di essere così famosa e così amata in tutto il mondo, la prima risposta che mi viene alla mente è che in questa azienda straordinaria c'è, da sempre, un'ansia di miglioramento continuo. Nessuno può immaginare che a Maranello, negli anni '70, quando facevo la mia prima esperienza come Direttore Sportivo, così come oggi, al lunedì dopo una vittoria, tutti siano concentrati al lavoro senza festeggiamenti e distrazioni.

I festeggiamenti si esauriscono la domenica sera, poi bisogna pensare al prossimo impegno, alla prossima gara, alla prossima vettura. Per me le Ferrari devono essere belle, tecnologiche, all'avanguardia. Alla domanda su quale sia la mia Ferrari preferita, rispondo: la prossima. Esattamente quello che diceva Enzo Ferrari. Solo così si può essere unici e diversi. Potrà sembrare incredibile, ma nei viaggi che facciamo coi giornalisti intorno al mondo, scopriamo che la Ferrari la conoscono e la riconoscono tutti: nei villaggi sperduti della Cina all'apparire delle due Scaglietti che hanno fatto l'intero giro di quel immenso paese - tra l'altro Ferrari è stato il primo costruttore a compiere questa impresa, documentata tra gli altri da Antonio Carlucci su 'L'espresso' - si alzava subito il grido 'Falali, Falali' e tutti attorno a vedere.

Ancora più divertente quando, nel giro del mondo fatto nel 1997 in occasione dei 50 anni dell'azienda, in una foresta della Malesia è apparso un ragazzo su un elefante che ha subito riconosciuto la Ferrari 355 e ha voluto la foto con la macchina e il suo prezioso pachiderma. Come poteva aver saputo che a Maranello, in Italia, si fanno queste specialissime automobili? Ecco una delle tante dimostrazioni di quanto la Ferrari sia capace di vendere un sogno ovunque.

Perché se cinesi, malesi o sudamericani la amano come simbolo di un mondo al quale aspirano, gli americani ne hanno fatto la fortuna, diventando già negli anni Sessanta i primi clienti. E poi inglesi, appassionatissimi delle nostre vetture, tedeschi, giapponesi e via via, tanto da essere presenti in oltre 50 mercati, quelli che assorbono più del 90 per cento di tutte le automobili prodotte nel mondo intero. C'è questa doppia anima di Ferrari che ci dà una speciale motivazione: da una parte i clienti che vogliono le nostre auto come si può volere un'opera d'arte supertecnologica capace di dare una emozione di guida davvero unica.

Dall'altra i tifosi che troviamo su ogni circuito con le stesse bandiere e lo stesso entusiasmo, qualunque sia il continente. Tornando a Maranello alla fine del 1991 come Presidente e Amministratore Delegato dell'azienda, in un momento in cui si era perso troppo tempo a guardare al passato, non mi fu difficile capire che la Ferrari doveva cambiare: doveva diventare una azienda modello per la sfida degli anni 2000, senza per questo perdere il proprio Dna: voglia di sempre nuove sfide, passione, competenza, ossessione per la qualità, lavoro in squadra.

La Ferrari di oggi è nata così e gli uomini e le donne che ne fanno parte ne sono consapevoli. Aver avuto, proprio quest'anno, e non per la prima volta, il riconoscimento del 'Great place to work' in Europe, ne è la dimostrazione. Oltre al saper essere proiettati al futuro senza rinunciare alla parte migliore e più densa della propria storia, oltre a essere capaci di rispondere con automobili sempre rinnovate, ma autenticamente Ferrari, agli appassionati di un mondo che diventa sempre più grande, la Ferrari ha un terzo principio: quello di mantenere la magia dell'esclusività. È vero che ogni anno aumentiamo leggermente la nostra produzione, ma è altrettanto vero che sempre nuovi Paesi si affacciano al mercato chiedendoci i nostri modelli.

Non solo Cina, Australia e Sud-Est asiatico, ma Russia, Emirati Arabi, Paesi dell'Est in vigorosa crescita e presto India e altri ancora. Spesso per avere una Ferrari occorrono anche più di due anni di attesa. Troppo, lo so. Ma è il prezzo di un sogno, è il prezzo di una tecnologia unica che ci insegna la Formula 1 Gran Premio dopo Gran Premio, è il prezzo di una sfida continua all'innovazione che ci vede protagonisti insieme ai nostri preziosi fornitori e grazie all'organizzazione e al metodo di lavoro.

Purtroppo non posso più passare tutto il tempo che vorrei nel mio ufficio di Maranello: Fiat e Confindustria sono un grande impegno di energie. Ma so perfettamente come il lavoro procede. Lo so perché conosco le fantastiche persone della Ferrari e i luoghi dove lavorano. Tra le cose fatte in questi anni di determinazione al miglioramento continuo, ho voluto investire nelle strutture e negli stabilimenti, perché le tecnologie a disposizione e i luoghi di lavoro potessero essere definiti 'Formula Uomo'. Con architetti come Piano, Fuksas, Visconti, Sturchio e Jean Nouvel, abbiamo trasformato il romantico stabilimento del passato in una cittadella della tecnologia. E i risultati si vedono, sulle strade, nelle corse e nei conti, perché una azienda, per essere di successo, deve dare profitti ai propri azionisti. E questo, per noi tutti, è un ulteriore punto di orgoglio.

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