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17 luglio, 2025Secondo i dati di Armed Conflict Location and Event Data, l'attuale presidente degli Stati Uniti ha supervisionato 529 attacchi rispetto ai 555 del suo predecessore
Qualcuno l’ha candidato al Nobel per la Pace. In fondo, Donald Trump ama ripeterlo spesso: con lui “le guerre finiscono o non cominciano nemmeno”. In realtà, in questi cinque mesi alla Casa Bianca, Trump ha ordinato praticamente lo stesso numero di raid effettuati durante l’amministrazione Biden. Che, però, è durata quattro anni.
Secondo i dati di Acled (Armed Conflict Location and Event Data), che mappa i conflitti, in poco più di 150 giorni Trump ha supervisionato 529 attacchi aerei – dai ribelli Houti fino alla Somalia – rispetto ai 555 effettuati durante la precedente amministrazione tra il 2020 e il 2024. Siria, Iraq, Yemen e Somalia erano già stati presi di mira dalla precedente amministrazione, ma Trump ha aperto un nuovo fronte (anche se solo per qualche ora) prendendo di mira il programma nucleare iraniano. Certo, a differenza di Barack Obama non ha scelto la strategia del “boots on the ground”, dell’invio di truppe statunitensi sul terreno, ma di fronte a questi dati è difficile sostenere che Trump sia stato sostanzialmente diverso dai suoi predecessori. “L'esercito statunitense si sta muovendo più velocemente, colpendo più duramente e lo sta facendo con meno limitazioni”, ha spiegato al Telegraph il professor Clionadh Raleigh, amministratore delegato di Acled.
“Misureremo il nostro successo non solo in base alle battaglie che vinceremo – aveva detto Trump in un discorso durante il suo ballo inaugurale – ma anche in base alle guerre che porteremo a termine e, forse ancora più importante, in base alle guerre in cui non saremo mai coinvolti. Si chiama pace attraverso la forza”. Per ora, il bilancio – a cinque mesi dall’insediamento – è di zero guerre terminate (né in Ucraina, né a Gaza) e con la Siria che è tornata a essere un nuovo fronte mediorientale. Tra l’altro, questi dati sono stati pubblicati mentre monta l’insofferenza della base Maga sul coinvolgimento americano all’estero. Contro un presidente, Trump, che è stato eletto al grido di “America first”.
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