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Politica
febbraio, 2009

Ragazzini aguzzini

Giovani. Giovanissimi. A volte con meno di 14 anni. Cresce il numero delle denunce per violenza sessuale nei confronti di minorenni

Il racconto dello stupro di gruppo commesso da quattro minorenni in un cascinale abbandonato della Valsabbia, nel bresciano, sembra la fotocopia del più terribile romanzo dell'inventore del noir italiano. Era il 1968 quando Giorgio Scerbanenco scrisse 'I ragazzi del massacro': il racconto delle sevizie di un branco di ragazzini sulla loro vittima. Nei verbali della Squadra mobile di Brescia compare persino lo stesso liquore all'anice, tracannato per farsi coraggio e per stordire la preda, utilizzato dai protagonisti del libro. Il procuratore capo del Tribunale dei minori di Brescia, Emilio Quaranta, ha parlato di "normalità del male" per quei ragazzi che, ancora dopo la cattura, non si rendevano conto di quello che avevano fatto, pur auspicando per loro gli arresti domiciliari e attirando su di sé, e sul gip che li ha concessi, la rabbia e l'incomprensione della gente. Perché quello che è successo in quella cascina diroccata è difficile da digerire. Su un materasso laido, una ragazzina di 14 anni, ormai completamente stordita dall'alcol, è stata spogliata, violentata e seviziata. Incapace di difendersi e persino di capire quello che le stava accadendo, la vittima del feroce rito collettivo è stata infine salvata da un'amica che ha osato sfidare i ragazzi e si è portata via di peso la compagna. Alla quale non è stata risparmiata l'umiliazione di essere descritta come "una facile" nei messaggini che i suoi aguzzini hanno poi fatto circolare. Un po' come è successo a Trento pochi giorni dopo, quando un'altra 14enne che aveva marinato la scuola con gli amici è stata fatta ubriacare fino a sfiorare il coma etilico e poi abusata da tre compagni di 17, 15 e 14 anni che si sono vantati dell'impresa a scuola e che sono stati arrestati il 3 febbraio e affidati a tre istituti di recupero, evitando così il carcere minorile. Dove invece sono finiti, sempre a febbraio, i quattro adolescenti che, con due adulti, hanno abusato per mesi di una bimba palermitana di nove anni, definita dai suoi violentatori "una ragazzina facile, cresciuta troppo in fretta". E casi simili si ripetono, sempre più spesso, in ogni parte d'Italia.

L'assalto mediatico sulle violenze sessuali di questi giorni ha spinto il governo ad annunciare misure drastiche. Ma a cavalcare l'onda della protesta c'è il rischio che si perdano di vista i dati oggettivi. Che parlano di violenze sessuali in lieve aumento, ma soprattutto del dilagare di un fenomeno se possibile ancora più preoccupante. Il Dipartimento della giustizia minorile, elaborando dati Istat, ha infatti registrato l'impennata di stupri commessi da minorenni. Reati più che raddoppiati, che passano dai 329 casi del 1996 ai 679 del 2006, dove la componente italiana degli autori di età inferiore a 14 anni denunciati alle Procure dei minori incide con un significativo aumento del 5,6 per cento. Un'emergenza trasversale per ceto sociale e differente da regione a regione.

Le statistiche sui minori che commettono il reato di violenza sessuale in Sicilia, ad esempio, sono "il sintomo della sua peculiare gravità", commenta il presidente della corte d'Appello di Palermo Carlo Rotolo. Quei dati (25 episodi denunciati nel 2008, contro i 42 dell'anno precedente, ma con una prevalenza dei reato di 'violenza sessuale aggravata continuata' e 'violenza sessuale di gruppo') vanno saputi leggere, perché "il fenomeno sconta una resistenza all'emersione in sede giudiziaria e spesso rimane sommerso all'interno di realtà familiari patologiche". Malessere economico e degrado sociale: un mix a cui va sommata la cronica carenza dei servizi sociali sull'isola, che balza al quarto posto, fra le regioni italiane, per numero di segnalazioni di abusi sui minori dopo Lazio, Lombardia e Campania.

Tra gennaio 2006 e dicembre 2008, il 114 Emergenza Infanzia ha gestito in Sicilia 348 casi. Il 58,2 per cento delle segnalazioni ha riguardato episodi avvenuti tra le mura domestiche. Ma, dalle periferie ai quartieri residenziali, vige ancora l'omertà. Paradossalmente, spiegano gli operatori sociali, è più semplice che vengano alla luce i casi avvenuti nei contesti più degradati. Nelle province siciliane, poi, è ancora difficile far comprendere la natura stessa del reato. All'inizio del 2000, il triangolo della perversione collegava Mazara del Vallo, Campobello di Mazara e Castelvetrano. Le vittime erano due bambini, ripetutamente abusati e filmati, anche in gruppo, per oltre sette anni. Dei 31 pedofili, tutti condannati con sentenza definitiva, 11 erano minori. Ancora più emblematico il caso di Lorena Cultrero. La sua vita, a soli 14 anni, è finita in fondo a un pozzo, uccisa da tre minorenni: Domenico, Giuseppe, e Alessandro. Compagni di giochi proibiti, i tre hanno organizzato l'omicidio per sbarazzarsi di quella ragazzina diventava ingombrante che minacciava di raccontare tutto alle loro fidanzate. Lorena è stata seviziata, strangolata e gettata in un pozzo.

Per Vittorio Pilla, sostituto procuratore dei Minori a Milano, gli stupri di gruppo commessi da minorenni hanno molto in comune con il bullismo, "perché lo scopo è l'umiliazione della vittima più che il soddisfacimento di un desiderio. Non è solo colpa di modelli sbagliati e della banalizzazione del sesso", spiega, "quanto il disprezzo e il mancato riconoscimento della dignità altrui". Il magistrato che da 15 anni si occupa di adolescenti è favorevole a coinvolgere i genitori con responsabilità in sede civile, ma è contrario all'inasprimento delle pene: "Perché la voce della legge e il timore di una punizione maggiore non penetrano in questi gruppi autoreferenziali, perché l'istituto della 'messa alla prova' funziona a dovere, come dimostrano i rari casi di recidiva, e infine perché il processo penale minorile, per essere efficace, deve essere flessibile affinché si trovi la risposta giusta per ogni singolo minore". Piuttosto, concede il magistrato, "sarebbe utile prolungare le misure cautelari, in genere troppo brevi per permettere un percorso di recupero completo".

C'è però un aspetto che accomuna la vittima e il suo aguzzino, sottolineato da Pilla e confermato da altri esperti: anche la persona offesa non ha consapevolezza del proprio corpo e, come dimostrano i casi di abusi protratti per mesi, si lascia attirare in situazioni di violenza, anche psicologica, che poi sfociano nello stupro. Come registra la ginecologa Silvia Donadio, responsabile del Centro soccorso violenze sessuali ('Svs') del Sant'Anna di Torino: "Capita che le vittime di questi abusi non si rendano conto di aver subìto un reato e, in molti casi, la paura che i genitori vietino loro di uscire ancora la sera spinge alcune nostre pazienti a non raccontare niente". Elena Calabrò, psicologa e psicoterapeuta del Centro Svs della clinica Mangiagalli di Milano, spiega che "in molte ragazzine violentate da coetanei, in genere conoscenti, vi è una difficoltà a riconoscere il rapporto sessuale non voluto come violenza. Paradossalmente in una società in cui il sesso viene mercificato ad ogni occasione, negli adolescenti non è presente un'adeguata conoscenza della loro corporeità e spesso si coglie uno scollamento tra l'emotività ed il loro corpo. Manca una cultura della sessualità, da intendersi soprattutto come educazione all'affettività e al riconoscimento delle proprie ed altrui emozioni e sentimenti. Questo comporta una distorta e deficitaria capacità empatica. Quindi spesso, chi abusa, non sa riconoscere o rispettare i segnali e i limiti posti alle sue azioni da parte dell'altro. Nello stupro non c'è relazione né comunicazione, ma solo l'esercizio di un potere e di una presunta superiorità". E lo dimostra, dice il vice questore aggiunto Alessandra Simone, a capo della sezione reati sessuali della Squadra mobile milanese, il fatto che lo stupratore minorenne si vanti delle sue azioni, arrivando a filmarle e a divulgarle tra amici e su Internet. "Manca la coscienza del disvalore di quello che si è commesso, è questa la cosa più grave". Ma l'investigatrice invita anche alla prudenza: "Dall'inizio dell'anno ci stiamo occupando anche di casi simulati. False denunce di ragazzine che cercano solo di attirare l'attenzione e spesso seguono casi lanciati dalla stampa, che evidentemente spingono ad uno spirito di immedesimazione e di emulazione".

Ma, tra il delirio collettivo e gli slanci giustizialisti, c'è chi invita a una riflessione. Davanti a don Gino Rigoldi, storico cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano e presidente di Comunità nuova, sono passati tutti i minori problematici della Lombardia. "Ricordiamoci che i ragazzi non sono piccoli uomini e che per loro, oltre ad una giusta pena, deve prevalere l'intendo rieducativo". Un percorso che evidentemente è stato abbandonato dai servizi primari come la famiglia e la scuola. "Da dieci anni un tremendo veleno sta producendo i suoi effetti: si è fatto passare il messaggio della sicurezza come bene assoluto; solo i tuoi amici e familiari sono importanti, guardati le spalle dagli altri, che diventano nemici e quindi prede. Oggi si addestrano i giovani alla diffidenza, all'egoismo, alla furbizia e gli spazi vuoti vengono occupati da modelli negativi. Anche la violenza sessuale è legata alla concezione consumistica del prendersi quello che si desidera, per mostrarlo come status symbol. Invece", dice don Gino, "bisognerebbe valorizzare molto la sessualità, che deve essere fatta di tenerezza e intimità tra persone che si vogliono bene anziché essere considerata un bene di consumo. Siamo responsabili della sospensione della morale nei ragazzini tra i 13 e i 16 anni. E questo è il risultato".

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