Attualità
7 settembre, 2025Domani è lutto cittadino a Milano ma anche a Pantelleria di cui Armani era cittadino onorario. Fino all’ultimo si è informato dello stato di salute del suo palmizio. Perché averlo è stata una faticaccia, costata pazienza e anche un bel po’ di soldi
In un bell’articolo firmato da Paola Pollo uscito sabato sul Corriere della Sera si legge: “Nei giorni buoni di agosto Armani si collegava con i suoi per essere aggiornato su tutto: dalle trattative in corso per la Capannina, alla messa a punto dei look, dallo stato di salute delle sue meravigliose palme di Pantelleria al soggiorno degli ospiti nelle case che aveva messo a disposizione”. Tuttequeste attenzioni sono apparse plausibili per un maniaco del controllo e della perfezione. Ma più vera del vero è sicuramente la preoccupazione per le palme. E’ stato un corpo a corpo durato 40 anni, quello di Armani e le palme. Croce e delizia. Che continuasse ancora oggi, anche in punto di morte, racconta la storia di un grande amore.
Domani a Pantelleria è stato proclamato il lutto cittadino, come a Milano la città dello stilista. Armani ha fatto del bene all’isola. Non è uno spot, dunque è una decisione giusta. Era diventato veramente uno di loro, non lo consideravano il solito turista ricco. E la “battaglia” delle palme c’entra qualcosa in questo feeling tutto particolare. I panteschi hanno ammirato la disciplina, la costanza con cui il Maestro voleva le palme nel suo magnifico compound di dammusi a picco sul mare. Ma le palme non volevano lui. Fino alla vittoria: la villa oggi ha delle belle piante robuste che resistono e la rendono ancora più preziosa.
A Pantelleria le piante di alto fusto non crescono. Troppo vento, troppo sole, troppo mare, poca acqua piovana. Per quello i contadini hanno inventato il giardino pantesco che è un muro circolare di pietra lavica appoggiato al dammuso con un piccolo spazio aperto la cui unica gemma è un albero alto (tre-quattro metri non di più) piantato al centro e riparato dalla barriera nera: un limone, un arancio, un pino qualche volta. Qualche palma resiste per il suo fusto sottile, che fa poca resistenza alle raffiche così come i ciuffi in cima. Molti anni fa solo una casa, in contrada Velcimursà, aveva un bel palmeto, quella costruita da Bernardo Nagar, prima podestà, poi sindaco ma soprattutto ginecologodell’isola. Il dottore che aveva fatto nascere centinaia di panteschi. L’ospedale è intitolato a lui, il medico che ha scongiurato lo spopolamento (e Armani ha donato una Tac a quell’ospedale).
Ma quelle piante secolari sono state piantate piccoline, hanno avuto il tempo di ambientarsi e crescere e resistere. Armani,mentre nasceva la magnifica piscina a sfioro, i patii, le dependance per gli ospiti Vip, nuovi dammusi non poteva aspettare in eterno. Arrivarono dal Continente dieci palme già cresciute, alte quasi dieci metri. Gli isolani dicevano che costassero 25 milioni di lire l’una. Per dieci fa 250 milioni di allora, il prezzo di un appartamento. Venivano piantate, sembravano perfette ma dopo pochi mesi ne morivano 9 e la restante soffriva, aggrappata alla vita.
Arrivarono i migliori giardinieri del Nord che però non capivano granchè degli equilibri naturali panteschi. La nave portò altre palme, morirono pure loro. Furono consultati i locali, lo fece anche Armani personalmente. Alcuni consigliarono di cambiare rotta perché non sarebbero mai sopravvissute. “Signor Armani lei butta sangue e soldi. Scelga altre piante”, dicevano. Altri si offrirono di provarci. Consulti, consigli, discussioni tra architetti e contadini che suggerivano altri punti di piantumazione. “Perché lì ne cresce qualcuna e qui no?”. “Perché qui siamo a Gadir, uno dei punti più esposti dell’isola”, rispondevano. Proviamoci insisteva Armani, sempre chiedendo con molta umiltà e affidandosi alla fine solo alla saggezza dei panteschi.
All’inizio degli anni ’90 la svolta. Le palme vivevano, c’era quel tocco d’Africa tanto desiderato (Capo Bon in Tunisia è a 38 chilometri da Pantelleria). Per i panteschi le palme non servono a niente: non fanno ombra, non danno frutti. Ma quel giardino adesso piaceva anche a loro, a chi ci aveva lavorato e a chi si faceva raccontare. Prima di quelle salvate, nessun sa dire quante ne siano morte. Ma Armani era felice e gli isolani pure. In mezzo a quella natura “ostile”, scura, unica dell’isola si stagliano come sentinelle sparpagliate le palme di Armani. Che sono state nei suoi pensieri fino alla fine.
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