Cultura
6 settembre, 2025Dei premi assegnati con molta, forse troppa diplomazia alla 82esima edizione, si può discutere a lungo, ma a dominare la serata sono state le innumerevoli dichiarazioni politiche dei premiati
Leone d'argento al film che tutti davano per vincitore, il poderoso "The Voice of Hind Rajab" di Kaouther Ben Hania. Leone d'oro al sopraffino ma non proprio dirompente "Father Mother Sister Brother" di Jim Jarmusch, quasi un premio alla carriera considerando tutto ciò che ha fatto Jarmusch senza mai vincere nei festival maggiori. Sacrosanto premio alla sceneggiatura al film di Valérie Donzelli , "A' pied d'oeuvre", gioiello di eleganza ed essenzialità. Premio alla regia a "The Smashing Machine" di Benny Safdie, storia vera di un campione di wrestling raccontata con un occhio puntato sul ring e l'altro sul suo ménage amoroso, un piccolo miracolo di equilibrismo. Anche qui però i potenziali concorrenti al premio erano molti altri. Inappellabile Coppa Volpi a Toni Servillo per "La grazia" di Paolo Sorrentino, e alla cinese Xin Zhilei per "The Sun Rises on Us All" di Cai Shangjun, una delle sorprese del Lido. Peccato però ignorare la Valeria Bruni Tedeschi di "Duse" e soprattutto la Barbara Ronchi di "Elisa".
Un inatteso ma intonato premio speciale della Giuria a "Sotto le nuvole" di Gianfranco Rosi, che dedica il premio a tutti i documentaristi presenti a Venezia. E per finire solo un (meritatissimo) premio Mastroianni, il riconoscimento riservato agli attori emergenti, per uno dei film più amati in Concorso, "Silent Friend" della ungherese Ildiko Enyedi. Tre episodi intrecciati e sempre sorprendenti per sondare i rapporti, tutti da scoprire, fra il nostro mondo e quello vegetale. Linguaggio classico ma efficacissimo, inventiva scatenata, profondità filosofica. Eppure...
Dei premi assegnati con molto, forse troppa diplomazia alla 82ma Mostra del cinema di Venezia, si può discutere a lungo, ma a dominare la serata in Sala Grande sono state le innumerevoli dichiarazioni politiche dei premiati. A partire da Kaouther Ben Hania, che dedica il premio alla Mezzaluna Rossa e sottolinea giustamente la necessità di ridare voce, attraverso il cinema, a un popolo a cui viene negata: "Sopravvivere non è questione di carità ma di giustizia". Poi cita Nelson Mandela: la nostra libertà non sarà completa senza quella della Palestina. A fine cerimonia il presidente della Biennale, Buttafuoco, visibilmente commosso, si collega addirittura in diretta al cardinal Pizzaballa, che da Gerusalemme invita tutte le parti in gioco a elaborare un linguaggio diverso per uscire da quello dell'odio, destinato a prolungare all'infinito il conflitto. Ma moltissimi premiati, da Toni Servillo a Benedetta Porcaroli (miglior attrice della sezione Orizzonti), dall'indiana Anuparna Roy al messicano David Pablos, alla marocchina Maryam Touzani, per citare alcuni dei vincitori nelle sezioni parallele, chiedono la fine dello sterminio a Gaza, invocano la pace, evocano la Global Sumud Flotilla.
O magari ricordano la guerra in Ucraina, come ha fatto la vincitrice del prestigioso Leone del Futuro Premio De Laurentiis, la (esule) russa Nastia Korkia, regista del delicato e potente "Short Summer", uno dei cinque esordi in concorso alle Giornate degli Autori. Peccato solo che la regia della serata, trasmessa dalla Rai, abbia rapidamente alzato la musica per coprire le sue parole. Un sopruso toccato a diversi premiati "minori", o forse scomodi. Mentre lo statunitense Benny Safdie, nonostante i sarcastici inviti preliminari alla brevità della conduttrice, una scatenata Emanuela Fanelli, ha ringraziato praticamente tutti i componenti della troupe senza subire la minima interruzione. La Mostra ha gestito con molto attenzione la questione palestinese, che rischiava di travolgerla. Ma i problemi veri sono a monte, come si vedeva già dall'assegnazione dei titoli scelti nelle varie sezioni.
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