In strada, attraverso il vetro di una finestra o le bande sottili di una veneziana, nella metropolitana come nell'architettura più proliferante e straniante: in qualsiasi istante l'immagine rubata - da vicino, da lontano, da una macchina o da un circuito - fa del momento un documento. Uno spionaggio casuale o mirato, che coglie distrattamente, fissa genericamente, strappa dolorosamente: dell'esposizione costante e pressoché illimitata e della evaporazione della privacy nella vita metropolitana contemporanea parla - e documenta, con la crudezza del caso e l'inventario di prospettive più ampie e stratificate - la mostra Iseeyou ('ti vedo', ndr) del fotografo Michael Wolf, fino al 24 dicembre alla galleria Bruce Silverstein di New York.
E' la registrazione automatica delle Street Views di Google la più spudorata e indiscriminata catalogazione di intimità, dalla quale Wolf attinge scampoli di immagini, ritaglia, mette a fuoco, sgranando, dettagli e gesti: anche il più anonimo attraversamento pedonale sembra contenere, nel momento in cui viene selezionato e riproposto, una porzione di racconto, mentre l'ingresso nella sfera personale è reso ancora più reale, intimo, a volte drammatico, proprio dalla casualità della registrazione, dalla non intenzione di raccogliere un gesto di sconforto, un gioco, un incidente, un bacio. Dall'insieme degli stralci e dei dettagli isolati emerge un'immagine inedita della città, assemblaggio di prospettive qualunque e di angoli perduti, popolata simultaneamente da milioni di storie marginali e centrali allo stesso tempo: non c'è un prima e un dopo e anche il dove, irrelato nel particolare, pare una grande entità indistinta dove tutto avviene.
Alla sezione Street Views il fotografo tedesco accosta in questa mostra tre precedenti lavori che indagano sempre la vita urbana attraverso altrettanti profili prospettici. Architecture of Density e Transparent City, i suoi lavori più noti, sono studi della compressione architettonica di Hong Kong e dello skyline trasparente di Chicago. Gli edifici di Hong Kong non rivelano, ma lasciano intuire nella loro imponenza schermante, reiterata e ossessiva, la moltitudine che li abita, mentre i grattacieli di vetro di Chicago permettono intrusioni cristalline oltre i riquadri delle finestre a tutto schermo, nelle loro sequenze ordinate e apparentemente prevedibili.
Infine c'è Tokyo Compression, lavoro questa volta diretto sulle persone, a distanza ravvicinata, realizzato sempre però - come per le architetture - grazie a un elemento divisorio che fa da cornice: Wolf ritrae i passeggeri della metropolitana tokyoita nelle ore di punta, quando l'affollamento è tale da schiacciare i viaggiatori contro i vetri esterni dei vagoni. Il fotografo è fuori e nessuno si può ribellare, perché non si può muovere di un millimetro, le porte sono ormai chiuse e il treno sta lasciando la stazione. Ma diversamente dalle registrazioni di Street Views, che hanno raccolto anche imprecazioni e gesti di protesta, i passeggeri della metropolitana più affollata del mondo non sembrano curarsi affatto della macchina che Wolf gli punta addosso: la maggior parte di loro è abbandonata contro il vetro, con gli occhi chiusi, le mani semiaperte, in una specie di danza immobile che si ripete ogni giorno. Anche quando i soggetti fotografati guardano in camera portano all'obiettivo uno sguardo spento e lontano, offrendo un ritratto inappellabile della moltitudine come moltiplicazione di isolamento e separazione.
Michael Wolf, Iseeyou
Bruce Silverstein Gallery, New York, 28 ottobre-24 dicembre 2010
Cultura
11 novembre, 2010Fino al 24 dicembre a New York in mostra l'ultimo lavoro del fotografo Michael Wolf. Immagini catturate e rielaborate da Google Street View
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