I letti a baldacchino. La grotta di Nettuno. I dipinti licenziosi. L'area wellness. La residenza svelata in un libro. Che Berlusconi dona ad amici e capi di Stato

Tre naiadi ignude in bronzo adornano la Jacuzzi rotonda circondata dalla terrazza in teak. Sullo sfondo gli ulivi, i lentischi, gli oleandri profumati. La notte, luci magiche sott'acqua e lungo i muri in granito, sopra di voi le stelle. Facile perdersi, in un luogo così romantico. E l'ex primo ministro ceko Topolanek ci cascò e si perse in compagnia di belle donne generose, nella ben nota estate degli scandali di Villa Certosa, a Punta Lada in Sardegna, la fiabesca proprietà di Silvio Berlusconi.

Teatro delle prodezze del boemo (che non ha avuto fortuna: un mese fa ha lasciato ogni incarico politico) è un refugium con splendida vista riservato agli ospiti. Un piccolo villaggio in granito nello stile sardo-messicano detto alla Busiri Vici, tipico della Costa Smeralda, ma la sorpresa è il nome: Nido dell'Aquila. Non tanto per l'aquila, che pur non è tipica di qui, piuttosto dell'Ogliastra o dell'altopiano di Baunei. Ma per il nome intero, una scelta piuttosto infelice: di Nido dell'Aquila la storiografia del Novecento ne conosce già due: l'Adlerhorst, Nido dell'Aquila fu ufficialmente il quartier generale segreto di Hitler nella regione del Taunus; ma fu così chiamato, nella vulgata, anche l'ardito rifugio in vetta al monte Kehlstein sopra Berchtesgaden che fu regalato al Führer da Martin Bormann e dal partito nel 1939 per il suo 50 compleanno. Berlusconi fu mal consigliato, si direbbe.

Il suo Nido, nella parte alta dei 120 ettari della Certosa, è imparagonabile a quei tetri luoghi germanici: per splendore, natura, colori è mille volte più seducente, e caso mai andrebbe chiamato Nido dell'Amore. Sì, perché tutto, qui, invita alla romance, come direbbe Tony Blair: il gusto è femmineo, talora lezioso, divani damascati turchese e oro, le sedie bianche per il breakfast con lo schienale modellato a glutei di donna, i letti a motivi floreali nei toni del malva, del rosa, del verde, del lampone, i lussuosi baldacchini, e nella suite padronale, un olio con tre grazie senza veli su sfondo marino, più una fanciulla nera che non ha l'aria della Fräulein.

Da dove ricaviamo questi dettagli pittoreschi sulla celebre proprietà del Cavaliere? Da un libro. Un libro che esiste da tempo (e che 'L'espresso' possiede), ma non ufficialmente. Non ha copyright, né data, né luogo di stampa. Non è in vendita, è vietato riprodurne le immagini. È un libro privato, testi in italiano e in inglese, databile al 2009 prima dello scoppio della crisi coniugale (a pagina 5 Silvio è fotografato con Veronica e il nipotino). Il titolo è 'La Certosa. Il Giardino del Presidente' (The President's Park), ha dimensioni monstre: 372 pagine e 702 foto. Berlusconi, il Berlusconi privato e botanico, l'amante di gelsomini e hibiscus, il giardiniere appassionato insomma, lo ha commissionato a due uomini di fiducia: l'architetto alessandrino Gianni Gamondi, da sempre suo fido e discreto collaboratore, incluse le sue proprietà a Bermuda; e l'esperto vivaista Giuseppe Carteri, dietro al quale si cela Rosy Sgaravatti, la celebre imprenditrice del verde amica del Cavaliere, di cui diremo.

È un libro celebrativo (si chiama Celebration il famoso parco tematico della Disney in Florida) che immortala ogni angolo, esclusi i più segreti, come i vani sotterranei, di quel suo Eden personale. Il suo giardino di delizie, la sua Xanadu irripetibile, il capolavoro simbolico della sua rutilante biografia. Ne fa dono agli amici che ritiene degni, tra i molti suoi ospiti: basterebbe dire George W. Bush e Vladimir Putin. O il già citato Blair, immortalato tra le foto iniziali mentre si allena a calcetto.

Le prime 20 pagine sono dedicate a Lui e ai massimi suoi ospiti: la foto autografata dei 'Quattro Presidenti' (con Clinton e i due Bush), e poi Putin, Mubarak, Barroso, Aznar, altri leader europei. Da lì in poi la figura umana sparisce e si scatena il reportage fotografico (di Giancarlo Gardin e Sandro Giordano) su quel suo paradiso artificiale che avrebbe turbato anche un sofisticato oppiomane come Samuel Coleridge cantore di Kublai Khan.

Non torneremo su cose note e arcidiscusse, dal Lago dei Cigni a quello delle Palme, dal Museo dei Cactus all'Agorà con i 12 dolmen e i 12 ulivi che alcuni studiosi interpretano in chiave esoterica e massonica  (leggi l'inchiesta di Cristina Cucciniello). Andiamo oltre, tra le ulteriori sorprese del libro-cadeau. Pochi sanno della Grotta di Nettuno. Ricordate le polemiche degli ambientalisti sardi sui lavori abusivi per adattare uno sbocco a mare segreto sul Golfo di Marinella? Si romanzò di un tunnel alla James Bond, il premier oppose il segreto di Stato, rimase il dubbio della forzatura giuridica. Bene, il libro documenta un passaggio sotterraneo "ampliato", così la didascalia, "per ragioni di sicurezza". È la Grotta di Nettuno, che si raggiunge da una cavità naturale nel granito adattata all'uopo. In fondo vi è una sala, questa sì, assai esoterica, con una polla d'acqua che reca sul fondo un mosaico del dio del mare e una volta punteggiata di fonti luminose a simulare il cielo stellato.

Si apprende poi che nei pressi del Labirinto della Pace (tutto, qui, è maiuscolo), sacro circolo di monoliti e camelie, oltre alla scultura della Centaura, la donna-cavallo, vi sono i bronzi allegorici che tracciano un percorso concettuale: dalla Democrazia alla Libertà al Benessere all'Uguaglianza al Progresso alla Filantropia. È un universo di idee ottocentesco, più da laico illuminato frammassone che da alfiere della nuova destra liberista e populista. D'altronde, una brezza libertaria spira sulle opere d'arte con cui il presidente ha voluto ornare gli alloggi per gli ospiti, la serra, le piscine dell'area Thalasso.

Il nudo femmineo abbonda, in genere bronzi contemporanei di artisti non di prima fila, alcuni di carattere erotico in guêpière e reggicalze. Nei bagni e nell'area wellness troviamo bronzetti seducenti e donnine licenziose in ceramica policroma con un gusto, diciamo, da boudoir; e non essendo il Cavaliere un asceta, nei bagni delle signore ecco le serigrafie murali di maschi atleti e danzatori a cui non manca nulla.

Che dire di altre presenze singolari? Non tanto la 'Nave' in granito di Pietro Cascella, lo scultore prediletto cui fu affidato il mausoleo nel giardino di Arcore che provocò gli scongiuri di Montanelli, Giorgio Bocca e persino di Dell'Utri. Non tanto la Piazza dell'Altro Mondo con gli strani monoliti scuri "ricavati da un meteorite caduto in India". Colpisce invece il Bosco del Getsemani, non fosse che per l'impudica scelta del nome biblico: qui l'amica vivaista, la formidabile Rosy Sgaravatti, ha creato un camminamento tra ulivi centenari trapiantati ad hoc, dove spuntano statuine di troll e creature silvestri. Alcuni ulivi potrebbero avere più di 500 anni, e il modello parrebbe sardo, forse l'antico uliveto S'Ortu Mannu presso Villamassargia, che la Sgaravatti ben conosce. È sempre lei, titolare col socio Carteri della Sgaravatti Land di Capoterra, ad avere realizzato per Lui il Museo degli Hibiscus, 5 mila piante, un tripudio dell'esotismo botanico, ma meno estraneo alla natura gallurese della sbandierata collezione di cactus.

Il libro celebra anche l'antica amicizia con una bionda vulcanica imprenditrice, che non nasce affatto berlusconiana: molti la ricordano simpatizzante in gioventù del Psiup e della sinistra socialista, amica dell'avvocato Mimmo Contestabile e del sociologo Guido Martinotti; del resto, Cicchitto docet, in Berlusconia ogni iter politico è lecito.

Molto si potrebbe aggiungere, ma finiamo con un sorriso, Berlusconi essendo figura più da musical che da tragedia eschilea. L'unico simbolo che manca, in questo Eden artificiale, modellato e perfezionato negli anni, è quello che immaginò Italo Calvino nelle 'Città invisibili': a Isidora, città di fantasia dove il forestiero incerto tra due donne ne incontra sempre una terza, vi era il Muretto dei vecchi che guardano passare la gioventù. Quello non c'è, alla Certosa.