Attualità
19 agosto, 2025L'appello in una lettera indirizzata al presidente della Figc Gabriele Gravina: "Israele deve fermarsi. Il calcio italiano si mobiliti in favore del popolo palestinese"
"Una partita di calcio, preceduta dagli inni nazionali, può essere considerata solo una partita di calcio?". Si apre con questa domanda la lettera pubblicata dall'Associazione italiana allenatori calcio e rivolta al presidente della Federazione italiana giuoco calcio Gabriele Gravina per chiedere la sospensione di Israele dalle competizioni calcistiche internazionali. Tra settembre e ottobre, sarebbero infatti in programma due match ufficiali tra la nazionale maschile italiana e quella israeliana, entrambi valevoli per le qualificazioni ai Mondiali del 2026. Due incontri che, come ricorda l'appello diffuso da Assoallenatori, non possono essere considerati delle semplici partite di calcio.
Lo stadio di Udine sembra essere destinato a fare da sfondo alla vicenda. Lì le due nazionali si sono scontrate l'ultima volta, lo scorso ottobre, in un match di Nations League che già aveva generato proteste sull'opportunità di far giocare regolarmente la selezione israeliana, con la catastrofe umanitaria a Gaza già sotto gli occhi di tutti. Il Friuli è anche stato il teatro di una storica presa di posizione da parte della Uefa: lo striscione con la scritta "Basta uccidere bambini, basta uccidere civili", esposto prima dell’inizio di Psg-Tottenham, la Supercoppa Europea che si è giocata mercoledì 11 agosto. Il riferimento al governo di Tel Aviv è rimasto implicito, come anche nel post dedicato a Suleiman al-Obeid, leggenda del calcio palestinese, ucciso dall'esercito israeliano mentre era in fila per prendere da mangiare. Eppure, i due messaggi, arrivati nel giro di poche ore, hanno segnato un cambio significativo di prospettiva nella comunicazione ufficiale della massima istituzione calcistica europea. E ancora una volta sarà la casa dell'Udinese a ospitare Italia-Israele, il prossimo 14 ottobre.
Il responsabile sport del Partito democratico Mauro Berruto l'ha definita "una partita che non si dovrebbe giocare" e ha lanciato una petizione rivolta ai membri italiani del Comitato Olimpico Internazionale per sospendere Israele dalle competizioni. Il testo, firmato da altri 44 parlamentari, denuncia i 636 atleti uccisi e il 90% delle infrastrutture sportive distrutte a Gaza dall'esercito israeliano: "Distruggere lo sport non è un effetto collaterale, ma una precisa scelta politica orientata a cancellare un popolo, colpendolo a morte anche nello spirito, nel senso di appartenenza, nella speranza che lo sport regala".
Al coro di indignazione si aggiungono ora anche gli allenatori, con la stessa richiesta: "Israele deve fermarsi, è necessario che il calcio italiano si mobiliti in favore del popolo palestinese". Richiederne l'esclusione temporanea dalle competizioni, "non è solo un’azione simbolica, ma una scelta necessaria, che risponde ad un imperativo morale, condivisa da tutto il gruppo dirigente", si legge sul sito dell'Aiac. "Il mondo è in fiamme. Molti popoli soffrono come quello palestinese. L’indifferenza non è ammissibile", ha aggiunto il vice presidente Francesco Perondi.
Il comma 5 dell’art. 2 dello Statuto federale, ricorda Assoallenatori, afferma che "la Figc promuove l’esclusione dal gioco del calcio di ogni forma di discriminazione sociale, di razzismo, di xenofobia e di violenza". Proprio muovendo da questo principio, il Consiglio Direttivo dell’Aiac, all’unanimità, "crede che davanti alle stragi quotidiane, che hanno riguardato anche centinaia di morti tra dirigenti, tecnici e atleti, compreso la stella del calcio palestinese Suleiman al-Obeid, sia legittimo, necessario, anzi, doveroso, porre al centro del dibattito federale la richiesta, da proporre a Uefa e Fifa, dell’esclusione temporanea di Israele dalle competizioni sportive". "Perché il dolore del passato", si legge ancora nella nota, "non può oscurare coscienza e umanità alcuna".
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