I piani per ristrutturare la Manifattura tabacchi di Lucca. Con gli interventi di Matteoli. E gli interessi di Verdini. Indagine su un appalto da oltre 50 milioni
Quel signore? "Ha una fretta fottutissima di cominciare le cose. Vorrebbe tutto, adesso". È il 20 novembre 2009, quando l'ingegnere Silvio Albanesi si rivolge così a Fabio De Santis, Provveditore alle opere pubbliche della Toscana, oggi in carcere per lo scandalo delle Grandi Opere. E continua: "Quali sono gli ordini del capo?". L'altro risponde: "Sono quelli che la squadra nostra è composta da te e dai due... Noi ci organizziamo le cose come meglio crediamo". Chi siano "quel signore" e il "capo" non è chiaro: ma gli investigatori vogliono decifrare il lessico degli intercettati. Perché si sta parlando di una delle operazioni immobiliari più importanti dell'Italia centrale: il recupero della Manifattura Tabacchi di Lucca, una fabbrica celebre in tutto il mondo per la produzione del Toscano, "il più puro dei sigari". E dopo la sentenza della Cassazione che ha trasferito a Roma gran parte dell'inchiesta, questo filone invece appare totalmente nelle competenze della procura di Firenze.
Oggi lo stabilimento è l'unica area disponibile nel centro storico della città, l'unico spazio all'interno delle mura che racchiudono gioielli architettonici, palazzi e torri. La capitale del Ducato è feudo elettorale del ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli. E sulla Manifattura sono piovuti già cinquanta milioni di euro di fondi pubblici. Quanto basta per risvegliare gli appetiti della "Cricca".
Mentre "il capo" e "il signore" restano figure da identificare, gli inquirenti sanno bene chi sono "i due" evocati nella conversazione intercettata dai carabinieri del Ros: sono gli architetti incaricati dal Comune di Lucca per affiancare De Santis nel recupero della fabbrica dei sigari. Un progetto chiamato Piuss: Piano integrato urbano di sviluppo sostenibile. De Santis doveva occuparsi di tutti gli appalti: la sua nomina a Provveditore nel gennaio 2009 era stata decisa da Matteoli dopo la raccomandazione telefonica di Denis Verdini, coordinatore nazionale del Pdl, e anche lui molto interessato alle vicende lucchesi.
La Manifattura infatti è un affare doppio. C'è lo stabilimento da ricostruire all'interno nel centro storico. E fuori dalle mura ci sono i magazzini del tabacco, un'area ancora più importante per la speculazione. Verdini ne parla spesso con Riccardo Fusi, presidente della Baldassini-Tognozzi-Pontello, il colosso fiorentino delle opere pubbliche coinvolto nello scandalo. I magazzini sono di proprietà di una partecipata della Btp, la Alfieri. Il 20 febbraio 2009 Verdini deve incontrare il sindaco Mauro Favilla e chiede a Fusi di accompagnarlo.
Il deputato e l'imprenditore sono soci in una società, la Porta Elisa, nome del quartiere dei magazzini ma nessuna proprietà in zona. Ne fa parte anche Roberto Ballerini, presidente della Campi Casa srl, da cui la Alfieri acquistò gli stabili nel 2007. Un vero personaggio: Ballerini, detto "Banana", è un piccolo imprenditore di Campi Bisenzio, patria di Denis Verdini, di cui è grande amico e partner in vari affari.
L'attività di "Banana" consiste nel comprare terreni, anche di grande valore. Poi fa costruire gli appartamenti ad altri, spesso la Btp di Fusi. Un business ricco che tre settimane fa ha subito uno scossone: Ballerini è stato arrestato per riciclaggio. Una storia che parte da molto lontano: lo accusano di avere aiutato un magnate russo a investire i soldi rubati con una catena di truffe. I magistrati russi ritengono che il finanziere senza scrupoli abbia sottratto 24 milioni di euro a circa quattromila investitori, poi è scappato in Italia. Da noi avrebbe combinato il matrimonio con una signora di Firenze, si ritiene al prezzo di 30 mila euro, e una volta ottenuta la cittadinanza avrebbe cominciato a comprare ville di gran lusso sulle colline del Chianti. Oltre a Ballerini, lo avrebbe aiutato una giovane donna russa che aveva aperto diversi conti nel Credito Cooperativo Fiorentino di Verdini.
Ma i rapporti tra "Banana" e Verdini nell'ultimo periodo si sarebbero rarefatti proprio per una controversia che riguarda Fusi. Insieme ai magazzini lucchesi, l'imprenditore vendette a Fusi anche un terreno nella natia Campi Bisenzio. Il tutto a prezzi molto bassi: per Lucca 9,2 milioni contro un valore che lo stesso Fusi stimava in 15-16. L'anno dopo Ballerini gli fa causa. Sostiene che nel preaccordo ci fosse una quota, scomparsa nel contratto finale, sulla commercializzazione delle villette da costruire sul terreno di Campi Bisenzio. Dichiara di essere stato costretto a firmare dal direttore della sua banca, il Credito Cooperativo Fiorentino, Italo Biagini: rivuole il terreno e chiama a testimoniare il presidente del Credito, Denis Verdini.
Fusi viene intercettato mentre sbotta con Biagini: "Lui (Verdini) mi disse "bisogna che tu mi acquisti sia Lucca che Campi". Io non so che farmene. Io mi sono sacrificato per dare una mano ad un amico che in quel momento era in una situazione... grazie al problema del comune di Campi Bisenzio". Il "problema" è un'operazione della procura di Firenze e del Ros che nel 2007 bloccò tutti i cantieri. Fusi al telefono continua: "Bisognerebbe che (Ballerini) ci ricomprasse Lucca e non Campi. Questo c'ha puppato un monte di soldi... Io Lucca l'avevo comprata a quattro milioni meno".
Quattro milioni: quando sarebbero stati spesi? Il percorso degli immobili è chiaro ed è stato confermato anche da Verdini nel suo interrogatorio: Campi Casa di Ballerini fa un compromesso con la British American Tobacco, che aveva appena rilevato gli stabilimenti del Toscano; poi la Alfieri di Fusi acquista i magazzini da Ballerini. Quei vecchi depositi sembrano trasformarsi in oro. Il sindaco concede alla società di Fusi di destinare una quota rilevante degli spazi in case. Secondo la lista d'opposizione Governare Lucca si tratta di una licenza fuori dalle regole. E infatti dopo il deflagrare dello scandalo, la Commissione urbanistica ha bocciato il progetto. Anche la storia del vecchio stabilimento nel centro storico è segnata da passaggi che adesso i magistrati stanno rileggendo alla luce delle intercettazioni. Anzitutto la decisione di affidare il progetto da 50 milioni a De Santis. Un anno esatto fa il sindaco Favilla va al ministero da Matteoli e incontra anche Angelo Balducci, il numero uno nello smistamento delle opere pubbliche ora in cella. Poi il Comune assegna la gestione degli appalti di tutto il piano al Provveditorato. Motivazione ufficiale: l'organico degli uffici tecnici municipali è troppo esiguo e non ce la fa a seguirlo. Una motivazione contestata dal consigliere Pd Alessandro Tambellini: proprio il responsabile dell'ufficio gare ha ottenuto il part-time e una consulenza dalla Lucca Holding, che gestisce le partecipate comunali.
Anche gli incarichi dati da De Santis ricadono sui soliti noti. Come quello all'ingegnere Silvio Albanesi, vicinissimo a Balducci e sempre presente negli affari della cricca. Ma anche Franco Ravenni, uomo di Matteoli a Lucca e coordinatore provinciale del Pdl, che in una telefonata ringrazia il provveditore per "l'incarico"ricevuto. Gli inquirenti parlano di una nomina nella commissione di collaudo; lui nega e dice di non aver mai parlato prima con De Santis. Ma nel 2008 Balducci è stato registrato dal Ros mentre discute di vari affari, tra cui il G8 della Maddalena, e chiede a De Santis se ha chiamato "Ravenghi, l'avvocato di Lucca", storpiandone il nome. Il Provveditore risponde di sì: "Gli ho chiesto una relazione". Quanto fumo sulla fabbrica dei tabacchi.