
Ogni anno in America, nelle gare di compitazione e di scienze, i vincitori e i finalisti sono di origine indiana. Ci si perdonerà il fatto di credere che i nostri bambini sono i più intelligenti del mondo. Bill Gates, fondatore di Microsoft, quando è andato in India ha detto che gli indiani sono il secondo popolo più intelligente al mondo, dopo i cinesi. E gli indiani se ne sono rallegrati quasi quanto i cinesi. Thomas Friedman, del "New York Times", ritiene che l'India sarà la superpotenza del Ventunesimo secolo. Gli americani faranno la fila fuori dall'ambasciata indiana per ottenere visti di lavoro e i loro bambini dovranno imparare l'indi. Quello stesso giorno dello scorso anno in cui Kavya Shivashankar ha vinto la competizione di compitazione, 200 milioni di suoi fratelli e sorelle in India sono andati a letto affamati. Lo stesso giorno, cento milioni di essi hanno lavorato per 15 ore, dentro infernali laboratori di tappeti, in chioschi di tè, in cantieri, invece di andare a scuola. Quello stesso giorno, due milioni di loro, minori di 15 anni, hanno venduto il proprio corpo per denaro.
Ho visto un'infinita tristezza quando, alcuni anni or sono, sono tornato con la mia famiglia a vivere a Bombay. Ho visto persone torturate nelle stazioni di polizia. Ne ho sentite altre descrivere come avevano dato fuoco a vicini di casa il cui unico crimine era di essere musulmani. Ho assistito al sistematico degrado di una città che amo come nessuna altra.
Ma sapete quale è stata la cosa più avvilente che ho visto a Bombay? Bambini sulla strada che imparavano a mendicare prima ancora di imparare a camminare. Sono rimasto terribilmente addolorato. L'India non è più un Paese povero. Ma tutto il progresso, tutti i nostri miliardari dell'informatica e dei gioielli, i nostri campioni di compitazione, i nostri scrittori premiati e le star di Bollywood, tutti loro non significano nulla, assolutamente nulla, se abbiamo fra i nostri bambini un tasso di malnutrizione che supera quello dell'Africa sub-sahariana e se una ragazzina su sei non arriva a vedere il suo quindicesimo compleanno.
Camminando per le strade di qualsiasi grande città indiana vedrete i bambini soffrire. Nel quartiere di Kamathipura troverete bambine di dieci anni vendersi a uomini di 80. Nei laboratori che fabbricano tappeti, beedis e fuochi d'artificio, vedrete bambine di sei anni, con i loro occhi vivaci e dita agili, che lavorano 14 ore al giorno invece di ricevere l'istruzione necessaria per rompere le catene della schiavitù.
Una vera superpotenza economica! L'unica cosa peggiore del non essere in grado di nutrire i nostri bambini è avere la possibilità di farlo e non averlo ancora fatto. Non esiste nessuno nell'universo conosciuto che soffra tanto intensamente quanto il piccolo dell'uomo. Gli animali non possiedono un sistema nervoso così sviluppato, mentre gli umani adulti hanno appreso a gestire il dolore fisico e psichico. Invece il bambino non ha difese contro il dolore, che venga percosso con un bastone o che veda la madre umiliata; tutto il suo universo si riempie di dolore. La legge onnicomprensiva, che definisce la responsabilità del governo nei confronti dei bambini indiani, è il Juvenile Justice Act del 2000. L'India è altresì firmataria della Convenzione della Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia. Secondo questo trattato, il governo indiano è obbligato per legge a garantire a tutti i bambini quattro diritti fondamentali: il diritto alla sopravvivenza - alla vita, alla salute, alla nutrizione, al nome e alla nazionalità; il diritto allo sviluppo - all'istruzione, alle cure, al tempo libero e allo svago; il diritto alla protezione - dallo sfruttamento, dagli abusi e dall'abbandono; il diritto alla partecipazione - all'espressione, all'informazione, al pensiero e alla religione.
Le questioni riguardanti i bambini devono essere considerate attinenti ai diritti umani, non alla beneficenza. Non è la nostra generosità che riconosce ai bambini questi diritti fondamentali. Insomma, non siamo dei filantropi quando diamo da mangiare a un bambino affamato per strada. Agiamo egoisticamente; facciamo un investimento: nel nostro futuro, nel futuro della razza umana.
Il 40 per cento degli indiani è al di sotto dei 18 anni. Si tratta di 400 milioni di bambini, la più vasta popolazione infantile di tutto il mondo. È una generazione del dopo-indipendenza, che si attende qualcosa di meglio di quello che hanno avuto i genitori. Se non la otterranno, si arrabbieranno. E non c'è famiglia, o Paese, che possa resistere alla rabbia dei suoi giovani. Esploderebbe.