Primula, calendula, sterlizia. Hanno tutti nomi di piante i modelli dei vestiti appesi in questo piccolo negozio sui Navigli, a Milano. Anna Baroni tira fuori dalla stampella il suo abito e lo mostra. “Il modello si chiama Erica”. Apre le finestre per fare entrare più luce nella bottega al piano terra, che si affaccia su un cortile interno di un piccolo condominio. Fuori, sulla strada che costeggia il Naviglio Grande, non si vede l’insegna del negozio “Orlo del mondo”, marchio di Cose dell’Altro mondo (cooperativa sociale). Quello che si nota è un piccolo mazzo di fiori appeso, è per Alda Merini. La poetessa abitava qui, nello stesso stabile in cui oggi si vendono vestiti tessuti in India e progettati in Italia, filiera interamente equo-solidale, l’unica in Italia dedicata agli abiti da sposa.
La prima donna che ha indossato un vestito realizzato in India è stata Anna, dipendente part-time della cooperativa. «Avevo girato tanto per riuscire a trovare il mio abito da sposa, ma senza risultati». Da qui l’idea di convertire la produzione (prima nel negozio si vendevano vestiti da tutti i giorni). Anna ha fatto da cavia.
Lei e Fabiana Folloni, responsabile della struttura, disegnano i modelli, aiutate da stilisti professionisti, che lavorano quasi come volontari e che rendono concreta l’idea. Il progetto su carta è poi spedito in India, dove si occupano di realizzare il prototipo, che viene rimandato in Italia per un controllo. «All’inizio è stato un disastro, gli operai prima di lavorare per noi producevano fodere per cuscini e tovaglie. Si può immaginare quale risultato è venuto fuori. Abbiamo mandato indietro tutto e due ragazze sono partite per l’India». Una di queste è Fabiana, che racconta come lavorano a Calcutta. «Esistono diverse unità produttive in cui sono occupati circa 100 indiani: lì ognuno, anche in luoghi diversi, fa il proprio lavoro, alcuni cuciono, altri ricamano, spesso anche nelle loro case, ma sono a tutti gli effetti dipendenti della Cooperativa, con tutti i diritti che ne conseguono».
In quel viaggio Fabiana ha posto le basi di una collaborazione che dura tutt’ora. «Abbiamo cercato di capire come conciliare le nostre esigenze e i loro tempi». Un compromesso sui tempi è stato trovato preparando un anno prima tutti i modelli e chiedendo unicamente tre taglie, S, M ed L. Due i tessuti disponibili, uno in seta shantung e l’altra in seta semiindustriale. Le modifiche che servono per adattare il vestito ad ogni sposa vengono fatte in Italia da sarti professionisti che operano nella bottega sui Navigli.
Da quel primo viaggio l’attività del negozio è cresciuta, nonostante la crisi e il calo dei matrimoni: oggi circa 100 spose all’anno scelgono il vestito realizzato sull’asse Italia-India. La maggior parte arriva qui da fuori Milano, da Palermo, Roma, Napoli. Barbara Thaler è arrivata da Bolzano, 34 anni, si è sposata nel 2011. «Cercavo un abito che non fosse solo bello, ma che sposasse anche i miei principi, che avesse tessuti naturali e che non sfruttasse la manodopera».
Lo ha trovato in questa bottega. Il prezzo? 1200 euro, comprese modifiche e stola. I modelli partono da 800 euro, 1200 euro per quello più costoso. Nel negozio sono esposti anche i sacchetti, in parte realizzati dalla cooperativa, che contengono i confetti. In vendita non solo per le spese. Ogni tanto anche Alda Merini passava da queste parti e ne comprava qualcuno.