Arriva dalla Francia il successo contagioso di una cantante super pop, buonista e un po' no global. Una Jovanotti al femminile? Non proprio, perché si ispira a Edith Piaf

Undicesima, poi sesta, quindi prima della top ten delle migliori vendite di dischi: davanti a Eminem, Muse, Lady Gaga, Shakira. Il "bling bling" è morto, viva il "Je veux" di Zaz: alla passione sarkozysta per tutto ciò che luccica, Zaz, astro nascente della "chanson française", oppone il suo mondo fatto d'amore e d'acqua fresca.

Ventinove anni, look da neo-punk in rotta con l'ipocrisia piccolo borghese, piercing sulla guancia, foulard in testa e un ottimismo multivitaminico che va a braccetto con il concetto di "decrescita felice". Zaz, al secolo Isabelle Geffroy, seduce la Francia popolare, nella quale affonda le radici, con una voce roca e rotta alla Edith Piaf. Le radio se la contendono, le playlist le fanno spazio: tanto che, smentendo una generale disinteresse per le canzoni francesi, adesso anche le emittenti italiane si stanno accorgendo di lei.

Figlia di una professoressa e di un agente dell'elettricita pubblica, Zaz ha studiato pianoforte e violino al conservatorio. A 20 anni, dopo una formazione nella migliore scuola di musica di Bordeaux, il Ciam, parte in tournée con un'orchestra di "baloche basco". Sono gli anni in cui sfida la polizia pronta a distribuire multe a chi canta per strada, fa ballare i piano-bar di Montmartre, partecipa al gruppo rap 4P. Due anni dopo, il primo contratto l'arricchisce delle influenze afro, arabe, andaluse, oggi indispensabili al successo. Canta in uno stadio da 10 mila persone al confine con la Spagna, reinterpreta Edith Piaf in Siberia, fa un concerto in una miniera di sale in Colombia, una tournée con un'amica ballerina in Egitto. È a questo punto che la casa discografica Play On la scopre, e Sony la distribuisce. Raphaël, cantautore molto amato dai francesi, firma tre dei dieci titoli del suo primo disco e Zaz si apre un varco nel pop globalizzato.

Le hit parade la adorano, la critica le fa le bucce con un'attenzione mai dedicata a una cantante da "tormentone estivo". "Le Figaro" si emoziona davanti ad una voce "che seduce e sconvolge", "Libération" nota che il registro "alla buona" è compensato dallo "stile naturale". Il "NouvelObs" ama i contenuti "anticonsumistici" e l'orecchiabilità. Ma il magazine musicale francese per eccellenza, "Les Inrockuptibles", la stronca, descrivendola come un "fenomeno di legno riciclato" che "ci rompe un po'". E Valérie Lehoux di "Télérama" la bacchetta: "Ha capacità vocali fuori dal comune, ma il suo album manca di coerenza, tra una polverosa "chanson française" e una franca musica leggera, finendo in un R'n'B più o meno ballabile".

Zaz gioca anche con lo swing gitano e con il jazz, eppure riesce a suonare originale: "Funziona perché parlo dell'umano", spiega. "Cerco il valore dei sentimenti, i rapporti sinceri con la gente. Canto quello che sono".

Nel suo singolo reclama "amore, gioia e buon umore", dice che non saprebbe che farsene di una limousine, di una suite al Ritz o di una parure Chanel e che, invece, vuol "morire con la mano sul cuore". Un buonismo che funziona nella Francia in crisi. Tf1, proprietà del padrino del figlio del presidente della Repubblica Martin Bouygues, passa quotidianamente il "Je veux" di Zaz: e ora il "tube de l'été 2010", il tormentone dell'anno, è partito alla conquista dell'Europa.

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