Dopo tre anni di leggi ad personam naufragate una dopo l'altra, anche il Cav. si è convinto che il suo dottor Stranamore fa solo danni. E adesso punta su Pecorella

Chissà quanto si sarà divertito, Niccolò "Mavalà" Ghedini, a sentirsi dare dello scienziato nazista pazzo. "Simpatico dottor Stranamore" l'ha battezzato a Mirabello Gianfranco Fini, andando così poco fuori bersaglio che persino Silvio Berlusconi, davanti alla tv, si è messo a ridere. La definizione d'altra parte è meditata, visto che il leader di Futuro e libertà, in privato, chiama così il consigliere giuridico del Cavaliere da un biennio. Il nomignolo ha incontrato le inclinazioni, cinematografiche e non, anche di Gaetano Pecorella, ex Principe delle tenebre del Cavaliere, a suo tempo autore di svariate leggi ad personam, scalzato nel ruolo da Ghedini e ormai suo sincero avversario interno. Quella consacrazione al negativo è stata per lui la ciliegina sulla torta.

Pecorella, infatti, ha in questi giorni segnato un punto nella guerretta che da qualche tempo ha scatenato contro l'ex giovane speranza del Foro che proprio lui portò ad Arcore: di punto in bianco, il Cavaliere ha infatti deciso di lasciar perdere processi brevi e affini per concentrarsi su una revisione del legittimo impedimento. E chi gliel'aveva consigliato? Proprio Pecorella, due giorni prima. Soluzione specifica per un principio generale: accantonare le meccaniche infernali quintessenza del ghedinismo e concentrarsi su uno scudo che tuteli carica e funzione del premier. Una strategia che del resto finisce per trovarsi in asse con quella seguita da tempo da Fini e dalla sua consigliera giuridica Giulia Bongiorno ("Perché non ci si concentri sul lodo Alfano costituzionale resta per me un mistero", disse una volta). L'obiettivo insomma è comune, anche se le motivazioni di partenza sono diverse. E in questo quadro le triangolazioni si sprecano. Pecorella che dà spesso ragione a Fini.

Fini che cita Pecorella come anti-ghedinesco autore di proposte "ragionevoli", mentre nei Palazzi si moltiplicano i sussurri di chi sottolinea come il Principe delle tenebre fosse più abile del suo successore e come abbia una consuetudine assai meno infelice con la procura di Milano. Il gioco si regge sul bersaglio: convincere Berlusconi che Ghedini non è la persona più adatta a gestire la partita. Se non altro perché non fa mai goal, e quando lo fa viene annullato dall'arbitro. Se non altro perché è uno che "non ascolta", anche quando ha torto.

Stranamore per ora si tiene stretto il suo ruolo di consigliori, ma qualche scricchiolio si avverte, anche perché pure la Lega ha le sue perplessità. Non è un caso che, a trattare sulle intercettazioni con Bongiorno, alla fine il Cavaliere abbia mandato il ministro Angelino Alfano: e l'accordo che da due anni non si trovava, magicamente è arrivato. Né è un caso che, sul fronte della comunicazione, Alfano abbia sostituito da tempo Ghedini, immortale autore di scivoloni verbali come "utilizzatore finale". Ma c'è di più: agli osservatori non è sfuggito che Alfano sia stato l'unico ammesso ad ascoltare con Berlusconi il Fini di Mirabello. Né sfugge che sempre più spesso sia lui l'inviato speciale presso il Colle, in un momento non agevole per Gianni Letta, che del Quirinale è il tradizionale interlocutore.

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