Le Lega confonde il federalismo con il disprezzo di tutto ciò che le appare diverso. Invece redistribuire i poteri sarebbe una cosa seria, se fosse per il bene comune

Nord e Sud, la tagliola di Bossi

Mi capita assai di rado di colloquiare con qualche collega editorialista di altri giornali in questa mia rubrica di "vetro soffiato". Se non ricordo male mi è accaduto con Galli della Loggia, Giuliano Ferrara e Luca Ricolfi ed è ancora con lui che colgo questa volta l'occasione di dialogare. Per alcune sue recenti dichiarazioni nella trasmissione "Otto e mezzo" e per l'articolo da lui pubblicato sulla "Stampa" del 19 settembre sul federalismo.

Nella trasmissione della Gruber Ricolfi ha delineato una sua concezione del giornalismo piuttosto singolare. Più che del giornalismo, una sua concezione delle notizie. Secondo lui le sole e vere notizie degne d'esser pubblicate con la dovuta evidenza sarebbero: i provvedimenti importanti della pubblica amministrazione, i risultati conseguiti dalle imprese e i fatti che le riguardano, gli analoghi eventi che avvengono nell'area internazionale e i sinistri naturali di qualche rilievo.

La cronaca non interessa, le dichiarazioni dei politici meno ancora, la vita politica nel suo complesso va mandata in soffitta e così pure le prese di posizione degli imprenditori, dei sindacati e di chiunque voglia esprimere le sue idee sul cosiddetto bene comune. I giornali insomma, se ho ben capito, dovrebbero essere la bella (o la brutta) copia della "Gazzetta Ufficiale": leggi e ordinanze con in più i bilanci delle imprese, i contratti dei sindacati e l'analisi dei risultati. Via tutto ciò che si può dichiarare "immateriale", cioè il punto di vista di chi ha una responsabilità operativa o anche soltanto culturale. Insomma, i numeri primi sì, il racconto no, troppo arbitrario, troppo suggestivo, poco neutrale. A Luca Ricolfi non piace.

Naturalmente Luca (lo chiamo per nome perché lo conosco da quando era bambino e per questo gli voglio bene) non ignora che il giornalismo è stato fin dalla sua nascita il racconto della realtà, la sua narrazione, ancorata ai fatti e alle idee ma inevitabilmente guardata dal punto di vista dal quale quel giornale e quel giornalista guardano. Con l'obbligo di mantenere la propria indipendenza e soprattutto di dichiarare quale sia il punto di vista dal quale stanno guardando.
E Luca sa anche che le società contemporanee in tutti i paesi del mondo sono civiltà mediatiche. Sicché ragionare come se non lo fossero è un'ideologia utopistica: il cantiere nel quale operiamo fornisce quel tipo di mattoni e non altri.

L'articolo del 19 scorso affronta invece il tema del federalismo. Lo affronta, anche in questo caso, in un modo alquanto anomalo. Scrive Ricolfi che la sorte del federalismo è nelle mani del Sud. Infatti il Nord vota tradizionalmente a destra ed è federalista, il Centro vota tradizionalmente a sinistra ed è statalista, il Sud di volta in volta cambia il suo voto, oscilla e quindi decide a chi dare la vittoria, se al Centro rosso o al Nord bianco, anzi verde per via della Lega.

Importante, secondo Luca, sarebbe che nel Sud prevalessero quegli elettori che vogliono accettare la sfida del federalismo (e ce ne sono) migliorando le proprie capacità produttive, tagliando gli sprechi, diventando economicamente e civicamente virtuosi. Se questo avverrà sarà un gran bene per il Sud e per l'Italia; se non avvenisse il Nord ne trarrà le conseguenze perché non può più permettersi di mantenere i vizi e la pigrizia del Sud.
Questa visione parte da una concezione molto schematica: un Nord di destra e federalista, un Centro di sinistra e statalista, un Sud oscillante. Può forse essere una fotografia dell'oggi ma non un processo storico. Il Nord (Luca è torinese e lo sa bene) fu il motore del centralismo italiano; spesso ha votato più a sinistra che a destra, mentre il Sud purtroppo è stato il luogo delle clientele oltreché delle mafie.
Le virtù del Nord sono indiscutibili, ma i vizi che ha - come tutti - lo sono altrettanto. Il Nord ha con una mano mantenuto il Sud mentre con l'altra mano si è ripreso i suoi denari più gli interessi. La nostra storia nazionale è stata interamente dominata da questo contrasto.

Senza dire che tutte le svolte autoritarie sono sempre nate al Nord, sostenute o addirittura volute dalla borghesia settentrionale, industriale e agraria. Aggiungo che lo Stato di Roma ladrona ha investito al Nord il grosso delle risorse che passavano nelle sue mani. La questione settentrionale nasce infatti quando lo Stato è a corto di risorse, non prima.
Infine: la Lega non è solo federalismo. La Lega è anche xenofobia, localismo senza sfondo nazionale, disprezzo e subordinazione di tutto ciò che le appare diverso, abolizione dello stato di diritto che tutela le minoranze e le opposizioni.

Il federalismo secondo me si deciderà sul criterio di costruzione dei costi-standard dei servizi pubblici e sui criteri perequativi. Se questi due elementi non rispetteranno l'etica di un bene comune accettabile da tutto il Paese, saranno guai perché se è vero che il Nord non può più mantenere il Sud è ancora più vero che l'Italia non può mantenere il leghismo.

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