Ormai oltre il 14 per cento degli italiani, cioè quasi tre milioni di persone, sbarcano il lunario con una seconda attività. Quasi sempre in nero. Un effetto della recessione, che coinvolge soprattutto i più anziani
C'era una volta il mito dell'italiano che ama staccare presto dall'ufficio per godersi la vita. Se era forse vero in passato, ora la crisi ha cambiato questo genere di costumi.
Un'indagine realizzata in settembre dalla Camera di Commercio di Milano su un campione nazionale di quasi mille persone rivela infatti che il 14,1 per cento dei lavoratori italiani, ovvero quasi 3 milioni di persone, ha ormai una seconda attività. Un'occupazione che, in media, impegna chi la fa per 10 ore settimanali ed è aumentata sensibilmente durante la recessione. Lo dice il saldo (positivo) fra chi, a causa della crisi, vi ha dedicato ancora più tempo e chi, al contrario, ha accusato il colpo anche lì.
Un dato che dovrebbe far contento il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, favorevole ad aumentare l'età necessaria per andare in pensione: più propensi al secondo lavoro sono gli italiani "over 60" (lo fa uno su cinque), mentre i giovani sembrano preferire il tempo libero (ha una doppia occupazione solo il 13,1 per cento).
Restano invece escluse, dal primo come dal secondo lavoro, le donne. Solo una su nove tra gli impegni domestici riesce a ritagliarsi anche il tempo per svolgere una professione supplementare, contro la media di uno su sei degli uomini.
Da notare che il secondo lavoro sembra rendere più del primo: i guadagni realizzati incidono infatti per quasi il 20 per cento dei redditi totali. Il che indica, forse, che almeno a volte secondo lavoro fa rima con lavoro nero.