Catello Maresca, Raffello Falcone e Marco Del Gaudio: questi i tre pm che hanno arrestato il boss dei Casalesi. Ci hanno lavorato per anni, con una scorta a mezzo servizio

Zagaria, ha vinto lo Stato

L'hanno preso loro. I pm della Dda di Napoli Catello Maresca, Raffello Falcone e Marco Del Gaudio. Ci hanno lavorato per anni, e ora possono festeggiare la cattura di Michele Zagaria.

Maresca è il più giovane dei tre. Ed è il primo ad aver parlato con il boss dei Casalesi appena uscito dal buco di Casapesenna nel quale si nascondeva. «Come mi ha insegnato il mio maestro Franco Roberti, è finita» gli ha detto. «E' finita, avete vinto voi, ha vinto lo Stato», ha risposto il boss. Che ha voluto specificare subito ai pm che lui, con i progetti di attentati dinamitardi di cui s'è parlato nei giorni scorsi, non c'entra niente. «Io non ho mai pensato di fare queste brutte cose che sono state scritte, ve lo giuro», ha detto.

Michele Zagaria soprannominato ''Capastorta'' è stato bloccato come un topo in fuga, dentro una gabbia di cemento armato scavata nelle viscere di Casapesenna. Zagaria è stato poi portato a Caserta.

Quando gli investigatori lo hanno bloccato a Casapesenna non lo avevano subito visto in faccia perché la botola di cemento armato è rimasta bloccata per un'ora. E' stata staccata la corrente elettrica che la azionava. Il distacco è stato effettuato per impedire eventuali fughe del boss.

Zagaria era ricercato da 15 anni. La sua specializzazione è il settore edile ed è considerato un manager della criminalità organizzata. E' stato in grado di mettere insieme, in un giorno di chiusura delle banche, 500 mila euro per l'acquisto di un immobile a Parma. Le sue imprese casertane sono riuscite ad imporsi sul mercato nazionale non solo praticando prezzi concorrenziali ma anche garantendo costantemente sui cantieri uomini e mezzi e tempi ridotti per la realizzazione delle opere.

Il 'feudo' di Zagaria è il triangolo tra Casapesenna, San Cipriano d'Aversa e Casal di Principe, dove il boss è proprietario di un impero di milioni di euro accumulati con la droga, le estorsioni ed il controllo degli appalti. «A partire dal 2001 e fino a poco prima del mio arresto», aveva detto il pentito dei Casalesi, Emilio di Caterino «per le grosse estorsioni, qualunque fosse il territorio in cui esse avvenivano e qualunque fosse la fazione dei Casalesi che aveva il controllo di quel territorio, il denaro comunque arrivava a Michele Zagaria, il quale provvedeva a distribuirlo fra tutti».

Dopo l'arresto di Antonio Iovine, con il quale - secondo gli investigatori - Zagaria aveva interrotto i rapporto da un paio di anni, la ricerca dell'ultimo boss dei Casalesi si era fatta più pressante. E oggi per lui è arrivata la parola fine. Un colpo durissimo per Gomorra.

I magistrati della Dda di Napoli hanno in pochi anni messo alle corde una delle organizzazioni criminali più potenti del Paese. Hanno arrestato Giuseppe Setola, il killer più spietato dell'ala stragista del clan, hanno consegnato alla giustizia l'altro capo della famiglia camorrista, Antonio Iovine. Hanno messo le manette a centinaia di complici e fiancheggiatori, hanno sequestrato beni per centinaia di milioni di euro, hanno scoperchiato le connivenze con la politica, chiedendo l'arresto di pezzi da novanta della politica nazionale come Nicola Cosentino e indagando deputati e consiglieri regionali (in primis Luigi Cesaro, attuale presidente della provincia di Napoli, e Nicola Ferraro, ex Udeur.

Sono uomini in prima linea a cui il ministero della Giustizia, lo scorso 6 ottobre, ha tagliato la scorta. Per banali motivi la procura di Napoli per mesi non ha avuto più i soldi per pagare gli straordinari agli uomini che guidano le auto di scorta dei pm più esposti, che per settimane sono dovuti tornare a casa (se volevano restare in procura oltre l'orario d'ufficio) a loro rischio e pericolo. Molti la domenica sono rimasti chiusi nei loro appartamenti: chi voleva uscire lo faceva senza protezione. Ora la scorta è tornata, ma come racconta Maresca a "L'Espresso" solo a «mezzo servizio. Ce la garantiscono per gli spostamenti locali, per Napoli e dintorni. La prossima settimana dovrei venire a Roma per lavoro. Oggi abbiamo preso Zagaria ma il nostro compito non è finito. Non so se potrò venire nella Capitale, perchè la scorta fuori città non me la danno».

Sembra uno scherzo, ma è così. In un'intervista dello scorso 21 ottobre Maresca andava oltre. «Ma che esempio diamo? Noi diciamo sempre che gli imprenditori non denunciano il crimine organizzato, e promettiamo a chi si espone protezione» ragionava con "L'Espresso" «Ma oggi chi vede che neppure i funzionari dello Stato che lottano in prima fila contro le mafie sono tutelati, pensano: "Figurati gli altri". Io un po' di paura ce l'ho. Mia moglie ha sempre condiviso la mia scelta, anche se ogni tanto mi chiede: "Ma a te chi te lo fa fare?". Io non so cosa dire, le rispondo con uno sguardo, e lei capisce che senza il mio lavoro non sarei un uomo soddisfatto. Ma quando lo Stato che tu servi ti mette in pericolo, ti verrebbe da andartene sbattendo la porta. E' una cosa brutta. Spero che questa situazione sia davvero provvisoria, altrimenti comincerò a valutare di prendere altre strade». Anche cambiare mestiere? «Bè, nessuno mi vieta di fare domanda per qualche tribunale civile di un tranquillo paesino del Centro-Nord».

Parole di un mese fa. Speriamo che oggi, davanti alla cattura di Zagaria, a Maresca e i suoi colleghi qualcuno la scorta gliela restituisca. Non solo «a mezzo servizio».

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