A quasi 90 anni, la grande astronoma ormai può divertirsi come le pare. E così il 27 luglio salirà sul palco per un concerto di brani popolari: "Perché la musica è uno strumento politico", spiega lei

Hack, una cantante stellare

Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti". Quando Ginevra attacca il ritornello di Malarazza, lamento siciliano contro lo sfruttamento padronale, Margherita non resiste: si solleva dalla poltrona e si mette ad agitare il bastone a ritmo. La scena è lo spettacolo "L'Anima della Terra" (previsto il 27 luglio al Venaria Real Music 2011 di Torino): Ginevra di Marco offre la sua voce a una selezione di canti popolari che raccontano la fatica di essere uomini (e donne) e l'astronoma Margherita Hack commenta, con lo scrittore Marco Vichi a cucire gli interventi.

Dopo la musica delle stelle che la scienziata ha ascoltato per anni, anni di crepitii e fischi come di radio disturbata portati sulla Terra dai radiotelescopi, Hack si dedica alla musica cosiddetta "impegnata" perché, si sa, lei non ha solo il sacro fuoco della scienza, ma anche quello della partecipazione attiva alla vita sociale e politica del Paese (tanto che la rivista "MicroMega" ha da poco lanciato un appello per la sua nomina a senatrice a vita). Ma la Hack in scena coi musicanti sorprende. E le abbiamo chiesto le ragioni di questa sua "incursione".

Stupisce vederla coinvolta in uno spettacolo estivo.

"La musica può essere strumento politico: le canzoni di "Anima della Terra" ce lo mostrano. "Amara terra mia" racconta il dolore dell'emigrazione e dovrebbe farci riflettere anche oggi. "Le figliole" invece parla di donne che senza l'amore non sono niente: "Sono navi senza la vela, son lanterne senza candela, sono corpo che non ha cuore". Una visione per fortuna sorpassata. E poi c'è "La malarazza": dice che in caso di soprusi non bisogna lamentarsi, ma prendere il bastone e difendersi. Anche questo vale ancora oggi, solo che il nostro bastone deve essere la scheda elettorale".

Lei però è abituata ad altre armonie: gli antichi parlavano di armonia delle sfere celesti. Pensavano che i corpi celesti si muovessero nel cielo come seguendo una musica...
"Il riferimento è all'armonia in senso meccanico: le orbite dei pianeti e dei satelliti attorno a un certo corpo non sono distribuite a caso, ma secondo distanze che formano una serie matematica. Prendiamo gli anelli di Saturno: nelle raffigurazioni sembrano un disco a 33 giri. In realtà sono piccoli satelliti distribuiti tutti attorno al pianeta secondo una precisa regola geometrica. Forse da qui veniva il collegamento, visto che anche nella musica ci sono delle serie matematiche".

Quindi non c'è nessuna melodia celeste?

"Certo che c'è, ma non è una vera melodia: piuttosto è rumore. Le stelle e i pianeti emettono onde elettromagnetiche che si possono captare con i radiotelescopi e che al nostro orecchio risultano come fischi, schiocchi, crepitii: un po' come quando ci sono interferenze alla radio. Prendiamo il Sole: quando è calmo, emette una specie di soffio continuo di particelle, il vento solare, che escono dalla sua superficie per muoversi lungo il campo magnetico che c'è tra il Sole e la Terra. In pratica, è un debolissimo rumore di fondo, ma quando l'attività solare aumenta e si formano le macchie, si sentono quei rumori di cui parlavo. Una tempesta elettromagnetica lassù, una tempesta di suoni qui".

La musica però le piace.
"Devo confessare che mi piace, ma ho pochissimo orecchio, ricordo solo le melodie più semplici. E Aldo, mio marito, dice che quando canto stono sempre. Mia madre suonava il pianoforte: siccome soffriva d'artrosi suonava per fare esercizio. Le piaceva, ma non era assolutamente tagliata, così si limitava alle scale o poco più. Io avrò avuto 3-4 anni, mi accoccolavo sotto il pianoforte e la sua musica mi faceva venire un gran sonno. Ancora oggi quando sento un pianoforte in lontananza - capita, in estate, con le finestre aperte - mi prende un abbiocco come quando fa caldo e si è mangiato tanto. Anche Chopin mi fa dormire, non lo posso soffrire. Mi piacciono invece le "Quattro stagioni" di Vivaldi, Bach e Mozart. Insomma, melodie allegre. Di musica però ne ho ascoltata tanta. Soprattutto quando ero all'Osservatorio di Merate, tra il '54 e il '64: ci passavo intere notti da sola in cupola".

E la musica si accoppiava all'osservazione?
"Cercavo alla radio le stazioni che trasmettevano i ballabili più frenetici, per tenermi sveglia. Allora l'osservazione era un'operazione solitaria, manuale e noiosissima. I telescopi erano come orologi a molla, camminavano un po' avanti e un po' indietro e bisognava stare attenti che la stella - un puntolino azzurrastro che dava un effetto ipnotico - non uscisse dall'inquadratura. Oggi è tutto diverso, i telescopi sono automatizzati e a impostare il lavoro sono i tecnici. L'astronomo decide che cosa osservare e guarda i dati alla fine".

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