Le dimissioni ai vertici dell'esercito segnano la fine dello Stato di sicurezza nazionale. Le prossime forze armate turche saranno composte da un corpo più professionale che resterà ideologicamente neutrale e politicamente imparziale

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La notizia che il Capo di stato maggiore turco e tre dei comandanti delle quattro forze armate del paese abbiano rassegnato le dimissioni ha generato una valanga di interrogativi in tutto il mondo. Il capo di stato maggiore Kosaner è stato sostituito dal comandante della gendarmeria che invece non si è dimesso, mettendo così al riparo la continuità istituzionale.

Questa mossa senza precedenti ha innescato inevitabili preoccupazioni sul futuro della democrazia turca. Le dimissioni sono arrivate tre giorni prima dell'incontro del Consiglio superiore militare, quello che decide delle promozioni, dei pensionamenti e delle nomine del corpo ufficiali. Questo ha fatto pensare a disaccordi tra il governo e le autorità militari sulle decisioni riguardanti il personale.

Diverso tempo è passato dall'ultima volta che i militari turchi hanno vinto una battaglia politica contro il governo civile. E qualsiasi cosa abbiano fatto nel corso degli ultimi quattro o cinque anni gli si è riversata contro, rafforzando il governo civile e l'Akp al potere. L'urgenza continua di intervenire nel processo politico ha eroso sistematicamente il loro prestigio e lo status di istituzione di maggior fiducia nel Paese.

Un'erosione derivata in parte dalle rivelazioni su elementi dell'esercito coinvolti in attività illegali, nella guerra psicologica contro gruppi considearti indesiderabili, sui profili politici e sulla pianificazioni di colpi di Stato. Queste attività, una versione turca dell'affaire Gladio, che sono proseguite molto dopo la guerra fredda, sono adesso perseguite nel processo chiamato Ergenekon

Diversamente da Italia, Belgio e Francia, la Turchia non si è mai confrontata con la sua Gladio. Finita la guerra fredda, invece di ripulire il sistema dagli strascichi istituzionali e dalla mentalità Gladio, i vertici militari turchi hanno utilizzato l'insurrezione guidata dal Pkk come una scusa per mantenere il sistema e le strutture di uno Stato basato sulla sicurezza nazionale. Con un tale sistema i militari avevano sempre l'ultima parola, controllavano il processo politico e si presentavano come custodi del secolare ordine repubblicano, anche a spese della volontà democratica del popolo.

Nel XXI secolo un sistema del genere non poteva più funzionare. Né i militari potevano conservare il privilegio di avere l'ultima parola sulle questioni politiche e continuare nel loro ruolo non assoggettato alle autorità civili. In un tempo in cui la responsabilità di tutte le istituzioni è di primaria importanza le forze militari non possono essere superiori alla legge e allo scrutinio.

Nel suo messaggio d'addio Kosaner ha citato l'impossibilità di proteggere "i diritti legali del mio personale". Kosaner faceva riferimento alla detenzione di centinaia di ufficiali alcuni sulla base di prove inconsistenti, nel caso Ergenekon. L'inadeguatezza delle accuse, l'insufficenza delle prove e il crescente sospetto che si stia portando avanti una vendetta politica sotto forma di procedimento giudiziario, stanno minando la legittimità di questo caso importantissimo.

"È impossibile accettare che queste detenzioni siano basate su una qualsiasi legge universale, giustizia o regole dettate dalla coscienza", ha scritto Kosaner mostrando sensibilità per le norme dettate dalla legge e per il procedimento giudiziario. Forse il generale era a conoscenza del contributo della sua stessa istituzione al declassamento dei dettami della legge e alla violazione dei diritti e della reputazione degli individui per decenni.

La ristrutturazione delle forze armate sta avvenendo secondo i bisogni e la realtà di una Turchia più moderna, economicamente globale e urbana. I giorni dello Stato basato sulla sicurezza nazionale e dell'esercito ideologico e orientato a se stesso che lo sosteneva sono finiti. Le prossime forze armate turche saranno composte da un corpo più professionale che resterà ideologicamente neutrale e politicamente imparziale e che si confronterà con uno Stato sempre più inserito nel commercio mondiale e più in sintonia con i nuovi dettami della sicurezza internazionale.

Questo incidente, simbolicamente forte, è l'ultimo stadio della demilitarizzazione della politica turca. Adesso la supremazia dell'autorità civile non potrà più essere messa in discussione e la nuova costituzione, che sarà redatta dall'attutale parlamento, si rifletterà su questo nuovo equilibrio di potere. La domanda più pressante oggi è se le forze civili in Turchia riusciranno a rendere più profonde le credenziali democratiche della gestione politica del paese.