L'inchiesta sulle presunte mazzette a Penati e ai suoi dimostra che la magistratura non sta né a destra né a sinistra. Ma cerca solo di far luce sulle ruberie dei politici

C'è voluto un po' di tempo - 17 anni, non di più - ma alla fine l'ha capito anche la stampa berlusconiana: le toghe rosse non esistono. O meglio, i magistrati - come gli imbianchini, i trapezisti, i sommozzatori - possono essere di destra o di centro o di sinistra, ma il loro colore politico non può essere desunto da quello dei loro imputati.

E, soprattutto, se un magistrato indaga su un politico di destra o di sinistra, di solito è perché sospetta un reato, non perché vuole colpire un avversario. La svolta, lievemente tardiva, la dobbiamo a un articolo comparso su "Libero", il quotidiano che due mesi fa accusava la Corte d'appello di Milano di fantomatiche mire persecutorie contro Berlusconi solo perché ha condannato la Fininvest a risarcire l'editore del Gruppo Espresso per il noto scippo della Mondadori. L'articolo in questione s'intitola "La toga rossa che inchioda i compagni" ed è dedicato a Walter Mapelli, il pm di Monza che accusa di gravissime corruzioni e concussioni Filippo Penati, ex braccio destro di Bersani e uomo forte del Pd milanese. Con finto stupore, l'articolista belpietresco fa notare che Mapelli è un esponente di Magistratura democratica, la corrente progressista delle toghe, e "non l'ha mai nascosto", eppure indaga sulla Tangentopoli rossa.

L'elogio di "Libero", a tratti imbarazzante, del pm rosso che indaga sui rossi ("Entusiasmo e convinzione... Va avanti che pare un treno... Sa bene di quali collaboratori avvalersi... Aria sportiva e informale...") serve a rafforzare la sua posizione contro quella del gip, che ha respinto la richiesta d'arresto per Penati, derubricando le accuse da concussione a corruzione e giudicando il reato prescritto. Una volta tanto insomma, i nemici del "partito delle procure" tifosi del "giudice terzo" sostengono il primo contro il secondo. Ma ciò che conta è che anche la stampa di destra prenda atto che si può essere di sinistra e indagare sulla sinistra. Con qualche altro piccolo sforzo e qualche altro anno di attesa, si può sperare che lo stesso riconoscimento, magari postumo, venga tributato ad altri magistrati che negli ultimi vent'anni sono stati diffamati, calunniati, infangati come servi della sinistra solo perché hanno avuto il torto di imbattersi in delitti commessi a destra.

Per non parlare di quelli che passavano da fascisti a comunisti, a seconda degli indagati che transitavano dal loro ufficio. Gerardo D'Ambrosio, negli anni Settanta, era fascista perché prosciolse il commissario Calabresi per la morte dell'anarchico Pinelli e Pino Rauti per piazza Fontana; poi diventò comunista perché coordinava il pool Mani pulite che perseguitava i galantuomini di Tangentopoli. Parallelamente Gian Carlo Caselli era, negli anni Settanta, il "Kaselli" con la K e il "servo del generale Dalla Chiesa" perché indagava sulle Brigate rosse e su Prima Linea. Poi divenne "comunista" solo perché incriminò Andreotti per mafia. Ferdinando Pomarici era il fascista che sposava la pista di Lotta continua per il delitto Calabresi, poi divenne il comunista e l'amico dei terroristi che tutti sappiamo quando, insieme a un altro ex nero divenuto rosso, Armando Spataro, osò processare uomini della Cia, del Ros e del Sismi per il sequestro Abu Omar. Stessa sorte toccò all'intero pool Mani pulite, formato da moderati come Davigo e Di Pietro e da progressisti come Colombo e Greco, solo perché fra i loro indagati c'erano Craxi, Forlani e poi Berlusconi.

Nessuno ricorda che i primi politici arrestati in Mani pulite furono due ex comunisti, Li Calzi e Soave. Paolo Ielo, che ereditò le indagini scombiccherate di Tiziana Parenti sulle tangenti rosse, fu accusato di averle insabbiate per fare un favore alla sinistra: ora, trasferito a Roma, ha messo sotto inchiesta nello scandalo Enav il dalemiano Morichini e il bersaniano Pronzato. E Ilda Boccassini? Rossa quando scoprì lo scandalo delle toghe sporche pagate da Previti con soldi di Berlusconi, poi nera quando sventò due attentati delle nuove Br a Paolo Berlusconi e alla redazione di "Libero" (con tanti ringraziamenti di Feltri & Farina). Ma niente paura: ora riparte il processo Ruby a Berlusconi, e tornerà rossa come il fuoco.

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