Attenzione: dopo aver scampato il referendum sul Porcellum, adesso i leader vogliono dimezzare il numero dei parlamentari. In apparenza per diminuire i costi della politica, in realtà solo per rafforzare ulteriormente il proprio potere

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Dimezzare i parlamentari: l'idea apparentemente volta a ridurre i costi della politica, in realtà rischia di essere solo una trovata demagogica. Il leghista Calderoli ha chiesto di ridurre i parlamentari da 945 a 500; i democratici Bersani e Veltroni hanno proposto una legge (costituzionale) di un solo articolo per passare da 630 a 315 deputati; e Sergio Romano ha incitato a dimezzare i rappresentanti del popolo «per dare una risposta al paese, trovare un'intesa tra maggioranza e opposizione, e lanciare un segnale positivo nella crisi».

Se però si guarda all'interesse democratico dei cittadini, la proposta risulta, oltre che inefficace, anche controproducente. Innanzitutto perché inciderebbe marginalmente sui costi della politica: il bilancio del Parlamento di circa 1.580 milioni di euro, oltre che gli stipendi degli eletti, copre i costi di funzionamento, gli stipendi dei dipendenti e i vitalizi, tutte voci su cui il dimezzamento non inciderebbe. Di ben altra incidenza finanziaria sarebbe la drastica riduzione delle retribuzioni di tutti i parlamentari e dipendenti, nonché il taglio dei soldi ai partiti comunque erogati, e il disboscamento delle migliaia di enti pubblici di ogni ordine che danno da vivere "di politica" a centinaia di migliaia di persone che non hanno altra arte e parte. Si consideri anche che tutti questi provvedimenti potrebbero essere approvati con leggi ordinarie senza ricorrere a procedure costituzionali dagli esiti incerti.

II punto cruciale, tuttavia, riguarda il ruolo dell'eletto secondo l'art. 67 della Costituzione: «Ogni membro del parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato ». Oggi in Italia i membri della Camera dei deputati sono 630, cioè un eletto ogni 95 mila abitanti, corrispondenti a circa 70-80 mila elettori. Lo stesso rapporto esistente nei principali paesi europei: 650 sono i membri della House of Commons inglese, 577 nella Assemblée Nationale francese e 622 nel Bundestag tedesco. Si aggiunga che in Italia il gioco democratico è distorto da una prassi consolidata secondo cui il parlamentare non sente di rappresentare i cittadini che lo hanno eletto, e tantomeno la Nazione, ma spesso in misura più o meno vincolante l'entità che lo ha candidato in posizione da farlo eleggere. Il risultato di questa cultura è il parlamento attuale, grottescamente composto da fedeli "nominati" da non più di una dozzina di capipartito. Per di più, nella mente a-istituzionale di Berlusconi è fiorita anche la brillante idea di un sistema in cui i capigruppo sostituiscono interamente i parlamentari con un pacchetto di voti corrispondenti al peso elettorale.

Oggi tutti ci auguriamo che l'attuale sistema di "nomine" finisca nel cestino dei rifiuti. Ma non bisogna illudersi su quel che verrà dopo: anche con la migliore legge (collegi uninominali) si porrà l'esigenza di allentare la dipendenza degli eletti dai partiti e da chi controlla le candidature, insieme alla necessità di rafforzare le scelte dell'elettore con il voto. In tal senso per la Camera dovrà essere perseguito l'obiettivo di accorciare il rapporto eletto-elettore da contenersi in una dimensione che favorisca il contatto diretto. Per il Senato, invece, si dovrà procedere alla trasformazione in organo federal-regionale. Quindi, se davvero si volessero dimezzare i deputati, l'effetto sarebbe inevitabilmente di aumentare il potere dei partiti (e dei loro capi) e di allentare il legame diretto tra eletti ed elettori. Tanto più in un sistema come il nostro in cui si manifesta una sorda resistenza a definire per legge lo statuto dei partiti e i diritti degli iscritti sulle candidature, cioè quelle regole che vanno anche sotto il nome di primarie.

La Repubblica ha bisogno non solo di drastiche riduzioni dei costi della politica, ma anche di regole che restituiscano il potere di decisione ai cittadini, eliminando le aberrazioni che ovunque proliferano.