I sondaggi sono buoni e l'effetto-primarie è ancora vivo. Ma ora Bersani ha paura che il confronto si riduca al dualismo 'Berlusconi contro il Professore'. Con il rischio che quest'ultimo diventi un po' troppo ingombrante

Al Nazareno, sede del Pd, nessuno lo dice ufficialmente. Un po' per scaramanzia, un po' perché il centrosinistra in passato è riuscito a gettare al vento partite elettorali che sembravano già vinte. Ma questa volta fallire l'obiettivo della vittoria alle prossime elezioni politiche sembra un compito al di fuori della portata anche della sindrome del 'tafazzismo' di cui da anni è vittima la sinistra. L'accelerazione verso le elezioni ha infatti portato in dote al Pd tre preziosi regali.

Il primo è quello di avere un avversario, Silvio Berlusconi, che appare logoro e privo di appeal.

Il secondo è aver avvicinato la data del voto a metà febbraio, accorciando i tempi della campagna elettorale e diminuendo quindi il tempo a disposizione del centrodestra per recuperare.

Il terzo, anche se nessun dirigente democratico lo confesserà mai a microfoni accessi, è quello di andare al voto con il Porcellum, sistema elettorale che offre al primo arrivato una maggioranza granitica almeno alla Camera. 

Ci sono però dei fantasmi che possono spaventare Bersani, si ammette al Pd: e riguardano l'eventuale discesa in campo di Mario Monti. Così lunedì il segretario del Pd ha consigliato al premier di star lontano dai giochi e nel partito è questo, adesso, l'oggetto del confronto. 

Prendiamo uno come il senatore democratico Giorgio Tonini, che non ha mai nascosto le sue simpatie per il Professore. Dice Tonini, guardando i sondaggi sull'operato dell'esecutivo: «I due terzi del nostro elettorato giudicano positivamente il governo Monti; invece tra gli elettori del Pdl due terzi sono critici con il governo. Questo spiega anche la linea antisistema scelta da Berlusconi». Quindi? Il prof in campo può rubare voti al centrosinistra: «Se ho imparato a conoscere Mario Monti, ora il premier non sta facendo calcoli di convenienza, non gli appartengono», sostiene Tonini. E poi: «Se il nostro segretario seguirà la linea già prospettata del 'non raccontare favole' ma di dire la verità agli italiani, Monti potrebbe rinunciare a scendere in campo. Credo che si candiderebbe soltanto se nell'offerta politica alle prossime elezioni politiche mancasse un'opzione intenzionata a raccontare la verità ai cittadini».

La stessa linea, più o meno, è quella che tiene Roberto Speranza, coordinatore del comitato Bersani durante le primarie, insomma uno degli 'uomini nuovi' del segretario: «Noi abbiamo un programma che non archivia totalmente l'agenda Monti ma prova a rafforzare l'aspetto sociale di quanto fatto dal governo. Più uguaglianza, più attenzione ai ceti deboli. Ma su alcuni grandi patti con l'Europa non si torna indietro». E Speranza sostiene che l'ingresso in gara del Professore non cambierebbe nulla rispetto a una settimana fa: «Le primarie sono un patrimonio tale che non è facilmente disperdibile. Sono state la prima grande controffensiva democratica rispetto all'antipolitica. Ora il Pd ha tutte le carte in regola per lanciare la campagna elettorale per le politiche». E a proposito di primarie, chi non guarda con entusiasmo ad un ingresso di Mario Monti nella compagine di centrosinistra è Laura Puppato, già candidata alle consultazioni del centrosinistra: «Il Paese deve ringraziarlo per quanto fatto, ma non vedo alcun automatismo tra il suo operato e un suo ruolo futuro».

Tuttavia, aggiunge Puppato, «se Monti sarà sceso in campo con una sua lista, a quel punto potrà legittimamente allearsi con il centrosinistra. Il consenso e la rappresentanza sono concetti fondamentali».  Secondo Andrea Orlando, uno dei leader della componente 'Rifare l'Italia' e membro della segreteria del Pd, la vera sfida per le prossime elezioni sarà quella tra 'responsabili' e 'populisti': «In questo momento il pericolo più grande è il combinato disposto delle varie proposte populiste. Avranno un'incidenza sulla prossima legislatura. La campagna elettorale del centrodestra sembra configurarsi con forti accenti antieuropei, rischiamo di avere metà dell'elettorato che suffraga un'ipotesi di questo tipo, antisistema», dice con un riferimento implicito anche al M5S.

Continua Orlando: «Sarà una grandissima sfida che ci costringerà a svolgere un ruolo da forza progressista ma anche da pilastro istituzionale. Il senso della nostra campagna elettorale sarà spiegare che questo anno di sacrifici è la conseguenza di quattro anni di governo Berlusconi. La politica di Monti è stata una toppa rispetto al buco creato dal PdL. Berlusconi tenderà a farlo dimenticare agli italiani. Noi dovremo ricordarglielo. Sarà questo il tema della campagna».  E ancora: «Io penso che Monti debba continuare ad essere il garante dell'Italia con l'Europa. Può essere un elemento in più per la credibilità italiana in l'Europa; da questo punto di vista, penso che sarebbe riduttivo ricondurlo ad una piccola formazione di centro». E un Monti al Quirinale? Orlando non si sbilancia: «Il termine 'risorsa della Repubblica' è volutamente ambiguo, non penso che prima del voto sia il giusto fare un totonomine».