Vittima del rimpasto con cui Alemanno gli diede il benservito, l'ex assessore alla cultura della Capitale fa il bilancio (disastroso) dell'amministrazione dell'ex amico. E si candida sindaco al suo posto. Mandando a dire al centrosinistra: 'Siete in stallo, e io mi faccio avanti'

Passato dagli altari alla polvere dopo due anni di assessorato alla Cultura, vittima di un rimpasto che lui stesso aveva consigliato a Gianni Alemanno per uscire dal vortice di Parentopoli, Umberto Croppi si candida a scippare il posto all'ex amico, sindaco uscente della città di Roma. Una scelta maturata – paradossalmente - grazie a Nicola Zingaretti. Se il presidente della provincia di Roma non avesse sterzato verso la Regione, l'uomo forte della prima giunta Alemanno sarebbe rimasto a guardare. E forse l'avrebbe anche sostenuto.

Ma la storia è andata in un altro modo. E Umberto Croppi è sceso in campo. L'uomo chiave per la vittoria del 2008 è stato defenestrato dopo il rimpasto di Giunta del gennaio 2011. Da allora è il principale picconatore della giunta di centrodestra al Campidoglio. In "Romanzo Comunale" (pubblicato a ottobre 2012 per Newton-Compton) ha raccontato tutti gli errori e le occasioni mancate del primo sindaco di centrodestra dopo 15 anni di Rutelli e Veltroni. "Con Gianni non parlo da quando è uscito il libro", racconta. E in questa intervista all'Espresso dice: "Dalla mia cacciata, l'esperienza di governo di Alemanno ha percorso un piano inclinato: un declino inesorabile".

Alla candidatura pensava da tempo: chi l'ha convinta definitivamente?
Sono stati in molti a chiedermi, anche pubblicamente, di presentarmi: parlo di persone, ambienti, associazioni. Ma la decisione l'ho presa dopo che Zingaretti si è tirato fuori dalla corsa al Campidoglio. Per quel che ha fatto vedere finora, sarebbe stata una buona soluzione per Roma. Dopo Zingaretti, il centrosinistra si è imbarcato in queste primarie comunali che non sembra neanche volere. Siamo in stallo, e io mi faccio avanti.

Croppi contro Alemanno?
Non sarei così certo che Alemanno si ricandiderà al Campidoglio. Ha pochi giorni per decidere tra il Parlamento e lo scranno di sindaco. E secondo me è altamente probabile che scelga la politica nazionale.

In Romanzo Comunale descrive molti degli errori commessi da Alemanno. Ci spieghi da dove ripartirebbe per non ripeterli.
Nel 2008 ereditammo una serie di problemi cronici: il bilancio disastroso, il degrado, la gestione dei rifiuti, la viabilità. Questioni che si sono incancrenite negli anni per lo stesso motivo: chi ha gestito Roma, destra o sinistra, l'ha sempre fatto in modo autoreferenziale, preferendo il consociativismo alla trasparenza. Alemanno ha avuto un'occasione unica per dare un segnale di rottura: ha preferito continuare sulla stessa linea. Fatta anche di clientelismo e strabismo politico. Si è adeguato.

Si spieghi meglio.
Da Rutelli a Veltroni, passando per Alemanno, da vent'anni chi governa Roma ha anche ambizioni di governo. Il Campidoglio è considerato un viatico per far carriera. Le dico cosa farei io? Governerei la città per cinque anni, cercherei di far emergere una nuova classe dirigente. E allo scadere del mandato tornerei a fare la mia vita di sempre.

Lei si propone come candidato dal basso, come un sindaco di rottura. Concretamente: cosa significa per lei "rompere"?
Cambiare il metodo. Smetterla di intendere la politica come un mestiere. Ancora più concretamente: azzerare i consigli di amministrazione delle società in house; creare una centrale unica degli acquisti del comune di Roma per razionalizzare e controllare la spesa. Separare nettamente Giunta e Consiglio Comunale.

Teoricamente non sono già due istituzioni separate?

Solo in teoria. Il consiglio comunale esercita pressioni fortissime – e indebite – sulla giunta. Scegliendo – ad esempio – un assessore piuttosto che un altro. Io sono stato fatto fuori per questo: il consiglio non gradiva più la mia presenza nell'esecutivo della città. E il sindaco ha ceduto al ricatto.

Dopo sei anni di gestione emergenziale, Roma non ha risolto il problema del traffico e della viabilità. Anzi. Se la scelta spettasse a lei, prorogherebbe il commissariamento in scadenza a fine anno?
Roma è ostaggio di una serie di commissariamenti che non hanno risolto nessuno dei problemi della città. Un commissariamento di cinque, dieci anni non ha senso: sono strutture da abolire. Le emergenze sono eventi straordinari da gestire nel brevissimo periodo. La viabilità è un sistema complesso dove entrano in gioco mille strutture e municipi. In questo caso un commissario – che nel caso di Roma è lo stesso sindaco – è ancora più inutile. Nella mia squadra c'è anche Carlo Tosti, ex amministratore delegato di Atac. Non solo stava risanando la società dei trasporti, ma è anche un grande esperto di mobilità. Due mesi fa propose ad Alemanno un organigramma che il sindaco non gradì. Forse erano nomi che non rispettavano la logica clientelare. E così anche lui ha avuto il benservito.

A proposito di emergenze storiche: il governo pensa a un super-commissario per i rifiuti di Roma. La capitale non riesce a uscire dal labirinto che da decenni porta sempre e solo alla discarica di Malagrotta. La sua ricetta?
Cominciamo dalle responsabilità, che sono anzitutto della Regione Lazio. In secondo luogo del Comune, poi della Provincia. In questi anni il problema dei rifiuti non solo non è stato risolto, ma nemmeno affrontato. Se diventerò sindaco, una grossa mano su questo tema me la darà Livio De Santoli (ex consulente di Alemanno sui temi energetici ndr). La risposta è nella raccolta differenziata porta a porta.

Che però prevede un massiccio investimento iniziale. Proprio quello che ha spaventato gli ultimi sindaci di Roma.
È vero, c'è da spendere e tanto. Ma è un investimento che si ripaga presto, perché genera grossi risparmi e alimenta una nuova filiera: quella del riutilizzo dei materiali.

Chi vorrebbe come candidato del centrosinistra?
Mi auguro che facciano come in Lombardia con Ambrosoli, scegliendo un candidato che provenga dalle liste civiche.