Nel marzo del '94 il Cavaliere andò al Palazzo di Giustizia di Milano per 'conquistare' i giudici di Mani Pulite. Distribuì opuscoli di Forza Italia e assicurò che lui non era contro la Procura, anzi. Perfino i futuro leader Idv ne fu affascinato. Parla l'ex magistrato Francesco Saverio Borrelli

Esce in edizione ampliata e aggiornata al 2012 il libro di Gianni Barbacetto, Peter Gomez e Marco Travaglio "Mani Pulite. Vent'anni dopo" (ed. Chiarelettere, pagg. 882).  Qui di seguito uno stralcio dell'intervista a Francesco Saverio Borrelli.

È vero che nel giugno del 1992, quando fu affidato l'incarico di governo a Giuliano Amato anziché a Craxi, ci fu un contatto tra lei e il Quirinale?
"Sì, un contatto telefonico diretto. Fui chiamato dall'allora presidente Oscar Luigi Scalfaro, il quale mi chiese un aggiornamento sui fatti oggetto della nostra inchiesta. In quel momento la persona di Craxi non era ancora stata neppure sfiorata dalle indagini. Certo, si potevano fare delle ipotesi, c'erano illazioni giornalistiche al riguardo. Ma non c'era ancora nulla a suo carico. Semmai era emerso il nome di suo figlio Bobo, nelle indagini sul Pio Albergo Trivulzio, per alcune connessioni con i finanziamenti illeciti di Mario Chiesa, che aveva finanziato la sua campagna elettorale. Comunque Bobo Craxi non fu neppure iscritto sul registro degli indagati. Rimase lì, in "freezer", in attesa di eventuali sviluppi".

Che cosa voleva sapere esattamente Scalfaro?
"Voleva ragguagli su Bettino Craxi, allora favorito per la presidenza del Consiglio, proprio perché i giornali avevano già fatto il nome del figlio Bobo. Ricordo che Scalfaro era piuttosto preoccupato, la voce tradiva una certa ansia. Da un lato temeva di ritrovarsi in una situazione difficile. Dall'altro lui stesso aveva riposto una certa fiducia nel leader del Partito socialista, e il mondo politico sperava che, all'esito delle elezioni, seguisse un incarico di governo a Craxi. Così il presidente mi fece capire che la sua domanda mirava a sciogliere questo dilemma. Mi limitai a esporre la situazione, cioè a comunicare che non c'era alcuna indagine aperta su Craxi".

È vero che lei aveva un rapporto molto stretto con il presidente Scalfaro?
"Questo è assolutamente da escludere. È vero che lo conoscevo da decenni (era magistrato ai tempi in cui lo era mio padre). Ma, durante Mani pulite, non abbiamo avuto più di quattro o cinque contatti, fra telefonate e incontri personali".

Prima che le vostre inchieste coinvolgessero in modo massiccio la Fininvest, c'è stato un atteggiamento positivo nei vostri confronti da parte dei mezzi di comunicazione del gruppo. Vi furono anche contatti con Silvio Berlusconi?

"È vero che i giornali e le reti Fininvest erano molto favorevoli a noi. Ma incontrai Berlusconi per la prima volta soltanto nei primi mesi del 1994, il 17 marzo, dieci giorni prima delle elezioni. Ricordo che uscivo dall'ufficio del procuratore generale Giulio Catelani, con il quale avevo ancora buoni rapporti. Vidi arrivare questo sorridente signore, che mi si presentò e mi tese la mano: "Dottor Borrelli, io sono Silvio Berlusconi. Buongiorno!".
All'epoca c'erano già alcune indagini sul gruppo Fininvest, per esempio quella sulle discariche in cui era coinvolto il fratello Paolo e quella su Publitalia che vedeva fra gli indagati Marcello Dell'Utri. Qualcuno già parlava di "guerra" tra la Procura di Milano e il gruppo Fininvest. Perciò, incrociando Berlusconi nel corridoio, gli domandai: "Non c'è guerra fra di noi, vero dottor Berlusconi?". E lui rispose: "No, no, assolutamente, per carità!"".

Che cosa ci faceva Berlusconi da Catelani?
"Credo che gli avesse portato un opuscolo con il programma di Forza Italia, che lui distribuiva in quel periodo per la campagna elettorale. Io ebbi la sensazione che, dopo quel contatto fra Berlusconi e Catelani, alla Procura generale fosse un po' cambiato il vento nei nostri confronti. Come se Berlusconi fosse riuscito, con il suo carisma, ad affascinare Catelani. L'uomo faceva questo effetto a molti: lo stesso Di Pietro, quando ebbe il suo primo contatto con Berlusconi che gli offrì un ministero, tornò a Milano e ci raccontò di essere rimasto affascinato dalla simpatia del Cavaliere".