Ha veramente dell'incredibile la decisione dell'esecutivo di delegare ad Agcom una norma fondamentale come quella che potrebbe imbavagliare la Rete in Italia. Ma allora a cosa serve il Parlamento? E chi ha mai eletto l'Agcom, che diritto ha a decidere su quello che si può e non si può caricare on line?
Il Presidente dell'Autorità Garante per le Comunicazioni,
Corrado Calabrò, nel corso dell'audizione dinanzi alle Commissioni VII e VIII del Senato, l'altro giorno, ha riferito che la Presidenza del Consiglio dei Ministri avrebbe predisposto una norma di legge che attribuisce alla sua autorità il potere di dettare regole in materia di diritto d'autore.
Per evitare fraintendimenti val la pena di citare testualmente le parole del Presidente dell'Authority, pronunciate dinanzi ai Senatori: «C
i rafforza in tale convincimento [ndr quello di poter varare il discusso Regolamento in materia di diritto d'autore su internet] la norma di legge predisposta dalla Presidenza del Consiglio che ribadisce la legittimazione dell'Agcom e ne definisce meglio la competenza e i poteri nella materia del diritto d'autore. Attenderemo che tale norma veda la luce prima di adottare il regolamento predisposto».
Troppo autorevole la fonte della notizia e troppo autorevole la sede ed il contesto nel quale la stessa è stata resa pubblica per pensare che si sia trattato di una boutade e non di un'informazione vera, puntuale e attendibile.
Se così è, tuttavia, ci troviamo dinanzi ad un fatto gravissimo e che proietta un cono d'ombra senza eguali sul governo dei professori.
Palazzo Chigi avrebbe, infatti, lavorato in gran segreto - nessuno sin qui aveva mai rilasciato alcuna dichiarazione in tal senso – a un provvedimento attraverso il quale avrebbe unilateralmente deciso (senza alcun dibattito parlamentare) di affidare ad un'Autorità amministrativa semi-indipendente il potere di scrivere le regole in materia di diritto d'autore online: ovvero in una delle materie più complesse che i legislatori di tutto il mondo, nel secolo della Rete, si trovano ad affrontare.
E' un gesto semplicemente folle e sintomo di un'assoluta ed imperdonabile irresponsabilità istituzionale. Il ruolo del Parlamento, la necessità di un ampio confronto e dibattito, l'esigenza di individuare una posizione di compromesso tra i contrapposti interessi che vengono in gioco è irrinunciabile.
Le regole in questione, quelle che il governo avrebbe deciso di affidare ad Agcom anziché al Parlamento il potere di varare, sono le regole che stabiliscono in che misura, ciascuno di noi, domani sarà libero di pubblicare un contenuto con la ragionevole certezza che quel contenuto - se non ritenuto illecito da un giudice - possa rimanere online per sempre.
Stiamo parlando della misura di esercizio della libertà di manifestazione del pensiero: uno dei diritti fondamentali dell'uomo e del cittadino sin dal 1789.
Nessun altro, se non il Parlamento, in una democrazia, può sentirsi investito o essere investito di un simile potere.
E' urgente ed improcrastinabile che il Presidente del Consiglio dei Ministri riferisca in Parlamento su quanto sta accadendo, sulle ragioni per le quali il suo governo sia pervenuto ad una tanto scellerata iniziativa e sulle modalità attraverso le quali intenderebbe darvi esecuzione.
Il governo, infatti - val la pena ogni tanto ricordarlo - a dispetto della pessima abitudine ormai assunta, secondo la nostra Costituzione, di norma, non scrive le leggi e può farlo solo in casi di straordinaria necessità ed urgenza con i decreti legge o quando il Parlamento - stabilendo, peraltro, i necessari paletti - lo deleghi in tal senso, attraverso, in questo caso, i decreti legislativi.
In relazione alle questioni delle quali stiamo discutendo, tuttavia, non sembrano sussistere ragioni di straordinaria necessità ed urgenza che giustifichino un decreto legge né consta vi siano leggi attraverso le quali il Parlamento ha delegato il governo a compiere una simile nefandezza in danno della Rete.
E' urgente una spiegazione. Serve, almeno, trasparenza.