Da Rosy Mauro alla moglie del capo Manuela Marrone. E poi segretarie, funzionarie, contabili, sconosciute fino allo scoppio della bufera e spesso mal sopportate dai militanti. Ecco le loro storie e come hanno scalato il potere

La prima a cadere sarà forse la cattiva, Rosy Mauro, segretaria generale del Sindacato Padano (SINPA) e vice presidente del Senato dal 2008: le sue dimissioni, prima date per certe, sono state tuttavia smentite dalla diretta interessata, almeno per ora. Ma non è lei l'unica protagonista femminile che emerge dallo scandalo sull'uso dei soldi pubblici da parte della Lega. Mogli, segretarie, funzionarie, contabili: le indagini delle procure di Milano, Napoli e Reggio Calabria evidenziano il loro ruolo tutt'altro che secondario. Data la scarsa rappresentanza femminile nei gruppi leghisti della Camera e del Senato, per molti si tratta di una sorpresa. E accanto alla sorpresa, da parte dei militanti leghisti, sono spesso emerse le diffidenze e i rancori legati al genere e alla provenienza geografica delle signore coinvolte.

Rosy Mauro è nata a San Pietro Vernotico, in Salento. Arrivata diciottenne a Milano, dove fa l'operaia, fulmina Umberto Bossi a una riunione sindacale, all'inizio degli anni '90. All'epoca era delegata della Uil nel settore trasporti, ma il Senatùr ci mette poco a innamorarsi del piglio deciso e del tono di voce perentorio con cui Rosy è capace di zittire tutti durante le assemblee dei lavoratori, e la porta immediatamente nella Lega. Il suo carattere non si è ammorbidito nel tempo, come dimostrano le burrascose sedute del Senato da lei presiedute durante l'ultima legislatura.

"Vedete, sono pugliese e leghista. Il Carroccio non ce l'ha con i meridionali", dice lei orgogliosamente. Nel partito si occuperà sempre di questioni sindacali e rimarrà in rapporti strettissimi col capo, ma una parte dei militanti in camicia verde non accetterà mai il suo ruolo. Non si contano i nomignoli che le sono affibbiati dalla base e dai dirigenti. Il tesoriere Francesco Belsito e la funzionaria Nadia Dagrada, che la considerano una loro avversaria, la chiamano "la nera" per il suo aspetto mediterraneo, e ironizzano sui pochi iscritti e sui bilanci allegri del SINPA. Altri, dopo l'ictus che ha colpito Bossi nel 2004, parlano di lei come "la badante". Insieme alla famiglia, infatti, Rosy Mauro è una dei cardini del cerchio magico che circonda il leader leghista. Digitando il suo nome su Google, la prima parola che il motore di ricerca le associa è "terrona". Questa però è solo una parola gentile, in confronto a quelle che la sindacalista si sente rivolgere quando, ai raduni di Pontida, non sa rinunciare a salire sul palco per urlare uno dei suoi slogan preferiti: "nè neri, nè rossi, ma liberi con Bossi".

Un'altra colonna portante del cerchio magico è la seconda moglie del "capo", Manuela Marrone, siciliana e nipote di un martire della Resistenza, Calogero Marrone, che durante la guerra forniva documenti falsi a ebrei e partigiani e morì in un lager nazista. Al contrario di Rosy Mauro, è sempre stata una donna riservata. Ma anche di lei si sospetta che, dopo la malattia di Bossi, sia capace di agire nell'ombra come vero capo della Lega. Il movente sarebbe quello materno: assicurare un futuro ai figli ora che al marito sta sfuggendo il controllo del partito. Certamente è stata una fiera avversaria della corrente di Roberto Maroni, che la accusava di aver preparato una lista di proscrizione di 47 dirigenti maroniani da cacciare prima dell'ultimo congresso.

Belsito e Dagrada la ritengono dalla loro parte. Manuela Marrone ha fondato la "scuola Bosina" nel 1998, un istituto privato paritario intitolato a Giuseppe Talamone, ideatore della maschera varesina Pin Girometta. Stando alle conversazioni tra i due, la struttura beneficierebbe di 150-200.000 euro l'anno provenienti dal bilancio leghista, oltre a un mutuo di un milione e mezzo grazie a una società finanziaria di proprietà della Lega (da aggiungere agli 800.000 di fondi pubblici stanziati dal Senato). Nadia Dagrada racconta anche della sua mansarda in casa Bossi: uno stanzino spoglio dove vivrebbe circondata solo da centinaia di libri di magia nera, astrologia e cartomanzia, sparsi in terra. Non si sa se sia vero. Ma alcuni militanti, sui social network, hanno già individuato la causa delle sue presunte ruberie e stranezze: "Da una siciliana, cos'altro volevate aspettarvi?".

Non sono solo le figure più note al pubblico ad essere al centro delle indagini. Proprio Nadia Dagrada dalle intercettazioni appare come il nodo di congiunzione, personale e finanziario, tra il tesoriere Belsito e il cerchio magico. E' lei, funzionaria amministrativa della Lega, a fare le funzioni di vera segretaria di Umberto Bossi al posto di Daniela Cantamessa, tenuta invece ai margini, anche se a conoscenza, del flusso di denaro tra le casse del partito e la "family".

E' lei che, due mesi fa, difende Belsito nel momento in cui il tesoriere sente di più la pressione dei "moralizzatori verdi" Castelli e Sciffoni. E' lei che gli consiglia di affrontare a viso aperto Rosy Mauro ("Ciccia, sei sicura di voler andare allo scontro con me?"). E' lei che lo spinge ad impaurire il Senatur con la minaccia di rivelare i documenti che provano le elargizioni al cerchio magico: grazie a lei Belsito conserverà il suo posto. E' lei che, dopo l'esplosione dello scandalo, ha rifiutato la versione del complotto già adottata da Umberto e Renzo Bossi, e ha deciso di parlare con i magistrati di Napoli e Milano rivelando come e quando i membri del cerchio magico hanno goduto dei soldi della Lega provenienti dal finanziamento pubblico.

Evidentemente il ruolo di segretaria di Bossi era chiave, nella gerarchia di potere della Lega. Helga Giordano, contabile di fiducia di via Bellerio, due mesi fa è stata rimossa dal suo ruolo con l'accusa di essersi spacciata per segretaria particolare del capo per truffare un'imprenditrice. Ma Helga, ai magistrati, ha raccontato un'altra verità: a suo dire, si trattò di una vera e propria azione di mobbing da parte del tesoriere Belsito, che voleva togliersela di torno perchè non si fidava completamente di lei. E in effetti, a casa sua, i carabinieri hanno trovato un vero e proprio archivio parallelo, che Helga Giordano dice di aver messo su dopo essersi accorta di una serie di fatture che Nadia Dagrada escludeva dalla contabilità ordinaria. Ora, la ex contabile sta raccontando ai magistrati i contatti tra vari faccendieri, tra cui alcuni vicini alla ndrangheta, e la tesoreria di via Bellerio.

E infine è un'altra contabile, revisore dei conti, a rivelare un ulteriore e imbarazzante retroscena per la Lega. Cristina Berlanda in un'intervista all'Espresso accusa i vertici del partito di aver falsificato la sua firma, che appare sui bilanci, a partire dal 2008. "Dal 2007 in poi non ho firmato nulla", assicura lei, "mi sono dedicata al mio negozio di fiori sette giorni su sette, ed ero convinta di essere decaduta dalla mia posizione. Farò fare una perizia calligrafica a cui, nel caso, seguirà una denuncia". Cristina Berlanda è fioraia di professione ad Arco, in Trentino, e responsabile locale di Acp, l'Automibile Club Padano. Ha messo piede l'ultima volta a via Bellerio nel 2006, per una riunione delle donne padane.