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5 settembre, 2025Il ministro degli Esteri ungherese ha “messo in guardia contro l'ipocrisia di coloro che attaccano a gran voce l'Ungheria e la Slovacchia, ma importano silenziosamente lo stesso petrolio attraverso l’Asia"
Il petrolio russo torna al centro del dibattito dopo le dichiarazioni di Donald Trump che, durante il collegamento telefonico di ieri — 4 settembre — con la coalizione dei Volenterosi, riuniti a Parigi, ha invitato i Paesi europei a interrompere l’importazione di greggio da Mosca. Se il riferimento del tycoon era, indistintamente, a tutte le 27 cancellerie del Vecchio continente, sono due i Paesi che continuano ad acquistarlo: Slovacchia e Ungheria, con i loro leader — Robert Fico e Viktor Orbán — che sono i più vicini al Cremlino (non a caso, dall’invasione dell’Ucraina, sono gli unici capi di Stato o di governo europei ad aver incontrato Vladimir Putin).
Budapest rimanda al mittente le accuse. Non tanto negando le importazioni — anzi, le rivendica apertamente — ma criticando l’ipocrisia e l’assenza di trasparenza di altri Paesi europei. “L’Ungheria acquista petrolio russo apertamente apertamente perché non ha altra scelta, mentre alcuni Paesi europei lo acquistano segretamente attraverso canali alternativi, perché è più economico”, ha dichiarato il ministro degli Esteri ungherese, Péter Szijjártó, come riferito su X dal portavoce del governo ungherese Zoltan Kovac. Il capo della diplomazia magiara ha “messo in guardia contro l'ipocrisia di coloro che attaccano a gran voce l'Ungheria e la Slovacchia, ma importano silenziosamente lo stesso petrolio attraverso l’Asia”.
La replica ungherese, oltre che all’invito di Trump, è anche alle dichiarazioni che questa mattina ha rilasciato il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa che, parlando in conferenza stampa con Volodymyr Zelensky del percorso di adesione di Kiev all’Ue, ha detto: “L'Ungheria sostiene che l'adesione non deve avvenire durante la guerra. Questo significa quindi aumentare il sostegno militare a Kiev e, dall'altra parte, non alimentare più la macchina da guerra russa. Noi abbiamo ridotto dell'80% l'acquisto di gas e petrolio da Mosca. Resta il 20%, e dobbiamo evitarlo. La maggior parte di questa percentuale è occupata dagli acquisti dell'Ungheria: Budapest deve fermarli”.
L’Unione europea ha cerchiato sul calendario una data — primo gennaio 2027 — entro la quale smettere di importare il petrolio russo. Per ora si è ancora nel regno delle proposte, ed è stata illustrata a metà giugno dal commissario europeo per l’energia, Dan Jørgensen, che prevede innanzitutto l’estinzione, già dal primo gennaio 2026, di tutti i contratti con fornitori russi che verranno firmati da quella in poi.
Nonostante formalmente 25 Paesi su 27 non importino più petrolio russo, in realtà secondo alcune ricerche — come quelle condotte ciclicamente dal Centre for Research on Energy and Clean Air (Crea) e dal Center for the Study of Democracy (Csd) — il greggio da Mosca continuerebbe ad arrivare in Europa transitando prima nei porti della Turchia o da altri snodi asiatici. Da lì, poi, verrebbe trasbordato su navi locali che attraccano senza problemi in Ue. Per esempio, secondo l’ultimo rapporto Crea, le importazioni di combustibili fossili russi dall’Ue sono rimaste sostanzialmente invariate, per un totale di 21,9 miliardi di euro.
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