Ma siamo finiti a Monza o nella Cacania di Musil? Il dubbio di qualche burla spaziotemporale ti viene, al banchetto elettorale (che il 6 maggio anche qui si giocano il sindaco) della Lega nord in via Pennati, semiperiferia non esaltante tra supermercato e posteggio: quando dal cellulare di Marco Tognini, capogruppo in Comune, sgorgano potenti le note di Haydn dell'inno austroungarico, lo stesso che la Germania fece suo cambiando parole, Deutschland über alles e tutto il resto. Anche nella sede della Lega, una vasta palazzina con grande salone per comizi e adunate, un solo ritratto campeggia accanto a quello di Herr Bossi: Francesco Giuseppe imperatore, Cecco Beppe in uniforme e baffi d'ordinanza, e chissenefrega se proprio contro di lui i monzesi come i milanesi rinunciarono persino ai sigari, nell'epico sciopero del fumo del gennaio 1848. "Ma è asburgica la Villa Reale, la nostra perla!", così Tognini motiva il Volkshymne, "e nel 2014 finalmente dopo cinquant'anni verrà riaperta ai cittadini, merito del nostro sindaco Marco Mariani e della sua ostinazione, eh! Quella dei ministeri al nord, ma funzionavano, cosa crede! E nel 1850 la Milano-Monza fu la prima ferrovia d'Italia, sì, beh, dopo la Napoli-Portici...".
Chi come gli asburgoleghisti monzesi un glorioso pezzo di storia ce l'ha in proprio non fatica a trovare identità nel locale: vuoi mettere, la Cacania con la Padania? Specie ora che quest'ultima, la geniale invenzione di Bossi per cucire insieme il patchwork di reminescenze e campanilismi dell'Italia del nord, comincia a avere problemi sulle cuciture: coi varesotti maroniani a riscoprire l'Insubria, i veneti sempre più insofferenti del centralismo di via Bellerio, i romagnoli all'assalto degli odiati emiliani, i liguri a leccarsi le ferite autoinferte dal loro tesoriere Francesco Belsito, i piemontesi abbandonati a se stessi, anche se loro lo sono sempre stati, fin dai tempi di Gipo Farassino. Dicesi balcanizzazione del Carroccio. Con tutto quel che è successo, le sezioni al verde e i quattrini in Tanzania, i diamanti e i lingotti finiti chissà dove, il crepuscolo degli dei di "the Family", le scope volanti che stanno ramazzando via dirigenti e quadri dai vertici in giù, che una fetta di elettori se la squagli è il minimo.
A Monza, dove la Lega corre da sola, l'unico sondaggio, sia pure di parte Pdl, la dà ridotta a un misero 6 per cento, contro il 9 alle precedenti comunali, il 16 alle politiche 2008, il 20 alle regionali 2010. Una ecatombe. "Macché! Equilibrio e nervi saldi: individuare le responsabilità, restituire i soldi, poi il film finisce, il cinema chiude e si ricomincia! Me lo giurano, ai banchetti: se c'è Maroni io la Lega la voto, è onesto, sempre il sorriso sulle labbra, e ha arrestato tutti i superboss. Con lui si va al 15 per cento, altro che storie!": detto dal Fontana, anni 71, il più leghista di tutti anche se l'unica tessera della sua vita è quella di un circolo della pesca nel Lambro. Agguerriti anche i giovani come Federico Arena, loro coordinatore cittadino: "Gazebo tutti i giorni, fermare subito l'emorragia, tornare a essere la Lega dei primi anni", proclama lui che per ragioni anagrafiche non l'ha mai conosciuta. Ma il mito delle origini funziona. Sperava, Arena, che candidato sindaco fosse il suo idolo Paolo Grimoldi, presidente federale dei Giovani Padani, ma lui s'è sfilato.
Su che cosa si gioca la partita? Monza, per la Lega, è una situazione critica. Sul filo. Altrove, in piccoli e medi Comuni lombardi e veneti dove il Carroccio governa saldamente da tempo, per arginare i danni può puntare sul localismo stretto e la buona amministrazione. A Monza è assai più complicato. Vero, il Carroccio ha il sindaco: Mario Mariani, medico condotto, primo cittadino già negli anni Novanta e all'epoca aureolato come l'uomo del popolo che risolve i problemi. Ma nella legislatura che va a finire, oltre a lui la Lega ha solo l'assessore alla Sicurezza, come dire extracomunitari, ambulanti e prostitute: gli altri 13 di giunta sono tutti Pdl, anime sparpagliate e litigiose, ciellini, ex An ed ex forzisti in due gruppi consiliari diversi, cani sciolti.
Enormi sono gli interessi in ballo: in testa la storia infinita, un quarto di secolo, della tentata cementificazione nell'area del parco della Cascinazza, proprietà da Paolo Berlusconi a un ginepraio di società forse sue forse no, operazione costruita in modo da garantire un cospicuo introito al fratello dell'ex premier se si riuscirà a edificare. Al punto che Berlusconi, Silvio però, ha spedito a fare l'assessore comunale all'Urbanistica un martello di Thor come l'ex ministro Paolo Romani. Mariani il sindaco, un omone che piace per i modi diretti, la racconta come una normale trattativa in cui la proprietà della Cascinazza avanza richieste assurde, il Comune ribatte, poi si ragiona e si arriva a un accettabile compromesso.
Peccato che in giunta l'assessore Romani giocasse nella squadra della controparte: "Boh, sì, no, ma non veniva mai, certo non ha l'habitus di San Francesco...". Il tira e molla ha condizionato la Lega, che ha pendolato tra emendamenti votati con la sinistra, approvazione del nuovo piano e successiva astensione.
Sicché Mariani vanta il compromesso raggiunto, modificabile in futuro, e Massimiliano Romeo il maroniano, consigliere regionale e a lungo segretario provinciale, rivendica alla Lega l'ultimo mezzo stop al cantiere Cascinazza. Ma lo sfarinamento ha finito per segnare i destini della giunta: volatilizzatasi la maggioranza, un consiglio comunale dove 21 consiglieri erano presenti alla prima convocazione ha cancellato in dieci minuti tutte le future sessioni da qui alle elezioni assieme alla nuova Fiera che era il vanto di Mariani, il successo da sventolare agli elettori per tentare la riconferma.
Anche sull'andar da soli non è che fossero unanimi. Dice Romeo il maroniano: "Negli anni dell'intesa ho stretto accordi col Pdl in quasi tutti i Comuni, ma sono finiti male, a Cesano Boscone, Cogliate, Desio, Brugherio, Besana Brianza". Al secondo turno con il Pdl? Mica è detto, solo con rigidi paletti. "Io l'accordo l'avrei fatto", dice invece Mariani, che nelle beghe interne alla Lega non è mai sceso: "Chiesi una deroga a Bossi e Giorgetti, mi risposero che se avessero acconsentito avrebbero poi dovuto dar deroghe a cascata e allora addio linea". Intanto c'è da vedere se al ballottaggio ci va lui o il candidato Pdl Andrea Mandelli, farmacista e presidente nazionale dell'Ordine dei farmacisti: il Cav. gli avrebbe promesso Montecitorio nel 2013 purché accettasse di correre oggi a Monza.
I tempi non giocano a favore della Lega. Si vota a maggio e il Congresso federale che dovrà sancire la leadership maroniana non si terrà che a fine giugno. E tutti gli altri partiti sono lì con le mani giunte a secchiello, pronti a raccogliere i consensi di un Carroccio ridotto a innaffiatoio di voti dalle inchieste e dalle intercettazioni. Tutti assetati di sangue leghista. Un centrosinistra almeno in apparenza sorprendentemente compatto sul candidato Roberto Scanagatti. Un Pdl sbrindellato e alleato con la Destra. I grillini che qui hanno aperto una delle primissime sedi Cinque Stelle. E PrimaVeraMonza, età media 21 anni, la lista civica più giovane d'Italia, né destra né sinistra ma con un programmino bello tosto per una città "smart, green, young" e un buon appeal "anche sugli sfiduciati che pullulano nella fascia dai 50 in su", dice uno dei fondatori, Matteo Raimondi, Giurisprudenza. Come si rimescoleranno al secondo turno?
Banchetto Lega. Passa Michele Faglia, l'ex-sindaco Pd che Mariani detronizzò cinque anni fa e ora guida una lista civica di centrosinistra: "fuoco di Faglia", lo chiamano i leghisti, ma siamo gente di mondo, e pensa anche lui meglio gli Asburgo dei Savoia: "Su una cosa siamo d'accordo!". Poco per un apparentamento. La linea la dà la Rosetta, pensionata, informatissima, figlio vicesegretario Lega: quelli, la sinistra, "butterebbero giù anche l'Arengario (il duecentesco palazzo comunale, ndr.). E volevano Monza con 300 mila abitanti, figurarsi, ne ha 123 mila!". Soli, piuttosto.
Politica
24 aprile, 2012Nel capoluogo della 'ricca Brianza', due anni fa il Carroccio aveva il 20 per cento. Ora si sta per votare e i sondaggi lo danno attorno al sei. Una catastrofe emblematica. Anche dell'emorragia di voti verso il Movimento 5 Stelle
Lega, Monza come metafora
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