Si intitolava 'Ferrara e i terremoti' il convegno organizzato nella città romagnola il 12 febbraio 1993 dall'Associazione dei Geologi della provincia e dal suo presidente Antonio Mucchi. Un incontro profetico, per quello che si è visto in questi giorni: infatti gli scienziati relatori - al netto di ogni allarmismo - fecero presente come fosse sbagliato classificare la zona di Ferrara tra quelle a basso rischio sismico, sia alla luce della sua conformazione geologica sia per i terremoti distruttivi avvenuti in passato, in particolare quello del 1570.
Qui di seguito 'L'Espresso' pubblica ampi stralci di due degli interventi più significativi: quello del geologo Gianluca Ferioli, intitolato 'Alcuni dati storici riguardanti importanti eventi sismici avvenuti nella zona di Ferrara' e quello del geologo Enrico Farinatti, intitolato 'La struttura profonda del sottosuolo di Ferrara'.
QUI IL DOCUMENTO INTEGRALE
La relazione di Gianluca Ferioli
Alle 7.00 p.m. del 17 Novembre 1570 si verificò il culmine di un periodo sismico preceduto da altre grosse scosse e che terminò solo alla fine del 1574, il cui principale epicentro fu la città di Ferrara. La scossa del Novembre 1570 fu la più intensa e raggiunse il nono grado della scala Mercalli.
Nonostante ciò la Segreteria Ducale minimizzò l'evento per il timore di una perdita di prestigio politico (vedi comportamento dei paesi dell'Est), mentre certi rivali ne esagerarono l'entità. La popolazione inoltre interpretò il terremoto come un fenomeno di origine sovrannaturale il che portò all'esodo di oltre 1000 persone dalla città per oltre un anno.
Vennero compilati tre diari con dati precisi sulle scosse, due dei quali coprirono un periodo di quattro anni.
All'inizio del novembre 1570 furono uditi rumori intensi come di acque scroscianti e "rombanti" verso Ravenna, nell'antico corso del Po di Primaro. Alla mattina del 16 novembre piccole scosse furono avvertite tra le 3,15 p.m. e le 5,15 p.m. Il terremoto causò collassi dei camini, aprì fessure nelle case e provocò grande panico nella popolazione. Il 17 novembre alle 1,45 a.m. un'ulteriore scossa causò il crollo di 5-600 piccole terrazze, causando ulteriori danni alle strutture e seguirono numerose altre piccole scosse. Alle 11,45 a.m. una successiva scossa causò altri danni.
Altre piccole scosse avvennero fino alle 4,15 p.m., quando una forte scossa seguita un'ora dopo da un'altra causò il crollo di ulteriori manufatti. Alle 6,15 p.m. venne avvertito un ulteriore movimento, che tuttavia risultò essere meno intenso dei precedenti. Alle 7,00 p.m. il "Big One", di più lunga durata ed effetti devastanti. Fu prima avvertito come un'oscillazione in direzione est-ovest, poi nord-sud. Fu seguito da scosse circa ogni quarto d'ora, per tutta la notte. Venne redatta una carta dei danni alle chiese ed ai palazzi: quelli più danneggiati e rasi al suolo erano ubicati alla fine delle strade o isolati. La parte medievale della città, la più abitata, era seriamente danneggiata.
Furono notati fenomeni di luminescenza dell'aria ("aria rubiconda") e liquefazione dei terreni. Si aprirono fessurazioni nelle mura della città anche di un chilometro di lunghezza in direzione N-W. Si notò anche l'affiorare improvviso dei terreni neri maleodoranti. Le carte redatte dagli Autori sopracitati riguardanti l'intensità MCS del fenomeno mostrano un preciso allineamento degli eventi con la Dorsale Ferrarese. Con la formula di Blake, l'ipocentro del terremoto risulta a 7 km di profondità.
Venne avvertito anche a Venezia, Mantova, Bologna, Modena e Pesaro.
Applicazioni della formula di Galanopoulos danno una magnitudo di 5,6.
Citiamo in fine che l'evento catastrofico del 1570 non è comunque stato l'unico nelle vicinanze di Ferrara: ad esso è infatti seguito il terremoto di Argenta nel 1624, ed è stato preceduto da un altro evento sismico sempre a Ferrara nel 1561: il primo, secondo le ricostruzioni fu del settimo grado della scala Mercalli-Cancani-Sieberg, mentre il secondo arrivò addirittura al nono. Risulta quindi fuori di dubbio che storicamente Ferrara è stata teatro di importanti eventi sismici, anche se risalgono a secoli fa; è quantomeno improbabile che le "forze" che hanno causato tali eventi si siano esaurite, ed infatti sono noti ai sismologi terremoti con lunghissimi "tempi di ritorno", considerati molto pericolosi perché l'energia accumulata in un lungo periodo di tempo e mai rilasciata può liberarsi in uno o pochi eventi sismici di grande magnitudo, quindi altamente pericolosi.
Bisogna quindi senza creare falsi e sciocchi allarmismi accettare l'idea che Ferrara è tutt'altro che una zona priva di rischio, come si può desumere sia dai suoi trascorsi storici sia dagli studi attualmente in corso.
La relazione di Enrico Farinatti
Il nord appennino è divisibile in bande omogenee longitudinali: una parte interna (tirrenica), una esterna (adriatica), una sepolta sotto la coltre alluvionale padana e l'"omoclinale pedealpina".
La catena sepolta presenta una tipica struttura da ambiente compressivo tipo ventaglio embriciato. Vi sono vari gruppi di sovrascorrimenti: le pieghe emiliane a NE, le pieghe ferraresi, adriatiche e romagnole a SE.
Lo scollamento principale su trova alla base delle successioni mesozoiche e, nel complesso, si può parlare di prisma tettonico comparabile a quelli dei margini attivi associati alle fosse tettoniche. Nel caso specifico si parla di subduzione crostale di tipo A.
L'età delle fasi compressive è deducibile dal fatto che i cunei sinsedimentari sigillano le strutture tettoniche, costituendo così un ottimo sistema di datazione. Da questo tipo di evidenze risulta che le fasi tettoniche più accentuate si sono verificate tra il messiniano e il pliocene inferiore (attorno a 5 milioni di anni fa) e alla fine di quest'ultimo (attorno a 2 milioni di anni fa).
L'assetto tettonico del pre-pliocene risulta molto disturbato. Questo fatto si è potuto riscontrarlo grazie a perforazioni profonde effettuate dall'Agip; il suddetto livello si trova a circa 900m di profondità nel pozzo nei pressi di Monestirolo e a 1390m nel pozzo Consandolo 1. Esso raggiunge i 2700m di profondità nel sinclinorio di Ferrara sud per poi risalire fino a 202m nel pozzo Casaglia 1. Procedendo verso N il livello pre pliocenico torna ad approfondirsi (1400 da piano campagna), per risalire nuovamente nella zona di Rovigo e Bagnolo di Po.
Da puntualizzare quindi i notevoli movimenti messiniani. Generalmente, ove presenti, i sedimenti pliocenici sono formati da argille e sabbie di ambiente marino.
Dall'esame della linea sismica passante per l'alto strutturale di Casaglia, sembra verosimile una struttura tipo pop-up e quindi delimitata da 2 faglie inverse; questa interpretazione sarebbe in accordo con l'ambiente tettonico in cui si è formata, che è di tipo compressivo.
In conclusione è facilmente spiegabile la causa dei terremoti distruttivi che hanno colpito Ferrara e provincia tra il '500 e il '600; da notare inoltre che dal punto di vista geologico il periodo di 3-400 anni che ci separa da questi eventi è nullo. La struttura della dorsale è da considerarsi attiva a tutti gli effetti.
D'altra parte si è visto anche da una analisi di tutti i dati e le evidenze esistenti che la possibilità che si verifichi un evento sismico di grossa portata non è del tutto remota.