Primarie o non primarie, alla fine nella compilazione delle liste democratiche hanno stravinto gli apparati. Con alcuni casi limite di clientelismo, di familismo e di veti contro gli innovatori più 'rompiscatole'

La composizione delle liste Pd? «anime morte resuscitate». E poi «Sintesi delle primarie Pd. Bersani come Eisenhower: centinaia di paracadutati sui territori (e sotto il paracadute... niente)». Queste osservazioni sulla selezione delle candidature democratiche per le prossime elezioni politiche non sono di Silvio Berlusconi o di un esponente del centrodestra. Nono sono altro che due status di Facebook di Vincenzo de Luca, sindaco democratico di Salerno, egli stesso candidato al Parlamento, nonché sostenitore di Pier Luigi Bersani nelle primarie di poche settimane fa. Due giudizi in pieno stile "de Luca": tagliente e urticante.

Certamente i democratici hanno fatto meglio rispetto al passato e agli altri partiti, i cui leader, chiusi dentro una stanza, stanno ancora contrattando i posti nelle liste da presentare tra pochi giorni.

Eppure, anche questa volta, l'impressione è che il Partito Democratico potesse presentare delle liste migliori, più appetibili per gli elettori. Ma, anche questa volta, in gran parte, le correnti e i leader di riferimento sono riusciti ad assicurare un seggio sicuro a molti dei loro fedelissimi, facendo del tanto sbandierato merito un qualcosa di assolutamente secondario.

I DEROGATI - La prima annotazione riguarda i parlamentari di lungo corso, coloro che siedono alla Camera o al Senato da tre mandati. Nella direzione nazionale del 17 dicembre, quella che aveva votato in blocco le deroghe a dieci parlamentari, era stato esplicitamente assicurato che costoro avrebbero potuto riconquistare un seggio solo attraverso le primarie. Non è andata così. Per esempio, Giuseppe Fioroni e Franco Marini sono stati inseriti direttamente nel listino bloccato del porcellum. Marini ha ceduto a Stefania Pezzopane, ex presidente della provincia de L'Aquila l'onore di essere capolista, ma si aggiudica un secondo posto nell'elenco dei candidati al Senato in Abruzzo. Fioroni, invece, si candida alla Camera, al secondo posto dietro Donatella Ferranti, nella circoscrizione Lazio II.

Inoltre in molti casi i vincitori delle primarie, sembrano essere penalizzati rispetto a chi, inserito direttamente da Roma, non ha affrontato nessuna battaglia sul territorio in cui viene "paracadutato" appunto. Tanto che molte regioni, ancora oggi, sono in polemica con i vertici nazionali. Ad esempio, nella notte tra lunedì e martedì, Sergio Blasi, il segretario regionale pugliese, era arrivato a rassegnare le dimissioni, poi ritirate il giorno dopo.

GLI ESCLUSI - Sicuramente tra gli "esclusi" dalle candidature del Partito Democratico il nome che ha più colpito è quello di Roberto Reggi, ex sindaco di Piacenza, e capo-campagna di Matteo Renzi. Sul braccio destro del sindaco di Firenze, infatti, si è abbattuto il veto - insuperabile - del Partito nazionale e soprattutto di Vasco Errani, presidente della regione Emilia Romagna, e consigliere di fiducia del segretario democratico. Troppo forti - secondo i fedelissimi di Bersani - i toni usati da Reggi in campagna elettorale.

Ma non solo su Reggi è scattato il "niet" del partito. Altra vittima dei veti incrociati del tavolo delle trattative è stata Cristiana Alicata, anche lei inserita da Matteo Renzi nel mini-listino a disposizione del rottamatore. Sulla Alicata, attivista LGBT, già candidata alle scorse elezioni regionali del Lazio nel Pd, è scattato, violento, il veto del Pd Romano. La bocciatura del nome di Cristiana Alicata, spesso polemica con la gestione del partito, è arrivata proprio martedì pomeriggio: davanti al netto rifiuto del Pd del Lazio ad inserirla nelle sue liste. Un veto che, secondo alcuni, nascerebbe dalla battaglia, improntata sulla trasparenza, portata avanti dall'esponente democratica contro la ricandidatura dei consiglieri regionali uscenti della Pisana, rei di non aver saputo dire di no al proliferare dei rimborsi per i gruppi consiliari. Consiglieri regionali che, paradossalmente, grazie alle primarie dei parlamentari, in qualche caso ritroveremo addirittura in Parlamento. E' il caso, per esempio di Bruno Astorre o Claudio Moscardelli. Tutti candidati nelle liste del Senato nel Lazio, e tutti riconosciuti come veri e propri "imperatori" delle preferenze nel territorio laziale.

Cristiana Alicata, che ha rifiutato il ruolo di paracadutata in Emilia Romagna, è accusata di "incongruenza" dai suoi avversari, in quanto accettando un posto nel listino bloccato avrebbe rinnegato anni e anni di richieste di primarie per qualsiasi carica. «Nella mia battaglia sulle primarie (fatta in particolare per le cariche monovratiche) non ho mai contestato la presenza di un listino bloccato nelle primarie per i parlamentari, altrimenti uomini dello spessore di Gotor non entrerebbero mai in Parlamento. Lo si evince anche dalla bozza di regolamento che un pezzo di partito tra cui Tocci e Bachelet ha scritto questa estate e che abbiamo presentato alla festa dell'unita'».

Tornado al listino di Matteo Renzi, invece, non si fatica certamente a definirlo sotto le aspettative. Il rottamatore, le cui scelte e il cui atteggiamento dopo la sconfitta del due dicembre stanno deludendo gran parte dei suoi sostenitori sul territorio, non si è comportato molto diversamente da quella classe dirigente che voleva sostituire. Infatti, nella quindicina di deputati da lui segnalati al partito nazionale, più che il merito, parola chiave della sua discesa in campo, sembra che ad essere valorizzata sia soprattutto la fedeltà. Non è un mistero che la pattuglia di renziani a Roma sarà costituita in gran parte da toscani. Tra questi spiccano i suoi fedelissimi, appunto: da Luca Lotti, giovane braccio destro del sindaco, a Simona Bonafè, portavoce della campagna delle primarie a Maria Elena Boschi. Qualche perplessità hanno suscitato anche il recupero di Michele Anzaldi, ex portavoce di Francesco Rutelli o del suo amico personale Ernesto Carbone, già direttore nazionale dell'associazione dalemiana "Red" e poi Presidente e amministratore delegato di Sin Spa (sistema informativo nazionale pe lo sviluppo dell'agricoltura).

E proprio riguardo al merito ha suscitato una qualche sorpresa l'esclusione di due preziosi sostenitori di Renzi. In primo luogo del costituzionalista Stefano Ceccanti, senatore uscente del Partito Democratico, ed uno dei parlamentari più produttivi e preparati, e, in secondo luogo, di Francesco Clementi, costituzionalista, suo stretto collaboratore, autore della parte istituzionale del programma del sindaco di Firenze, nonché suo "ambasciatore" in molti programmi televisivi durante la campagna elettorale.

Un qualche stupore ha anche suscitato l'assenza del "bersaniano" Tommaso Giuntella tra i candidati. Infatti, il ventottenne romano, segretario del circolo Mazzini, è il solo tra i tre giovani scelti da Bersani per coordinare la campagna elettorale delle Primarie che non sederà nel prossimo Parlamento. Infatti, Roberto Speranza sarà capolista nella sua Basilicata, mentre Alessandra Moretti è candidata in Veneto. Per Giuntella, comunque, sarebbe già pronto un posto di responsabilità nel Partito.

UN PARLAMENTARE IN FAMIGLIA
Avere un parente in Parlamento è il sogno più o meno nascosto di una gran parte di italiani. Sarà per questo che è veramente difficile, in alcuni casi, rinunciarvi. Per esempio è il caso di Marietta Tide, figlia di Pietro, attuale sindaco di Civitavecchia, ma deputato democratico fino a sei mesi fa. Nelle "parlamentarie" di fine anno Marietta è riuscita nell'impresa di raccogliere quasi ottomila preferenze, sbaragliando la concorrenza. Evidentemente avere uno sponsor come papà Pietro, con una lunga carriera politica alle spalle aiuta. Soprattutto se cotanto sponsor, arriva a spendersi anche con appelli sul proprio profilo Facebook: «Partecipate alle primarie del Pd per votare mia figlia Marietta -scriveva il sindaco di Civitavecchia a fine dicembre - Sono la persona meno indicata per parlare dei suoi grandi pregi, della sua competenza, della sua passione e della sua onestà. Almeno vi invito a votarla perché è molto importante per Civitavecchia avere un proprio deputato».

Un posto sicuro in Parlamento lo ha guadagnato anche Monica Cirinnà, compagna di Esterino Montino, ex capogruppo del Pd alla regione Lazio. Un buon risultato alle primarie, ottenuto anche grazie all'appoggio del compagno, vale per la Cirinnà il coronamento del sogno: addio alla sala del consiglio comunale di Roma, e ingresso trionfale a Montecitorio.

Forse il caso più controverso è quello che riguarda Valeria Fedeli, scelta dal Nazareno come capolista al Senato in Toscana. Leader sindacale della Cgil, specializzata nel settore tessile, con un buon legame con il segretario Bersani, e tra le fondatrici del comitato "Se non ora quando" anche la Fedeli vanta un marito impegnato in politica. Infatti, è la moglie di Achille Passoni, parlamentare uscente in quota Veltroni, anche lui con un passato alla Cgil e soprattutto sconfitto alle parlamentarie toscane, dove si è classificato ultimo. Insomma, pur con tutto il rispetto per l'attività sindacale e civile di Valeria Fedeli, non è mancato chi ha fatto notare il "singolare" turn over parlamentare in casa.

CASI SCOMODI
Un qualche imbarazzo in casa democratica la sta procurando la candidatura di Vladimiro Crisafulli, vero e proprio trionfatore (90%!) delle parlamentarie di Enna, in Sicilia. Crisafulli, infatti, è stato rinviato a giudizio per abuso d'ufficio avendo, secondo l'accusa, usato i soldi della provincia per pavimentare la strada che porta alla sua villa.

Altro caso spinoso è quello del deputato uscente Ludovico Vico, giunto terzo alle parlamentarie di Taranto. Infatti, in alcune intercettazioni, riguardanti il caso Ilva, Vico si esprime con giudizi molto duri nei confronti di un collega di partito, Roberto Della Seta, senatore del Pd ed ex presidente di Legambiente. «Dobbiamo fargli uscire il sangue... perché lui deve capire che non deve rompere le balle» dice Vico a Girolamo Archinà, ex responsabile dell'Ilva per i rapporti con le istituzioni, cui il tribunale del riesame ha negato gli arresti domiciliari. Se alla candidatura di Vico si aggiunge la bocciatura di Della Seta la frittata è (quasi) servita.

CIAO CIAO ROTTAMAZIONE
La grande battaglia di Matteo Renzi sul rinnovamento del Partito Democratico si è fermata a Veltroni e D'Alema. Infatti, scorrendo le liste dei candidati, è facile notare come i "vecchi" capicorrente abbiano continuato ad influenzare le scelte del listino bloccato.

Dario Franceschini, per esempio, è riuscito ad assicurare un seggio Parlamento a tutti o quasi i suoi fedelissimi: Piero Martino (Al 524esimo posto per produttiva nella classifica di Open Polis), suo portavoce, Alberto Losacco (485esimo nella classifica di produttività di Open Polis), Francesco Saverio Garofani (348°) e Antonello Giacomelli (532°) strappano tutti un posto eleggibile nel listino dei garantiti.

Lo stesso vale per Giuseppe Fioroni, che, in barba ad ogni campagna sulla rottamazione e sul merito, riesce a strappare un secondo mandato per la fidatissima Luciana Pedoto, quella che qualcuno malignamente aveva ribattezzato "la segretaria di Fioroni", la cui elezioni già nella scorsa legislatura aveva suscitato mille polemiche. Questa volta la Pedoto strappa una candidatura sicura al Senato, sempre in Campania.

Salvi ovviamente anche i collaboratori più stretti di Walter Veltroni, come Walter Verini, Marco Causi, già assessore al bilancio al comune di Roma, Marco Minniti e Matteo Colaninno.